PENSIONI - Nel piano povertà tagli agli assegni per coniugi e
figli di lavoratori defunti. Cgil all’attacco. La replica: “Vale solo per il
futuro”
Il governo è pronto a farsi dare una delega in bianco per
“razionalizzare” alcune prestazioni previdenziali, con la possibilità di fare
cassa con quelle di reversibilità: tutto per finanziare il “piano di lotta alla
povertà” approvato il 28 gennaio. Una partita di giro, a danno dei futuri
assegni erogati agli eredi alla morte del pensionato o del lavoratore che ha
maturato i requisiti per la pensione.
L’incredible novità è contenuta nel disegno di legge delega
sul piano, approdato alla Commissione Lavoro della Camera il 9 febbraio. Un
testo non ancora pubblico, ma i cui dettagli hanno fatto lanciare l’allarme
allo Spi-Cgil, il sindacato dei pensionati di corso d’Italia che accusa il
governo di aver legato nella delega l’erogazione della pensione di
reversibilità al reddito familiare. “Una novità pericolosissima”, spiega al
Fatto il segretario generale Ivan Pedretti. Cosa significa? Che l’assegno
potrebbe essere agganciato all’Isee, l’indicatore della situazione economica di
chiede una prestazione sociale. In questo modo chi ha già un reddito, potrebbe
vedersi ridurre l’assegno del coniuge defunto. “Il testo prevede che si possano
tagliare le pensioni di reversibilità, e questo è inaccettabile”, ha attaccato
ieri il presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano (Pd).
Matteo Renzi |
Per il segretario
della Lega Nord, Matteo Salvini “il governo specula sui morti”. Ieri Palazzo
Chigi ha di fatto confermato le indiscrezioni con due classiche smentite che
non smentiscono. La prima nel pomeriggio: “Non si fa nessuna cassa sulle
pensioni di reversibilità. L’articolo 1 comma 3 lettera b) della delega lo impedisce
”. In realtà quell’articolo dice il contrario, come conferma Damiano al Fatto:
“Include nel processo di razionalizzazione anche le prestazioni di natura
previdenziale”. In serata Palazzo Chigi è costretto ad aggiustare il tiro:
“Riguarda solo le prestazioni future”. Una non notizia visto che, trattandosi
di diritti acquisiti, le norme non possono riguardare gli assegni già in
essere. “È incredibile che si voglia distogliere risorse dal sistema
pensionistico per finanziare un piano di lotta alla povertà”, continua
Pedretti. Quello approvato a gennaio vale - secondo i piani del governo - 3,8
miliardi. Solo uno, però, davvero stanziato. Da qui l’intervento di
“razionalizzazione” contenuto nel testo, proprio nella parte - pagina 10 - in
cui vengono elencati i settori dove si possono ricavare risorse. Per la Cgil
viene fatto esplicito riferimento alla necessità di legare gli assegni al
reddito. “Ma la pensione di reversibilità non è una prestazione assistenziale,
perché è legata ai contributi versati dal lavoratore deceduto”. Già in passato
si provò a fare lo stesso con l’assegno per gli invalidi, salvo poi tornare
indietro dopo una valanga di proteste. Il tema, peraltro è caro a Matteo Renzi.
A novembre 2013, da candidato alla segreteria del Pd, spiegò a Servizio
Pubblico: “Mia nonna ha avuto la pensione di reversibilità quando aveva sei
figli. È stato giusto ma continua a percepirla ancora, 3.000 euro al mese,
nonostante i figli siano piuttosto grandi”. “La reversibilità in Italia è molto
alta, circa il 30-40% in più del resto d’Europa. Ci sono margini per ridurre
qualcosa, certo non le pensioni basse”, spiego il consigliere economico Yoram
Gutgeld. Il problema è che di quello si tratta. Nel testo della delega si parla
di 3,052 milioni di beneficiari, per una spesa di 24,15 miliardi. Un importo
medio di 659 euro al mese. Una “media del pollo” certo, ma difficilmente si
arriva alla cifra della nonna del premier. Anche dai dati Inps, che parlano di
una spesa di 40 miliardi.
La novità danneggerebbe soprattutto le donne, più longeve
degli uomini. La pensione di reversibilità spetta ai familiari del defunto:
coniuge, figli minori e fino al compimento degli studi, fratelli, nipoti e
genitori purché a carico. Gli assegni, peraltro, sono già regolati: se si
possiede un altro reddito, la pensione è ridotta del 25% quando si superano i
1.400 euro, del 40% oltre i 1.860 e del 50 oltre i 2.330.
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