di Stefano De Agostini
Un grave vulnus contro le prerogative del presidente della
Repubblica", che lo mette "davanti a un ricatto: o firma a scatola
chiusa oppure salta il termine di esercizio della delega". Gianluigi
Pellegrino, avvocato costituzionalista, commenta così l'ultimo passo falso in
cui è incappato il governo in tema di Jobs act, svelato ieri dal Fatto
Quotidiano. Dopo l'errore sui numeri dei contratti stabili attivati nei primi
sette mesi dell'anno, ecco il nuovo scivolone dell'esecutivo in tema di lavoro.
Ma stavolta la situazione appare ben più grave: dietro quello che può sembrare
un banale ritardo burocratico, si cela una violazione della legge che
compromette gli equilibri dei poteri istituzionali, in particolare con il
Colle. L'Esecutivo, infatti, entro lo scorso 26 agosto doveva consegnare al
Quirinale i testi degli ultimi quattro decreti della riforma del lavoro. A
stabilirlo è una norma del 1988, la legge 400: "Il testo del decreto
legislativo adottato dal governo è trasmesso al presidente della Repubblica,
per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza”. L'ultimo giorno
utile per l'entrata in vigore dei decreti del Jobs act è fissato al 16
settembre e, andando a ritroso di venti giorni, si arriva al 26 agosto. Il
termine è stato ampiamente superato, ma il governo ha ritoccato i testi fino
all'ultimo momento: solo oggi, il Consiglio dei ministri, a meno di nuove
sorprese, dovrebbe approvarli in via definitiva. Tra l’altro, con un possibile
nuovo scontro con il Parlamento che ha proposto alcune modifiche. Così, di
fatto, i decreti non sono ancora sulla scrivania di Sergio Mattarella. E
l'esecutivo Renzi ha violato una norma dello Stato. "La legge 400 – spiega
Pellegrino – impone quel termine per consentire al Presidente della Repubblica
un esame serio e dargli il tempo di eventuali osservazioni in punto di
costituzionalità anche quanto al rispetto della legge delega. Violare quei
termini vuol dire mortificare le prerogative del Capo dello Stato".
Insomma, se i decreti saranno approvati oggi, il Quirinale avrà a disposizione
solo dodici giorni, praticamente la metà del tempo previsto, per esaminare ben
quattro testi legislativi. E stiamo parlando della riforma del lavoro che, nel
bene e nel male, toccherà i destini di tutti gli italiani. "Ciò che è
gravissimo è il vul - nus al presidente della Repubblica –prosegue l'avvocato –
In termini oggettivi, è un modo per innescare una sorta di ricatto
istituzionale: o firmi così come è o sei tu a far scadere la delega". Il
governo Renzi, sostiene il costituzionalista, ha di fatto messo il Colle con le
spalle al muro e ne ha svilito il ruolo stesso: "L'esecutivo in tal modo
finisce con il ridurre a orpello le prerogative del presidente della
Repubblica". In poche parole, il governo trasforma la firma della prima
carica dello Stato in un autografo, un abbellimento superfluo sul cavallo di
battaglia di Matteo Renzi. "Mi meraviglia –afferma Pellegrino – che
Mattarella non se ne lamenti, soprattutto riguardo a un atto di particolare
importanza come questo sulla disciplina sindacale e del lavoro. È davvero
singolare che non difenda le sue prerogative, che poi sono nell'interesse dei
cittadini e della legge, affinché il governo non abusi del potere delegato. È
una questione di fondamentale equilibrio tra poteri che è persino più rilevante
di singoli profili di costituzionalità". Al di là dei rapporti tra il
Colle e Palazzo Chigi, la questione va considerata anche sotto il profilo della
validità dei decreti, a rischio di illegittimità ancora prima di venire alla
luce. Il ministero del Lavoro, interpellato dal Fatto Quotidiano sulla
possibile invalidazione dei decreti legislativi, ha risposto: “Per quanto ci
risulta, è un rischio che non esiste”. Ma la questione è tutt'altro che chiusa
e la senatrice Paola De Pin, ex M5S passata ai Verdi, ne ha chiesto conto al
governo con un'interrogazione parlamentare: il timore è quello di una valanga
di ricorsi per sollevare la questione di incostituzionalità. "Il mancato
rispetto di quella norma –precisa l'avvocato Pellegrino – non è una causa di
per sé di incostituzionalità dei decreti che verranno varati, perché una legge
non può violare la legge. Piuttosto, si tratta di uno sgarbo al presidente
della Repubblica in danno di prerogative poste a tutela di tutto il
Paese".
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