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giovedì 3 settembre 2015

La buona scuola di RENZI è una migrazione forzata

Deportati La Giannini canta vittoria. Ma sono solo novemila i docenti assunti nella “fase B”della riforma E settemila saranno costretti a spostarsi da Sud a Nord

È andata come previsto. E come andrà ancora perché non è finita. La “deportazione” degli insegnanti, termine improprio per definire la migrazione forzata dei nuovi assunti, si conferma nelle stesse cifre dettate dalla ministra Giannini. Sono 7 mila i docenti costretti a spostarsi fuori dalla Regione di appartenenza. La ministra, furbescamente, mette a confronto questo dato con le 38 mila assunzioni (37.692 per l’esattezza) realizzate finora in modo da dire che si tratta di una percentuale “fisiologica”. Poi fa il confronto con i 7.700 spostamenti forzati dello scorso anno per andare a coprire supplenze in varie parti d’Italia. In realtà, I 7 mila vanno confrontati con le 9 mila proposte di assunzione inviate la scorsa notte dal ministero ad altrettanti docenti. Le assunzioni realizzate nella fase precedente (le altre 29 mila) sono state attivate mediante le vecchie procedure delle graduatorie provinciali. Chi si è spostato da una città all’altra lo aveva ampiamente messo nel conto perché si era iscritto o iscritta in una lista provinciale diversa dalla propria. In questi termini, il rapporto tra 7 mila e 9 mila è altissimo senza contare che i restanti 2000 sono stati comunque costretti a spostarsi di città sia pure nella stessa Regione. Il grosso andrà al Nord venendo da Sicilia e Campania ma anche nel Lazio. Anche il riferimento allo scorso anno è improprio: un conto è spostarsi per una supplenza sperando, prima o poi, nell’assunzione nella propria città, un altro è riorganizzare la propria vita dopo aver studiato anni, essersi specializzati, aver già insegnato magari per dieci anni. Questi numeri, però, nascondono problemi ancora più rilevanti, se possibile. Le assunzioni finora prodotte dalla Buona scuola, le 38 mila circa di cui parla Giannini, sono molto lontane da quelle previste fino a questa fase: 47 mila. Circa 9 mila cattedre, quindi, non sono state assegnate e, per come è stata organizzata la scansione del reclutamento, saranno affidate, di nuovo, alle supplenze. Non a caso il sottosegretario Davide Faraone è costretto ad ammettere che la famigerata “supplentite” sarà sì debellata, ma solo dal secondo anno della riforma. Fino a un po’di tempo fa ci avevano assicurato che la malattia cronica della scuola italiana sarebbe scomparsa immediatamente. I numeri sono ancora più impietosi se si allarga lo sguardo. Sommando alle assunzioni già fatte le 55 mila che si attendono dalla fase C, quella relativa al potenziamento dell’offerta formativa (sulla base delle domande delle singole scuole e che si sapranno solo a novembre) si arriva a un totale di 92.692. Ben distanti non solo dalle 148 mila assunzioni annunciate da Renzi ma anche dalle 102 mila previste dalla legge. Quel che è peggio sono numeri che indicano il mantenimento in vita della Graduatorie a esaurimento (Gae) per circa 50 mila precari che, quindi, non sono debellati. La Flc-Cgil rimprovera al governo di non aver fuso le fasi B e C in modo da compensare meglio le domande degli insegnanti (e quindi le loro abilitazioni) e le necessità delle scuole italiane. Il sindacato Anief, invece, sottolinea l’altro aspetto pasticciato: esistono cattedre scoperte perché mancano iscritti alle Gae per determinate materie mentre ci sono migliaia di precari di seconda fascia esclusi dal piano assunzioni. Dal lato del governo, ovviamente, si guarda al dato positivo. Faraone assicura che nel giro di due anni si affermerà finalmente la normalità. La ministra Giannini confida nel prossimo concorso, che sarà bandito a dicembre (ma doveva essere bandito a ottobre) per avere finalmente tutto il personale necessario. Anche la ministra Marianna Madia insiste sul fatto che “finalmente è stata sanata la ferita dei precari storici”. Vedremo. La ministra Giannini ha anche fornito alcuni dati delle nuove assunzioni. L’87% dei 37.692 immessi in ruolo sono donne, quasi la metà, il 48,6%, ha meno di 40 anni, ma più della metà si colloca nella fascia di età superiore: 38,6% tra i 40 e i 50 e 12,7% sopra i 50. Dati che confermano tutte le definizioni finora date sugli insegnanti italiani precari. Che in parte lo resteranno, visto che la migrazione forzata resta il dato saliente. E quando si conosceranno le destinazioni dei prossimi 55 mila, la dimensione del fenomeno potrebbe essere davvero di massa.

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