Convogli vietati anche ieri per le migliaia di persone
fuggite dalla guerra
Questa non è una bella foto”, dice Abdulhamid indicando una
pagina del free press Metro, versione ungherese, che ha preso in metropolitana.
“Ci fa sembrare cattivi”. Sposta l’indice sulla fila di poliziotti che scorta i
turisti giù dal treno, mentre passano accanto ai migranti che due giorni fa
hanno provato a prendere il treno per Monaco e sono stati fermati. La stazione
di Keleti, a Budapest è ancora chiusa ai migranti e dall’ingresso principale
non entrano più nemmeno i turisti.
Assedio alla stazione della Capitale ungherese - Ansa |
Nella foto che ritrae il gruppo di ragazzi
bloccati sulla banchina della stazione, c’è anche lui. Aspirante architetto di
22 anni, che ha lasciato la macchina fotografica in Siria. I vestiti invece li
ha persi durante il viaggio in barcone, dalla Turchia alla Grecia. “Cosa
penseranno i cittadini europei di noi?” Nella piazza davanti alla stazione,
dove sono seduti da giorni i migranti, le notizie sull’Europa arrivano poco.
Del premier Renzi che ha deciso di metterci la faccia e dell’Europa, che “tutta
insieme – dice il presidente del Consiglio - deve gestire le politiche di
rimpatrio”, neanche l’ombra. Il governo Orban ha cambiato strategia: la polizia
è in assetto antisommossa e ferma nelle vie laterali alla stazione
chiunque sembri un siriano, un afghano o dai tratti simili. In base
all’istinto. Impedendogli di stazionare, cosa che era successa nei giorni
precedenti, nei dintorni della piazza. Poi sceglie piccoli gruppi che carica in
furgoni blindati, con le sbarre ai vetri. I migranti non si ribellano: ci sono
molte famiglie e anche bambini piccoli chiusi lì dentro. “Li portiamo qualche
metro più in là e poi li lasciamo liberi”, ci spiega un giovane poliziotto dopo
molta insistenza. Spostamento inutile quanto poco credibile. Sono diretti nei
campi per rifugiati nei dintorni di Budapest (Deprecen, Bicske, Vamosszabadi),
dove sarebbero dovuti andare a farsi registrare, una volta arrivati in
Ungheria, e che hanno scelto di evitare proprio per non farsi prendere le
impronte digitali. MA LE PERSONE che protestano davanti alla stazione, più di
un migliaio, praticamente non se ne accorgono. Quando si sparge la voce,
qualcuno prova ad alzare i torni della protesta, chiede di entrare e invadere
la stazione. È la seconda scintilla di ieri, dopo il lancio di una bottiglia di
plastica contro il cordone della polizia da parte di un uomo. In entrambi i
casi, i possibili ‘facinorosi’ vengono isolati dagli altri migranti. Le mamme
sdraiate a terra con i bambini, chiedono loro di fare attenzione a non urtarli
perché stanno dormendo. “Pensavo che arrivare qui sarebbe stato più semplice”,
dice Abdulhamid ripensando al suo viaggio. Sono le due di pomeriggio, il sole è
a picco e la piazza si è svuotata un po’. Ma lui sta seduto in prima fila per
terra davanti ai poliziotti, con suo fratello e le sue due nipotine. “Perché
non andiamo un po’ all’ombra? E dove dovremmo andare? Il nostro posto è qui,
dobbiamo essere i primi a prendere il treno per la Germania”, risponde. Intanto
all’uscita della metropolitana, dove dormono la maggior parte dei migranti,
iniziano ad arrivare alcuni cittadini con borse della spesa piene di cibo,
vestiti e sapone. I bagni così come i piccoli rubinetti posti al centro dello
spazio sono troppo pochi per tutte le persone che vivono lì. La gara di
solidarietà prosegue anche al parco dietro la stazione: “Abbiamo visto le immagini
in televisione e siamo venuti qui”, spiega una coppia di pensionati ungheresi.
“Di cos’altro avete bisogno?”, chiede ai volontari che stanno tentando di
gestire la situazione di emergenza. O di farla sembrare normale: alcuni giocano
con i bambini. Li rincorrono e li fanno disegnare. Ma anche la distribuzione
del cibo diventa una lotta: per delle mele e delle banane quasi scoppia una
rissa. Molti non provano nemmeno mettersi in fila per afferrarli. Alcuni
ordinano una pizza gigante e la dividono a fetta: “Stiamo mangiando, Perché
dovete riprenderci con la telecamera?”.
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