Dai gruppi tematici alle assemblee “chiuse ”: così i meet up
hanno anticipato Grillo
Al terzo giorno, arrivò la smentita: “La selezione dei
candidati per le prossime elezioni politiche manterrà lo stesso metodo di
quelle del 2013: cittadini incensurati scelti da cittadini attraverso la Rete,
cittadini con non più di un mandato elettorale”. Con un mini-post sul blog,
Beppe Grillo prova a cancellare il fiume di inchiostro che da giorni commenta
la “svolta” annunciata sul palco di Brescia: basta fiducia totale nella Rete
che ci ha fatto “imbarcare” di tutto, al prossimo giro stiamo più attenti.
Eppure, la smentita di Grillo chiude solo un capitolo: il voto della Rete
resta, i requisiti indispensabili per candidarsi pure. Quello che cambia -
anzi, che è già cambiato - è come si arriverà a poter proporre il proprio in
nome in lista. In assenza di regole ufficiali, infatti, è la base ad aver
attivato gli anticorpi. Lo racconta una ricerca pubblicata prima dell’estate e
curata da Roberto Biorcio, docente di Scienza Politica alla Bicocca di Milano.
Con 176 interviste realizzate in 16 città italiane, Gli attivisti del Movimento
5 Stelle. Dal web al territorio, fotografa la galassia dei meet-up, ovvero
l’ossatura del M5s sul territorio nazionale. È un po’ il preambolo di quello
che si metterà in mostra alla festa nazionale in programma ad Imola nei giorni
17 e 18 del mese prossimo: una rassegna della “cultura di governo” grillina.
Già, perché sbaglia chi immagina che la base del Movimento sia più oltranzista
del suo leader. Al contrario, le assemblee e le riunioni a cui i ricercatori
hanno partecipato descrivono un gruppo di sostenitori ad alto tasso di
realismo. È lì, perciò, che per primi si sono posti il problema di come selezionare
i loro compagni di avventura. Scrive Biorcio nella sua introduzione alla
ricerca, a proposito delle assemblee dei meet up: “Per un movimento che ha
avuto successo elettorale e ha molti eletti nelle arene istituzionali il
dilemma è fra mantenersi il più possibile aperto alla società civile, e quindi
mantenere basse le barriere all’ingresso per i nuovi membri, e porre regole e
limiti sufficienti ad evitare l’ingresso di carrieristi e opportunisti e
impedire che l’organizzazione divenga ingestibile per un aumento improvviso
della partecipazione”.
Problema noto, soluzioni da inventare: “In assenza di
direttive dal centro - spiega ancora Biorcio - i meet up sono liberi di dotarsi
autonomamente di regole organizzative interne. La maggior parte dei gruppi locali
si dota così di norme, più o meno formalizzate, che lasciano le assemblee
aperte al pubblico, ma limitano la qualifica di attivista –e quindi il diritto
di voto –a coloro che abbiano effettivamente dimostrato una presenza costante e
attiva all’interno del movimento negli ultimi mesi”. È così che, sul
territorio, si sta cercando di selezionare anche chi, potenzialmente, potrà
arrivare in Parlamento. Non basta la partecipazione, però, così come non basta
non avere fame di poltrone per essere un buon amministratore: per questo nei
meet up stanno provando anche a valorizzare le competenze dei singoli,
attraverso gruppi di lavoro (sull’ambiente, sull’economia, sui diritti) in cui
ha diritto di parola solo chi è titolato a farlo. I primi meet up sono nati a
luglio del 2005, dieci anni fa. Oggi sono più di un migliaio. Per molti, le
assemblee cinque stelle, sono state un lungo di “risocializzazione” politica:
persone che hanno abbandonato il Pd, la Lega, Forza Italia perchè “stanchi della
logica organizzativa” dei partiti tradizionali. Eppure, le interviste,
dimostrano una certa insofferenza alla “struttura fluida” che è considerata “un
limite”. A volte anche perché rischia di essere troppo permeabile. Hanno
concluso i ricercatori: “La garanzia di non essere colonizzati da individui
animati da ambizioni caratteristiche non può più essere offerta solo da Grillo
e dallo staff nazionale”.
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