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martedì 8 settembre 2015

Riforma, l’accordo non c’è. Ora Renzi prende tempo

Apre sulle competenze.
Pressing sulla minoranza del Pd, in ballo le ricandidature.
Emendamenti sull’elettività, il premier spera in Grasso



Non entro nelle tecnicalità, dico che con le riforme dobbiamo fare un Paese più semplice. Punto. Entro il 15 ottobre si decide al Senato ”. Abito scuro e cravatta nera, ospite della prima puntata della ventesima stagione di Porta a Porta, Renzi relega alla fine il discorso sulle riforme. “Il mio autunno tra tasse e immigrazione”, recita il cartello dietro di lui. Una precisa scelta comunicativa. Perché la trattativa con la minoranza dem è in corso, ma l’accordo non c’è e neanche la decisione del presidente di Palazzo Madama, Grasso, sull’ammettere o meno in Aula gli emendamenti all’articolo 2 (quello sull’elettività). E dunque, il premier per prima cosa sposta la data più in là. Negli scorsi giorni aveva parlato di un voto entro la fine di settembre, adesso la dead line è il 15 ottobre. Oggi riapre la commissione Affari costituzionali. Niente voto però, si va alla prossima settimana. Ci saranno solo audizioni dei governatori. Un modo per prendere tempo. E poi, la maggioranza, al netto dei 3 della minoranza Pd, che non sono compensati dal verdiniano, Riccardo Mazzoni e Patrizia Bisinella, la fuoriuscita leghista che sarebbe pronta a votare sì, non c’è: 14 a 13. “Per Renzi è una gran fortuna che ci siano tutti quegli emendamenti”, spiega un dissidente. Perché gli permette di dare mandato al relatore e andare direttamente in Aula. Stasera, c’è l’assemblea del premier con i senatori del Pd. Ieri il sottosegretario Pizzetti ha provato con una proposta: lasciare inalterato l’articolo 2, e prevedere nella legge ordinaria che diventino senatori i consiglieri regionali più votati. La minoranza non ci sta. Ma Renzi su questo non ha intenzione di cedere, non può cedere. Anche perché sia Lotti (che punta ad estromettere completamente dal gioco la minoranza dem) che la Boschi (che vuole che ad essere approvata sia la “sua” riforma) sono più rigidi di lui. Il premier spera ancora che in Aula Grasso dichiari inemendabile l’articolo 2. Ma lui non ha deciso. Anzi, continua a dire che la sua è una decisione tecnica e vuole che sia preceduta da un accordo politico. Secondo gli uomini di Renzi Grasso sarebbe pronto ad ammettere solo due voti sull’ articolo 2: uno sul comma 5, modificato all’ultimo passaggio alla Camera in una sola preposizione (“nei” invece che “dai”) e uno su tutto l’articolo. Ma il Presidente del Senato in realtà prende tempo. Renzi ieri un’apertura sul piatto l’ha messa: “Nella prima lettura di Palazzo Madama, al Senato venivano lasciate competenze che alla Camera sono state tolte. Io sono favorevole a rimetterle ma questa volta i parlamentari li chiamiamo a un confronto all’americana per cui si decide insieme cosa si fa”. Intanto continua il lavorìo ai fianchi di Bersani, chiamato in ballo un giorno sì e l’altro pure (gli si fa balenare un posto da ministro) e le “interlocuzioni” con la minoranza. Più che altro, raccontano, pressioni: voti in cambio di candidatura futura.

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