Apre sulle competenze.
Pressing sulla minoranza del Pd, in
ballo le ricandidature.
Emendamenti sull’elettività, il premier spera in Grasso
Non entro nelle tecnicalità, dico che con le riforme
dobbiamo fare un Paese più semplice. Punto. Entro il 15 ottobre si decide al
Senato ”. Abito scuro e cravatta nera, ospite della prima puntata della
ventesima stagione di Porta a Porta, Renzi relega alla fine il discorso sulle
riforme. “Il mio autunno tra tasse e immigrazione”, recita il cartello dietro
di lui. Una precisa scelta comunicativa. Perché la trattativa con la minoranza
dem è in corso, ma l’accordo non c’è e neanche la decisione del presidente di
Palazzo Madama, Grasso, sull’ammettere o meno in Aula gli emendamenti
all’articolo 2 (quello sull’elettività). E dunque, il premier per prima cosa
sposta la data più in là. Negli scorsi giorni aveva parlato di un voto entro la
fine di settembre, adesso la dead line è il 15 ottobre. Oggi riapre la
commissione Affari costituzionali. Niente voto però, si va alla prossima
settimana. Ci saranno solo audizioni dei governatori. Un modo per prendere
tempo. E poi, la maggioranza, al netto dei 3 della minoranza Pd, che non sono
compensati dal verdiniano, Riccardo Mazzoni e Patrizia Bisinella, la
fuoriuscita leghista che sarebbe pronta a votare sì, non c’è: 14 a 13. “Per
Renzi è una gran fortuna che ci siano tutti quegli emendamenti”, spiega un
dissidente. Perché gli permette di dare mandato al relatore e andare
direttamente in Aula. Stasera, c’è l’assemblea del premier con i senatori del
Pd. Ieri il sottosegretario Pizzetti ha provato con una proposta: lasciare
inalterato l’articolo 2, e prevedere nella legge ordinaria che diventino
senatori i consiglieri regionali più votati. La minoranza non ci sta. Ma Renzi
su questo non ha intenzione di cedere, non può cedere. Anche perché sia Lotti
(che punta ad estromettere completamente dal gioco la minoranza dem) che la
Boschi (che vuole che ad essere approvata sia la “sua” riforma) sono più rigidi
di lui. Il premier spera ancora che in Aula Grasso dichiari inemendabile
l’articolo 2. Ma lui non ha deciso. Anzi, continua a dire che la sua è una
decisione tecnica e vuole che sia preceduta da un accordo politico. Secondo gli
uomini di Renzi Grasso sarebbe pronto ad ammettere solo due voti sull’ articolo
2: uno sul comma 5, modificato all’ultimo passaggio alla Camera in una sola
preposizione (“nei” invece che “dai”) e uno su tutto l’articolo. Ma il
Presidente del Senato in realtà prende tempo. Renzi ieri un’apertura sul piatto
l’ha messa: “Nella prima lettura di Palazzo Madama, al Senato venivano lasciate
competenze che alla Camera sono state tolte. Io sono favorevole a rimetterle ma
questa volta i parlamentari li chiamiamo a un confronto all’americana per cui
si decide insieme cosa si fa”. Intanto continua il lavorìo ai fianchi di
Bersani, chiamato in ballo un giorno sì e l’altro pure (gli si fa balenare un
posto da ministro) e le “interlocuzioni” con la minoranza. Più che altro,
raccontano, pressioni: voti in cambio di candidatura futura.
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