VIDEO 5 GIORNI A 5 STELLE

DI BATTISTA - 11.05.2016 OTTOEMEZZO

11.05.2016 - ALFONSO BONAFEDE (M5S) Unioni civili: tutta la verità in faccia al governo

giovedì 31 dicembre 2015

Gela, M5S caccia il sindaco Messinese: “Non si è tagliato lo stipendio come promesso e ha avallato l’accordo con Eni”

“È venuto meno agli obblighi assunti con l'accettazione della candidatura - si legge in un comunicato del gruppo regionale del Movimento - e si è dimostrato totalmente fuori asse rispetto ai principi di comportamento degli eletti nel Movimento 5 Stelle". Lui aveva già spiegato di non avere intenzione di dimettersi. “Io rimango al servizio dei cittadini che mi hanno eletto. Se ho sentito i big nazionali? Assolutamente no"
L’espulsione era nell’aria da giorni, ma per formalizzarla c’è voluto un comunicato del gruppo regionale del Movimento 5 Stelle. Una ventina di righe per spiegare che il sindaco di Gela Domenico Messinese non fa più parte del Movimento di Beppe Grillo. “È venuto meno agli obblighi assunti con l’accettazione della candidatura e si è dimostrato totalmente fuori asse rispetto ai principi di comportamento degli eletti nel Movimento 5 Stelle e anche alle politiche ambientali energetiche e occupazionali più accreditate in ambito europeo. Pertanto si pone fuori dal Movimento, di cui, da oggi, non fa più parte”, scrivono i grillini nella nota che ammaina la bandiera pentastellata sul comune di Gela. Da settimane nella città in provincia di Caltanissetta va in onda una feroce guerra intestina tutta interna ai 5 Stelle.
Da una parte c’era Messinese, con il fido vicesindaco Simone Siciliano, dall’altra i consiglieri comunali e gli assessori indicati dalla base: una spaccatura che aveva portato alla creazione di due diversi meetup. Probabilmente il prologo dello scontro è da ricercare nell’ormai celebre istantanea scattata addirittura prima del ballottaggio: ritraeva Messinese in compagnia di Lucio Greco, candidato di una lista vicina ad Angelino Alfano, nell’ottobre scorso nominato legale del comune per un paio di cause pagate con 11 mila euro. Una leggerezza che era costata al sindaco l’accusa di clientelismo.
Il punto più alto dello scontro però è arrivato quattro giorni fa, quando Messinese ha deciso di silurare dalla sua giunta tre assessori in un colpo solo: si tratta di Pietro Lorefice, Ketty Damante e Nuccio Di Paola, rispettivamente responsabili dei trasporti, dell’istruzione e della programmazione. Sono tutti militanti storici, indicati direttamente dalla base ed è per questo motivo che 24 ore dopo i consiglieri comunali grillini avevano sfiduciato pubblicamente Messinese, chiedendo che gli fosse inibito l’uso del simbolo. Una richiesta avallata dai dirigenti regionali pentastellati, che adesso spiegano di aver espulso Messinese perché “non ha provveduto al taglio del proprio stipendio”. La defenestrazione al sindaco è da ricollegare anche ai rapporti con l’Eni, che da oltre mezzo secolo gestisce il petrolchimico di Gela.
“Messinese – continua la nota – ha avallato il protocollo di intesa tra Eni, Ministero dello Sviluppo economico e Regione Siciliana. Un accordo che il gruppo parlamentare all’Ars del M5S ha osteggiato con tutte le sue forze non solo perché in aperto contrasto con i sui principi, ma anche perché contrario alle più accreditate politiche di tutela ambientale, energetiche, occupazionali e di economia turistica”. Come dire che, a più di 50 anni dalla costruzione dal petrolchimico, l’azienda del cane a sei zampe gioca ancora un ruolo fondamentale nelle dinamiche politiche gelesi: anche quando sono targate 5 Stelle.

Messinese aveva già spiegato di non avere intenzione di dimettersi. “Io rimango al servizio dei cittadini che mi hanno eletto. Se ho sentito i big nazionali? Assolutamente no. Casaleggio avrebbe dovuto rispondere quando gli sottoponevo i problemi del territorio e invece non l’ha fatto: questa è una città dove si muore di tumore, dove il lavoro non esiste più. Noto invece che è più importante discutere di simboli”.

mercoledì 30 dicembre 2015

Codice di comportamento eletti M5S

Il codice di comportamento per i parlamentari del M5S si ispira alla trasparenza nei confronti dei cittadini attraverso una comunicazione puntuale sulle scelte politiche attuate con le votazioni in aula. I parlamentari dovranno mantenere una relazione  con gli iscritti tramite  il recepimento delle loro proposte durante l’arco della legislatura. L’obiettivo principale dei parlamentari eletti è l’attuazione del Programma del M5S, in particolare per i principi della democrazia diretta come il referendum propositivo senza quorum,  l’obbligatorietà della discussione parlamentare con voto palese delle proposte di legge popolare e l’elezione diretta del parlamentare.

Gruppo parlamentare:
  • I parlamentari dovranno formare un gruppo parlamentare sia al Senato che alla Camera con il nome “MoVimento 5 Stelle”
  • Gli incarichi nelle commissioni parlamentari o in altri incarichi istituzionali delle due Camere verranno decisi a maggioranza da parte dei parlamentari riuniti di Camera e Senato
  • I gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle non dovranno associarsi con altri partiti o coalizioni o gruppi se non per votazioni su punti condivisi.
Programma e Statuto:
  • I parlamentari del MoVimento 5 Stelle dovranno operare per la massima attuazione del Programma del M5S attraverso proposte di legge e in ogni altra modalità possibile in virtù del loro ruolo
  • I parlamentari sono tenuti al rispetto dello Statuto, riferito come “Non Statuto”
Comunicazione:
  • Lo strumento ufficiale per la divulgazione delle informazioni e la partecipazione dei cittadini è il sito www.movimento5stelle.it
  • I parlamentari dovranno rifiutare l’appellativo di “onorevole” e optare per il termine “cittadina” o “cittadino”
  • Rotazione trimestrale capogruppo e portavoce Camera e Senato con persone sempre differenti, la scelta dei capogruppo sarà operata dai gruppi di Camera e Senato
  • Evitare la partecipazione ai talk show televisivi
Trasparenza:
  • Votazioni parlamentari motivate e spiegate giornalmente con un video pubblicato sul canale YouTube del MoVimento 5 Stelle
  • Votazioni in aula decise a maggioranza dei parlamentari del M5S
  • Il parlamentare eletto dovrà dimettersi obbligatoriamente se condannato, anche solo in primo grado, nel caso di rinvio a giudizio sarà invece sua facoltà decidere se lasciare l’incarico
  • Rendicontazione spese mensili per l’attività parlamentare (viaggi, vitto, alloggi, ecc) sul sito del M5S
Relazione con i cittadini:
  • Le richieste di proposte di legge originate dal portale del MoVimento 5 Stelle attraverso gli iscritti dovranno obbligatoriamente essere portate in aula se votate da almeno il 20% dei partecipanti. I gruppi parlamentari potranno comunque valutare ogni singola proposta anche se sotto la soglia del 20%
Espulsione dal gruppo parlamentare del M5S:
  • I parlamentari del M5S riuniti, senza distinzione tra Camera e Senato, potranno per palesi violazioni del Codice di Comportamento, proporre l’espulsione di un parlamentare del M5S a maggioranza. L’espulsione dovrà essere ratificata da una votazione on line sul portale del M5S tra tutti gli iscritti, anch’essa a maggioranza.
Trattamento economico:
  • L’indennità parlamentare percepita dovrà essere di 5 mila euro lordi mensili, il residuo dovrà essere restituito allo Stato insieme all’assegno di solidarietà (detto anche di fine mandato). I parlamentari avranno comunque diritto a ogni altra voce di rimborso tra cui diaria a titolo di rimborso delle spese a Roma, rimborso delle spese per l’esercizio del mandato, benefit per le spese di trasporto e di viaggio, somma forfettaria annua per spese telefoniche e trattamento pensionistico con sistema di calcolo contributivo.
Personale di supporto ai parlamentari:
  • Le persone eventuali di supporto ai parlamentari se previste per legge, per la loro attività non potranno superare un rimborso economico di 5 mila euro lordi mensili.
Costituzione di "gruppi di comunicazione" per i parlamentari del M5S di Camera e Senato:
  • Il Regolamento della Camera dei Deputati e del Senato prevede che a ciascun gruppo parlamentare vengano assegnati dall'Ufficio di Presidenza contributi da destinarsi agli scopi istituzionali riferiti all'attività parlamentare, nonché alle “funzioni di studio, editoria e comunicazione ad essa ricollegabili”. La costituzione di due “gruppi di comunicazione”, uno per la Camera e uno per il Senato, sarà definita da Beppe Grillo in termini di organizzazione, strumenti e di scelta dei membri, al duplice fine di garantire una gestione professionale e coordinata di detta attività di comunicazione, nonchè di evitare una dispersione delle risorse per ciò disponibili. Ogni gruppo avrà un coordinatore con il compito di relazionarsi con il sito nazionale del M5S e con il blog di Beppe Grillo. La concreta destinazione delle risorse del gruppo parlamentare ad una struttura di comunicazione a supporto delle attività di Camera e Senato su designazione di Beppe Grillo deve costituire oggetto di specifica previsione nello Statuto di cui lo stesso gruppo parlamentare dovrà dotarsi per il suo funzionamento. E’ quindi necessaria l'assunzione di un esplicito e specifico impegno in tal senso da parte di ciascun singolo candidato del M5S al Parlamento prima delle votazioni per le liste elettorali con l’adesione formale a questo documento.
Questo codice comportamentale dovrà essere inserito nello stesso statuto di cui il gruppo parlamentare dovrà dotarsi.

Gela, M5S si spacca: consiglieri contro il sindaco. Che ora rischia l’espulsione

Il Sindaco di Gela, Domenico Messinese
Quattro dei cinque portavoce grillini in consiglio comunale hanno chiesto l'intervento del direttorio perché tolga il simbolo a Domenico Messinese. Il 28 dicembre il primo cittadino aveva cacciato tre assessori. La replica: "Io sono onesto, non bisogno di un logo per continuare a esserlo"

“Il sindaco Domenico Messinese utilizza metodi clientelari e non rappresenta più il M5s”, è l’attacco lanciato in conferenza stampa da quattro dei cinque consiglieri comunali grillini di Gela, che hanno chiesto ai parlamentari del direttorio di vietare al sindaco l’utilizzo del simbolo. Appena il 28 dicembre il primo cittadino aveva defenestrato tre componenti dalla sua giunta: si tratta di Pietro Lorefice, Ketty Damante e Nuccio Di Paola, rispettivamente assessori ai trasporti, all’istruzione e alla programmazione. Sono tutti militanti storici, indicati direttamente dalla base: ed è per questo motivo che la mossa del primo cittadino ha spaccato definitivamente il M5s. Ora Messinese potrebbe essere il primo sindaco espulso dal Movimento 5 Stelle. In queste ore, infatti, i vertici nazionali grillini stanno valutando come comportarsi con il primo cittadino di Gela, città dove i pentastellati si sono spaccati già pochi mesi dopo aver vinto le amministrative del giugno scorso.
“Gli assessori non lavoravano più per il bene della città, facevano summit esterni, tramavano contro la mia amministrazione: la fiducia era venuta meno ed io devo dare risposte ai cittadino”, aveva spiegato il sindaco, che già ad agosto aveva estromesso dalla giunta Fabrizio Nardo, un altro esponente grillino della prima ora.
Come dire che la faida tutta interna ai 5 Stelle gelesi dura da tempo: in città esistono due meetup con posizioni opposte, e quasi tutta la breve esperienza amministrativa di Messinese è stata costellata dalle polemiche. Dalla foto che lo immortalava abbracciato a Lucio Greco, candidato di una lista vicina al Nuovo Centrodestra, sconfitto al primo turno e poi sostenitore dei pentastellati al ballottaggio, fino all’alto numero di deleghe assegnate al vicesindaco Simone Siciliano, sono stati diversi i momenti di scontro tra sindaco e i consiglieri della sua stessa maggioranza. “Mi attaccano dal giorno dopo l’elezione e onestamente non riesco a capire perché: probabilmente perché hanno altri obiettivi, diversi da quelli che corrispondono al bene della città” dice il primo cittadino. La cui posizione sarà adesso valutata dai membri del direttorio nazionale: lo stesso Gianroberto Casaleggio si sta occupando della questione.
“Se ho paura di essere espulso? Assolutamente no. Non ho parlato con nessuno dei vertici nazionali: io sono onesto, e non ho bisogno di un simbolo per continuare ad esserlo”. In caso di espulsione, Messinese ha spiegato che non intende dimettersi. “Finché potrò, rimarrò al servizio dei cittadini che mi hanno eletto”. La presa di Gela per il Movimento di Grillo era stata una vittoria storica, anche perché arrivava nella città del governatore siciliano Rosario Crocetta, storica roccaforte del Pd, segnata dalla presenza ultracinquantennale del petrolchimico Eni. Appena sei mesi dopo, però, di quel trionfo non rimangono che i cocci e un probabile record poco invidiabile: quello del primo sindaco espulso dal Movimento.



domenica 27 dicembre 2015

Ecco come il governo ha spento la #RAI

Silvia Chimienti (M5S)
Un servizio radiotelevisivo pubblico indipendente, lontano dalle logiche dello share, in cui si alimentano la professionalità e i talenti del mondo dei media, in cui si coltivano i giovani in gamba che lavorano nella cinematografia e nel documentarismo. E' così che il Movimento 5 Stelle avrebbe voluto finalmente la Rai.
Invece oggi, grazie a un disegno di legge governativo, ci ritroviamo con una tv pubblica interamente nella mani del governo, costruita a immagine e somiglianza del presidente del consiglio Matteo Renzi. E tutto nel silenzio assordante di un Paese anestetizzato, che oggi sembra non reagire, ma che qualche anno fa sarebbe stato pronto a salire sulle barricate se tutto lo avesse fatto un governo di centrodestra.
Quella che il Parlamento ha appena approvato è una lottizzazione 2.0, in cui c'è un Cda nelle mani della maggioranza e un governo che si nomina il super amministratore delegato, il quale a sua volta nomina tutti i dirigenti apicali, i direttori di rete, i giornalisti, in spregio a qualsiasi regola democratica e di indipendenza del servizio pubblico.
Un indiscutibile balzo nel passato, che ci equipara a paesi come la Moldavia e l'Ungheria, gli unici in Europa a nominare l'amministratore delegato tramite il Governo, senza alcun tipo di cuscinetto.
Il sistema messo in piedi è funzionale a fare della tv pubblica la cassa di risonanza del governo, affinchè racconti una realtà distorta, in cui i problemi e i drammi del Paese si nascondono o vengono edulcorati, per lasciar spazio alla storiella del 'tutto va bene', il 'Pil cresce' e la 'disoccupazione diminuisce' tanto caro a Renzi.
Eppure la strada per l'indipendenza della Rai era un sentiero percorribile con la volontà di tutti. Il M5S aveva presentato una serie di proposte, paletti di buon senso per introdurre in Rai trasparenza e competenza e per spazzare via i partiti dalla tv pubblica: non appartenere al Parlamento negli ultimi 5 anni prima di entrare nel Cda, per esempio, e non far parte di segreterie di partito.
Maggioranza e governo li hanno bocciati tutti e oggi nel Cda di Viale Mazzini ci ritroviamo l'ex spin doctor di Renzi, Guelfo Guelfi, e l'attuale assistente del Presidente della Commissione Istruzione del Senato Rita Bordoni, in quota PD.
Di cose mal fatte nel testo ce ne sono tante altre: dalla deroga sugli appalti, per continuare a favorire gli amici degli amici, alla delega in bianco al governo per il testo unico dei media, così la comunicazione e l'informazione resteranno la ricca torta che si spartiranno i soliti noti.

Il governo non è stato in grado nemmeno di applicare un principio semplice e di buon senso: almeno destinare i soldi del canone, recuperati inserendo la tassa nella bolletta dell'energia elettrica, nella Rai stessa, reinvestirli per far crescere e migliorare questa azienda che, purtroppo per tutti noi, continuerà a spegnersi nelle mani di una classe politica ingorda.

Legge di #Stabilita2016: tagli, marchette e illusioni. Ecco cosa ci aspetta

La legge di Stabilità, approvata in via definitiva al Senato, apre le porte ad un 2016 di lacrime e sangue. Saremo costretti a vivere l'ennesima riedizione dell'austerità che ha trascinato nel baratro l'Europa intera.
I numeri possono ingannare. Il Governo ha portato infatti il deficit pubblico al 2,4% del Pil, rispetto all'1,8% concordato in precedenza con la Commissione Europea. Gran parte del maggior deficit, tuttavia, serve solo a rinviare al 2017 circa 14 miliardi di tasse che ancora dovevano entrare in vigore, le cosiddette clausole di salvaguardia, ovvero aumenti di Iva e accise sui carburanti che questo stesso Governo aveva programmato nella scorsa Stabilità. Le politiche di austerità sono state dunque redistribuite nel tempo, spostando parte dei tagli e delle tasse previsti per il 2016 all'anno successivo. Non viene messo invece in discussione il Fiscal Compact, e con esso il folle principio del pareggio di bilancio che impone rigore proprio quando servirebbero investimenti pubblici e alleggerimenti fiscali per le classi sociali più deboli. L'economia italiana rimane così strozzata dai vincoli europei.
Il risultato è che a parte la manovra spot sulla Tasi, piovono tagli e nuove tasse, scaricate vigliaccamente sugli amministratori locali.
Vediamo in breve cosa ci aspetta:
- 19 miliardi di ulteriori tagli alle Regioni fra il 2016 e il 2019. Non si tratta certo di lotta agli sprechi, ma di tagli lineari in perfetto stile montiano. Inutile dire che gran parte di queste minori risorse andranno a dimagrire ancora la Sanità pubblica, dato che circa l'80% dei bilanci regionali serve a garantire le cure ai cittadini.
- Ma per essere sicuro di centrare il bersaglio, il Governo è intervenuto direttamente sul Fondo Sanitario Nazionale, tagliandovi altri 2 miliardi, dopo i 2,3 del luglio scorso (Dl Enti locali). In tutto fanno 4,3 miliardi di minori risorse in pochi mesi. Nemmeno Monti, espressione diretta della Troika europea, aveva osato tanto. La ciliegina sulla torta è la sforbiciata alla lista delle prestazioni garantite dal pubblico, con 180 di esse che saranno d'ora in poi a carico del malato. La sanità americana è dietro l'angolo. Chi più ha, potrà trasferirsi alla sanità privata, se già non lo ha fatto, mentre chi è stato più colpito dalla lunga crisi economica dovrà decidere di volta in volta se curarsi, intaccando i propri magri risparmi, o rinunciare alle cure. In questo modo insieme alla sanità privata prospereranno le assicurazioni sanitarie, con le quali il cittadino medio proverà a garantirsi a prezzi salatissimi almeno un pacchetto essenziale di cure mediche.
Gli investimenti pubblici sono in caduta libera, e con essi ogni speranza di risollevare un settore industriale morente. Al -3% del prossimo anno, seguirà il -7% del 2017. Senza investimenti pubblici l'Italia si trasformerà in un bacino di manodopera a basso costo a disposizione delle filiere produttive estere, e in particolare tedesche. Altro che produttività e innovazione.
La scure sugli investimenti pubblici colpisce naturalmente anche il Sud Italia, per il quale il premier aveva promesso un "Masterplan" in grado di rilanciarlo. La montagna partorisce un topolino, ovvero un credito di imposta per le imprese del Mezzogiorno che investono in beni strumentali. Come dare un'aspirina ad un malato di cancro.
Il Sud, tra l'altro, è colpito più di tutti dalla vergognosa marcia indietro del Governo sulla decontribuzione per le imprese che assumono nuovi lavoratori a tempo indeterminato. Questa corposa agevolazione era prevista sin dalla legge 407 del 1990. Il Governo l'aveva confermata nella sostanza il dicembre scorso, mentre per il 2016 la riduce dal 100% al 40% e da 3 anni a 2 anni per ogni nuovo assunto. Il colpo di grazia ad un mercato del lavoro agonizzante.
Si potrebbe continuare a lungo, ricordando l'ambiguo pagamento in bolletta del canone Rai, il disinteresse per 23 mila esodati ancora senza tutela, le maggiori tasse mascherate per i piccoli agricoltori e l'elemosina agli obbligazionisti truffati dal decreto Salva-banche, ma non ne vale la pena.
La musica dell'austerità non cambierà fino a quando ad una politica serva dell'economia globale non subentrerà una politica che amministra e regola l'economia, indirizzandola a fini sociali, come prevede la nostra Costituzione.

VIDEO: intervento in dichiarazione di voto del capogruppo M5S al Senato Mario Michele Giarrusso nel corso della seduta del 22 dicembre 2015 

Uranio impoverito - L'indagine di Report contro Mattarella

Quando Mattarella era ministro della Difesa dell'ultimo governo Amato, negò a più riprese il possibile nesso tra l'insorgere delle patologie e il servizio. "Negò - si legge nel post scritto da Lorenzo Sani - che la Nato avesse mai utilizzato proiettili all'uranio impoverito (DU, Depleted Uranium), tantomeno che questo fosse contenuto nei Tomahawk (missili) sparati in zona di guerra dalle navi Usa in Adriatico". Poi ancora: "Negò pure ciò che era possibile reperire nei primi giorni di internet sugli stessi siti della Difesa Usa, che magnificava l'efficacia degli armamenti al DU e dettava, contestualmente, le precauzioni sanitarie da adottare in caso di bonifica: protocolli di sicurezza molto rigidi, che prevedevano l'utilizzo di tute, guanti e maschere protettive, per svolgere il lavoro che invece a mani nude e senza protezioni facevano i nostri soldati. I quali, nel frattempo, continuavano ad ammalarsi e morire...".



sabato 26 dicembre 2015

Cryptare tutti i canali della RAI

Il Presidente del Consiglio aveva promesso di togliere la Rai ai partiti e restituirla ai cittadini e, invece, l'ha messa alle dirette dipendenze del governo. Due piccioni con una fava. Con un doppio colpo Palazzo Chigi ha portato sotto il proprio diretto controllo i 2 pilastri dell'autonomia e dell'indipendenza dei Servizi Pubblici: fonti di nomina e finanziamenti. In pericolo, ora, ci sono il pluralismo e la libertà di informazione con gravi conseguenze per gli equilibri democratici.

Con questa petizione si da la possibilità al cittadino di scegliere l'emittente televisiva libera da "museruola" senza essere costretto a foraggiare una emittente televisiva controllata dal governo di turno.
Firma anche tu la mia petizione.
Collegati QUI firma e condividi con i tuoi amici. Facciamoci sentire

Cassa di previdenza delle FF.AA. - Interrogazione parlamentare del Movimento 5 Stelle

On.le Tatiana BASILIO (M5S)
La triste vicenda che ha coinvolto quattro banche italiane facendo sfumare i risparmi di migliaia di famiglie rischia di avere effetti devastanti anche sulle pensioni dei nostri militari.
Non tutti sanno, infatti, che tra i vari servizi affidati a Banca delle Marche vi è anche la gestione della Cassa di Previdenza delle Forze Armate, concessa a seguito di una gara pubblica indetta dal Ministero della Difesa.
Lo dichiarano i deputati M5S della Commissione Difesa, dichiarando la presentazione di una interrogazione parlamentare diretta ai Ministri Pinotti e Padoan per chiedere al governo se i contributi previdenziali finora versati dal personale delle Forze Armate nelle casse di Banca delle Marche S.p.a. siano oggetto di salvaguardia e se siano stati in tutto o in parte utilizzati per l'acquisto di prodotti finanziari a rischio.
Di seguito riporto il testo integrale dell'interrogazione parlamentare presentata dagli Onorevoli BASILIO, CECCONI, TERZONI, RIZZO, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: 
  • la cassa di previdenza delle Forze armate, che dal 2009 raggruppa tutte le preesistenti casse previdenziali militari, è un ente di diritto pubblico non economico sottoposto alla vigilanza del Ministero della difesa, che ne gestisce poteri e funzioni attraverso lo Stato maggiore della difesa e gli uffici dell'amministrazione competenti per materia;
  • con atto di approvazione del 24 aprile 2015, emesso in conclusione del procedimento amministrativo per l'affidamento dei servizi di gestione dei conti correnti intestati a fondi previdenziali, la Cassa di previdenza delle Forze armate ha aggiudicato, in via definitiva, l'affidamento dei predetti servizi alla Banca delle Marche s.p.a.;
  • il predetto istituto di credito, già oggetto di amministrazione straordinaria, è attualmente coinvolto in un processo di ristrutturazione aziendale, mediaticamente definito di «salvataggio», a causa di un dissesto finanziario che ha comportato danni per le azioni ed obbligazioni di migliaia di risparmiatori e che ha riguardato anche Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti;
  • tale crisi economica, che ha generato incertezze e preoccupazione in migliaia di risparmiatori, ha indotto alcuni organi di stampa ad ipotizzare un rischio anche per i conti correnti dei fondi previdenziali militari dal momento che, nonostante l'amministrazione straordinaria ed i bilanci non in regola, la Banca delle Marche ha mantenuto la gestione dei servizi precedentemente affidati;
  • appare quanto mai anomalo, secondo gli interroganti, che, tra i criteri di esclusione per la scelta della banca aggiudicatrice, il bando di gara pubblicato dal Ministero della difesa non abbia previsto anche quello relativo allo stato di amministrazione straordinaria e quello del livello di solidità dell'istituto, in termini di bilancio; 
  • prima di aggiudicarsi la gara per la gestione della Cassa di previdenza delle Forze armate, la Banca delle Marche ha amministrato, fin dal 2011, i fondi di previdenza di ufficiali e sottufficiali di Esercito, Arma dei Carabinieri, Marina militare ed Aeronautica militare;
  • è di tutta evidenza, a giudizio degli interroganti, che, in un sistema di regolamentazione bancaria diretto dalla Banca centrale europea e dalla Banca d'Italia, tali organismi dovrebbero porre in essere tutti i meccanismi per evitare simili dissesti finanziari e controllare la gestione del credito, incoraggiando la tutela del risparmio dei cittadini, quale principio costituzionalmente garantito dall'articolo 47 della Costituzione;
  • se i contributi previdenziali finora versati dal personale delle Forze armate alla Cassa di previdenza delle Forze armate, e i cui fondi sono gestiti dalla Banca delle Marche s.p.a, siano oggetto di salvaguardia e risultino attualmente nella immediata disponibilità dell'istituto di credito;
  • quali siano i bilanci consuntivi della Cassa di previdenza delle Forze armate per l'ultimo biennio 2014-2015, posto che l'ultimo bilancio attualmente disponibile sul sito internet risale al 2013; 
  • se i contributi previdenziali finora versati nelle casse di Banca delle Marche dal personale delle Forze armate siano stati in tutto o in parte utilizzati per l'acquisto di prodotti finanziari a rischio; 
  • se non si ritenga opportuno, alla luce di quanto emerso e delle sopravvenute difficoltà di gestione, procedere alla revoca dell'affidamento dei servizi aggiudicati alla Banca delle Marche e valutare l'indizione di un nuovo bando di gara per le medesime attività di tesoreria;
  • quali siano i criteri di valutazione sottesi all'affidamento alla Banca delle Marche della gestione dei servizi di cui in premessa e se non sia opportuno assumere iniziative per introdurre, per le gare future, accanto al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, anche l'ulteriore criterio dell'indice di solidità dell'istituto di credito."
Speriamo che tutto questo non si trasformi in un ennesimo "regalo" del Governo Renzi al personale delle nostre Forze Armate.
Fabio ANGELETTI

"Il M5S vince a Roma, spallata a Renzi". Di Battista: "In piazza se rinvia il voto"

Il Pd potrebbe presentare un decreto per rinviare le elezioni di Roma. Lo ha detto il deputato pentastellato Alessandro di Battista uscendo dal Campidoglio dopo un incontro con il commissario Tronca.
Se il governo Renzi rinvierà le elezioni di Roma con un decreto, il Movimento 5 stelle scenderà in piazza. Lo ha annunciato Alessandro Di Battista parlando con i giornalisti dopo l'incontro al Campidoglio con il Commissario Tronca. "E' stato un incontro molto schietto. Alcuni nostri sospetti non erano infondati perché tra i dirigenti che hanno subito una turnazione ce n'e' una che e' indagata. Il commissario Tronca ha detto che sta facendo il possibile e noi, pungolandolo, gli chiediamo di fare ancor di più per dare quelli che lui stesso chiama 'segnali simbolo'. A Tronca abbiamo detto - ha raccontato il deputato M5S - che in Parlamento ci sono alcuni rumors che dicono che il Pd potrebbe presentare un decreto per rinviare le elezioni di Roma. Lui ci ha detto che non sa nulla al riguardo e noi gli abbiamo risposto - ha ammonito - che siamo disposti a scendere in piazza con tutti i cittadini di Roma, se non ci dovessero far votare".
Vincere a Roma per il M5S "significherebbe sistemare questa citta', intervenire in maniera drastica, salvaguardando i posti di lavoro ma intervenendo in modo netto rispetto ad alcuni dirigenti assunti dalla politica esclusivamente in quanto amici della politica. Vogliamo dimostrare una buona amministrazione e dare a Renzi una spallata su scala nazionale".
"Se i 5 stelle vinceranno le elezioni a Roma, assicura Di Battista, "non ci sara' assolutamente nessun licenziamento di massa ma dovremo verificare attentamente che alcune aziende, come Ama e Acea diventati poltronifici, non lo siano piu'. Quindi, evidentemente, M5S mandera' a casa alcune persone, salvaguardando sempre il lavoratore che oltretutto si puo' salvaguardare solo se si mandano via i dirigenti assunti da Alemanno e confermati da Marino". "Corruzione - conclude - significa rompere in tanti pezzi, e la corruzione in questa citta' ha rotto in tanti pezzi le strade, il futuro, anche l'umore, il morale... infatti c'e' grande rassegnazione. Ma M5S si pone anche come argine contro la rassegnazione. Per questo chiediamo di darci una possibilita'. Siamo fiduciosi di poter fare diventare Roma una citta' normale, europea".
"Se M5S andasse al governo farebbe subito "tre leggi: sul reddito di cittadinanza, sul conflitto di interessi e una vera legge anticorruzione. Con queste tre leggi serie, l'Italia ripartirebbe. Berlusconi deve tremare? "No - ha risposto il deputato 5 stelle - si goda la vecchiaia"


Un'altra vittima dell'uranio impoverito. 44 anni, lascia una moglie e una figlia di un anno

Il Maresciallo Gianluca Denise, 44 anni
Tra le mie preghiere di questo Natale ce n'è sicuramente una per il maresciallo dell'Aeronautica Gianluca Danise, morto martedì scorso all'età di 44 anni. Gianluca aveva un tumore causato dall'uranio impoverito con cui era entrato in contatto durante le sue missioni militari: è la 321esima vittima tra i nostri servitori dello Stato. 
Gianluca aveva partecipato a numerose missioni internazionali come Kosovo, Iraq e Afghanistan. Faceva parte dei corpi speciali e il 13 novembre 2003, in occasione dell'attacco alla nostra base, era a Nassiriya dove ha saputo ricomporre - a 40 gradi all'ombra - i resti dei suoi colleghi, evitando che le bare fossero riempite di pesi.
A Gianluca e alla sua famiglia lo Stato non ha riconosciuto praticamente nulla. Io e Gianluca Rizzo abbiamo provato a sbloccare la sua situazione con alcuni interventi istitu-zionali http://goo.gl/7X1SfQ.
Nell'estate del 2014 anche il Ministro della Difesa Pinotti in persona ha telefonato a Gianluca, promettendo un intervento, ma si è rivelato un bluff. Sarebbe bastata una telefonata tra Boeri e Pinotti per riconoscergli una pensione dignitosa. Ma si è preferito insabbiare tutto, così da non accendere i riflettori sugli effetti devastanti prodotti dalle armi delle industrie belliche. 
L'uranio impoverito è lo scarto della produzione di energia nucleare. Viene utilizzato per costruire le bombe perché costa poco ed è pesante: gli ordigni uccidono e devastano meglio. Se ciò è accaduto ai nostri soldati che hanno vissuto alcuni mesi a contatto con questo metallo, provate a pensare cosa sta succedendo ai civili che abitano da dieci o venti anni nei territori colpiti da quei bombardamenti. Si stima che l'incidenza dei tumori aumenti del 700 per cento. Ovviamente a noi non dicono nulla: abbiamo un Governo che sostiene le industrie belliche, certamente non i nostri uomini in divisa. 
Gianluca lascia una giovane moglie e una figlia di un anno. È l'ennesima vittima di un meccanismo assurdo e mortifero.
Bisogna fermarlo: tra uccidere e morire c'è una terza via. Vivere.
Non ci fermeremo finché ai familiari di Gianluca e dei suoi colleghi - a cui lo Stato ha riservato questo trattamento - non verrà garantita un'esistenza dignitosa.
Ciao Gianluca, che la terra ti sia lieve.

Contributo personale all'articolo: L'ebetino fiorentino dovrebbe prima conoscere i valori e i sacrifici a cui va incontro il personale che indossa una uniforme mimetica come quella che lui sfoggia con spavalderia in occasione delle sue "gite" nei Teatri Operativi. Lui, che non ha nemmeno fatto il militare, non merita di indossare una uniforme ne tanto meno di respirare l'aria dei luoghi dove, ogni giorno, Servitori dello Stato rischiano la propria vita con estremo sacrificio e disprezzo del pericolo.
Fabio ANGELETTI

CHI VUOLE COPRIRE LO SCANDALO WOLKSWAGEN?


Eleonora Evi Portavoce del MoVimento 5 Stelle in Europa


Il Parlamento Europeo istituisce una Commissione per indagare le responsabilità nello scandalo Volkswagen. Nonostante la strenua opposizione del Partito Popolare (con i voti di Forza Italia), che avrebbe preferito far calare il velo dell'oblio sullo scandalo che ha investito la casa automobilistica tedesca, 314 parlamentari hanno sostenuto la richiesta di istituire una commissione d'inchiesta sullo scandalo Volkswagen. La Commissione è stata fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle e avrà poteri ispettivi, sarà composta da 45 deputati (tra cui la portavoce Eleonora Evi) che avranno possibilità di accedere a tutta la documentazione necessaria per capire quanto la Commissione Europea e gli Stati membri fossero a conoscenza dei trucchi messi in atto dalla case automobilistiche per aggirare le norme. 




venerdì 25 dicembre 2015

M5S Bologna, sit-in a Montecitorio contro Bugani: ‘Lista come Porcellum, si diventa Pd’

“Lista bloccata di nominati non votati dalla base: così diventiamo come il Pd”. La protesta arriva da un gruppo di attivisti e consiglieri del M5s di Bologna in trasferta a Roma che ha manifestato a piazza Montecitorio contro la selezione senza primarie del candidato sindaco Massimo Bugani e dei 36 aspiranti consiglieri in lizza per le elezioni comunali. La missione era quella di consegnare una lettera ai membri del direttorio, contenente anche le firme raccolte a favore delle primarie aperte, ma dopo ore di attesa nessun parlamentare M5S è sceso ad incontrare la delegazione. “Fico e altri hanno sempre sostenuto che le liste bloccate sono una porcata nel porcellum come nell’Italicum“, dice Giorgio Paglieri, consigliere M5s a San Giorgio di Piano (Bo) che aggiunge: “Anche questa è una lista di nominati, dunque una porcata” . “Non è una questione di nomi ma di principi”, aggiunge il consigliere di quartiere M5s Marco Gherardi. “Ci accusano di poltronismo o di voler spaccare il M5s, ma – prosegue – siamo consiglieri eletti che non potrebbero candidarsi a Bologna. Chi parla così è in malafede”. Per altri attivisti presenti si tratta di “una deriva preoccupante, un precedente pericoloso, cosa ci distingue così dagli altri partiti? Trasparenza e partecipazione sono sempre stati i nostri principi, come dice Di Battista. Se deroghi anche una singola regola, diventi come il Pd”. Nella lista Bugani configurano candidature ritenute impresentabili come quella di Dario Pattacini, ex conduttore televisivo, coinvolto nella vicenda delle interviste a pagamento e nel 2009 candidato per l’Idv. “Non mi basta una risposta dal salotto di Vespa o da un altro studio televisivo“, afferma un attivista che dice: “Voglio incontrare i miei portavoce e discutere con loro della vicenda, la loro assenza qui oggi è grave”. “Un viaggio da Bologna a Roma, chilometri percorsi ma nessuno ha voluto dedicarci due minuti. Forse questa vicenda fa paura”, ammette Giorgio Paglieri
Irene Buschemi



Bel regalo a 5 Stelle sotto l'albero di Natale

Il TAR del Lazio si è pronunciato. E sembra proprio aver fatto un regalo a tutti i cittadini coinvolti, a loro dire ingiustamente, nel pagamento della cosiddetta IMU agricola. Solita devastante invenzione vessatoria del Governo in carica incapace di rispettare nemmeno i più noti ed importanti articoli della nostra Carta Costituzionale. Forse per questo stanno, dall'inizio della legislatura, abbattendola e smantellandola insieme ai peggiori rappresentanti dei cittadini mai eletti nella storia della nostra Repubblica.
Secondo il TAR vi potrebbe essere la violazione dell'articolo 23 della Costituzione secondo cui nessuna prestazione patrimoniale o personale possa essere imposta se non in base alla Legge. Il ricorso accolto dal TAR del Lazio, presentato dal Movimento 5 Stelle insieme a produttori ed enti coinvolti, certifica come l'uso fatto della classificazione ISTAT sul cosiddetto grado di montanità sia illegittimo (la classificazione dei comuni in montani, parzialmente montani e non montani).
Quindi adesso la decisione finale passerà alla Corte Costituzionale, avete capito bene. Sarà l'Alta Corte a decidere se, per l'ennesima volta, una legge prodotta da questo povero Governo sia incostituzionale. 
"L'ammissibilità del ricorso secondo i giudici amministrativi, potrebbe essere il primo passo verso l'incostituzionalità” chiosa il Portavoce in Parlamento dei Cittadini a 5 Stelle Massimiliano Bernini. Il Movimento 5 Stelle lo scorso giugno oltre alla presentazione del ricorso al TAR ha presentato alla Camera una pregiudiziale di incostituzionalità.
Continua Bernini: ".... la tassazione sulla terra voluta dal Governo Renzi si avvia ad una clamorosa bocciatura" ed invita "a chiedere scusa a tutti coloro che hanno già pagato l'Imu agricola, ed a risarcirli immediatamente, visto che i criteri di applicazione dell'imposta non tengono minimamente conto della capacità contributiva e della progressività, come esige la Costituzione e come è stato giustamente riaffermato dal Tar del Lazio".
Anche i comuni coinvolti nel ricorso vinto (insieme all'ANCI Lazio) manifestano la loro soddisfazione e rincarano la dose sostenendo come questa ulteriore tassa non rischi solo di essere incostituzionale ma sia anche iniqua e di difficile comprensione ed applicazione.
Prende posizione anche Elena Fattori, altra Portavoce a 5 Stelle, membro della Commissione Agricoltura e produzione alimentare e della Commissione permanente delle Politiche dell'Unione Europea, sottolineando, come da anni sostiene il Movimento 5 Stelle, che "la Terra non si tassa" e considera una importante vittoria questa sentenza del TAR con annessa la possibilità di inoltrare richiesta di rimborso per chi l'ha già pagata.
Attenzione però alle possibili brutte sorprese nascoste nella legge di stabilità 2016.
Speriamo che questo insperato “Regalo di Natale” non si trasformi in una cocente delusione per la “Befana”. Carbone immeritato. Tipico regalo che in passato tanti italiani hanno già ricevuto da questo Governo. 
Questo Governo, purtroppo, ci ha abituato a cose anche peggiori. Quindi occhi aperti, scartiamo gli altri regali e godiamoci, per ora, le nostre meritate Feste.
Auguriamoci anche un 2016 migliore dell'anno che sta finendo. Sembra impossibile che i nostri governanti possano fare peggio. 
Oppure no?!


giovedì 24 dicembre 2015

L'intervista del Corriere a Gianroberto Casaleggio

Gli ultimi sondaggi vi accreditano quasi al 30%, a soli due punti dal Pd. Pensa sia uno scenario verosimile? Cosa comporta?
«Che gli italiani cominciano ad accreditarci come forza di governo nonostante le falsità dell’informazione e la barriera messa in atto dai partiti in ogni forma possibile».
Di Maio sempre secondo gli stessi dati gode di una fiducia molto alta. Grillo una volta ha detto che le somiglia: lei si rivede in lui? 
«Un po’ sì, ma alla sua età mi occupavo di altro. Facevo il progettista software all’Olivetti di Ivrea».
In questi giorni è mancata Laura Olivetti, figlia di Adriano. Lei ha lavorato nella sua impresa per molti anni. Che cosa le ha lasciato quella esperienza?
«Ho conosciuto personalmente Laura Olivetti e sono molto dispiaciuto della sua scomparsa. Adriano Olivetti metteva la persona prima dell’impresa, la sua idea di comunità ricorda un po’ la nostra filosofia. In un certo senso siamo figli di Adriano».
In primavera si va al voto. Roma, per chiunque vinca, potrebbe essere un problema da amministrare e un boomerang in vista delle prossime Politiche. Voi avete paura di vincere? 
«Noi vogliamo vincere. Roma è una tappa obbligata prima del governo. Un banco di prova. Se avessimo paura di governare Roma non potremmo neppure pensare di voler governare il Paese».
Quali sono le priorità per il rilancio dell’Italia? 
«Innovazione, istruzione, eliminazione della corruzione, diminuzione del livello di tassazione contemporaneamente a una seria lotta all’evasione, etica».
Avete oltre 230 potenziali candidati a sindaco di Roma: che profilo auspicherebbe? Se sarà un volto poco noto non teme possa avere dei problemi a confrontarsi con chi mastica politica da anni? 
«Una competizione elettorale non può essere ricondotta a degli spot o a chi “mastica” politica. Il nostro punto fermo è il programma. Siamo partiti dai municipi di Roma per raccogliere le candidature che sono state spontanee e che stiamo vagliando in questi giorni».
Come procederete? 
«Abbiamo identificato dieci aree di intervento per la città di Roma, la cui priorità sarà decisa con una votazione online. Sulle prime tre interverremo immediatamente dopo le elezioni. Da qui partiremo per un percorso di partecipazione, che si articolerà sia online sia con incontri in cui iscritti, comitati di quartiere, associazioni, organizzazioni attive sul sociale si confronteranno per poter avanzare proposte e priorità. Il candidato sindaco e la lista comunale saranno infine scelti online dagli iscritti di Roma».
Non solo Roma ma anche molte altre città importanti: quali sono le vostre ambizioni? Auspicate una svolta? 
«La svolta c’è già stata nel 2013 quando il M5S vinse le elezioni, poi sappiamo come è andata».
A Bologna c’è stata polemica... 
«Una polemica artificiosa. Comunque è un buon segno, significa che a Bologna ci temono».
Al Nord il Movimento presenta nuovi volti - bocconiani, pragmatici, vicini alle imprese - sta puntando senza snaturarsi ad attrarre i moderati indecisi? 
«È probabile che si stiano avvicinando al M5S persone con profili sociali diversi rispetto all’inizio, ma non sono frutto di una scelta calata dall’alto».
Cosa pensa dell’accordo sulla Consulta? 
«Credo che alla fine possa essere considerato un buon accordo, frutto di un confronto da parte nostra chiaro e trasparente con le altre forze politiche».
Pensa si possa replicare per altri temi? 
«Ogni volta che viene fatta una proposta che riteniamo corretta per il Paese noi la voteremo. Ogni volta che una proposta parte del nostro programma verrà presentata in Parlamento noi la voteremo. Bisogna ricordare però che a causa di una legge elettorale incostituzionale, noi siamo minoranza».
Lei da sempre sostiene la partecipazione del web. Per la Consulta, come per la Rai, non siete riusciti a esprimervi. I militanti si sono divisi: pensate a un correttivo? 
«Ci sono situazioni, come la Consulta e la Rai, che richiedono decisioni continue e veloci, per ora ancora impraticabili con il web. In ogni caso il gruppo parlamentare ha discusso e approvato le scelte a maggioranza».
Negli ultimi mesi voi vi siete spesi molto per il reddito di cittadinanza. La vostra proposta però è arenata: cosa farete adesso?
«Il reddito di cittadinanza è il primo punto del nostro programma per le elezioni politiche, sono due anni che cerchiamo di farlo approvare, ma siamo ostacolati in ogni modo. È presente in tutti i Paesi europei tranne che in Grecia e in Italia, la stessa Ue ne ha chiesto l’introduzione nel nostro Paese».
Si è discusso molto dei Comuni amministrati dal Movimento. A Livorno sono stati espulsi tre consiglieri e la maggioranza ora ha numeri risicati: c’erano altre soluzioni a suo avviso? La giunta Nogarin riuscirà ad andare avanti? 
«La strategia del Pd è dimostrare che i Comuni amministrati da noi non funzionano perché in questo caso il M5S non sarebbe neppure affidabile per governare il Paese. Nel caso di Livorno i problemi non ci sono. Sta di fatto che quando vinciamo ci troviamo quasi sempre i conti dissestati dalle precedenti amministrazioni e per prima cosa dobbiamo metterli in ordine, come stiamo facendo ovunque. La situazione di Livorno è legata a una municipalizzata con un buco di 42 milioni di euro. Chi governava Livorno prima di noi?».
Dopo l’addio di Grillo dal simbolo, ci saranno altre novità formali o organizzative nel 2016? 
«Non credo, anche se il Movimento cresce molto velocemente e questo comporterà una maggiore cura organizzativa».
Negli ultimi giorni ci sono state polemiche per il suo libro «Veni Vidi Web»...
«Il libro riprende alcuni capitoli pubblicati anni fa su libri che non sono più in commercio, più qualche contributo recente tratto dal blog».
Lei però parla di ipermercati rasi al suolo, di rieducazione forzata, di gogna pubblica, di stop alla caccia, di chiusura per parrucchieri e macellerie, di ministeri della Pace: sono provocazioni? 
«Quelle che lei cita sono provocazioni e non un programma di governo. Però chi non vorrebbe un Ministero della Pace? Internet non è una panacea per tutti i mali che affliggono la società però bisogna prendere atto che cambia la realtà e gestire il cambiamento piuttosto che subirlo».
Emanuele Buzzi, dal Corriere della Sera

Quarto, la camorra infiltra anche il M5s: “Consigliere grillino ricattava il sindaco”

Giovanni De Robbio
Indagato il più votato del Comune campano: "Voto di scambio e tentata estorsione con metodo mafioso". Secondo i pm voleva favorire un imprenditore vicino a clan. Il Movimento: "Avviato iter per espulsione"
Ci sarebbe una storia di ricatti e di camorra tutta interna al Movimento 5 Stelle dietro la fotografia del presunto abuso edilizio del sindaco di Quarto, Rosa Capuozzo, finita a novembre su tutti i giornali perché al centro di uno scontro politico nell’unica amministrazione grillina in Campania. Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, sotto il coordinamento del pm Henry John Woodcock, quella foto sarebbe stata utilizzata dal consigliere comunale M5s, Giovanni De Robbio, il più votato all’ultima tornata amministrativa, per minac-ciare il sindaco del suo stesso partito.
De Robbio, già sospeso dal M5s dieci giorni fa, era in possesso di quella “aerofotogrammetria” (forse la stessa infilata nei dossier anonimi finiti anche ai media) e l’avrebbe utilizzata con modalità inquietanti per provare a costringere la Capuozzo ad affidare, tra l’altro, il campo sportivo di Quarto ad Alfonso Cesarano, un “grande elettore” del consigliere. Cesarano, gestore di fatto di un’impresa di pompe funebri, sarebbe esponente di una famiglia legata al clan Polverino. De Robbio avrebbe promesso a Cesarano anche un intervento per nominare un assessore con delega al Cimitero e all’Urbanistica in grado di favorirlo nei suoi affari. E’ tutto scritto nelle 11 pagine del decreto di perquisizione eseguito dai carabinieri di Pozzuoli e di Quarto nei confronti di De Robbio e di altre due persone, indagate in un’inchiesta sul voto di scambio politico mafioso che lambisce il clan dominante in un Comune sciolto pochi anni fa per camorra.
I tre “avvertimenti” del consigliere al sindaco
De Robbio è anche indagato in concorso con un geometra, Giulio Intemerato, di tentata estorsione al sindaco con l’aggravante del metodo mafioso. Secondo la ricostruzione dell’accusa, fondata su intercettazioni telefoniche, su alcune testimonianze ancora coperte dal segreto e su due lunghe deposizioni in Procura della Capuozzo, sentita il 21 e il 22 dicembre, il consigliere grillino ha avvicinato il sindaco in tre diverse occasioni – a casa, nell’ufficio del municipio e durante un consiglio comunale di novembre – esibendole l’aerofotogrammetria della casa-studio di famiglia, sottolineando l’esistenza di un “problema di abuso edilizio” e invitandola “contestualmente ed in modo allusivo – scrive il pm, che poi cita parole del sindaco – a ‘stare tranquilla, perché dovevo essere meno aggressiva, non dovevo scalciare, dovevo essere più tranquilla con il territorio’”.
Gli obiettivi: “Gestione del campo sportivo e le nomine di assessori e capi-settore”
In una di queste occasioni, il consigliere si sarebbe presentato con il geometra Intemerato, indicato come persona che custodiva quella foto nella sua cassaforte, e proponendolo come consulente esterno dell’amministrazione comunale nella gestione dei condoni edilizi. In consiglio, poi, De Robbio avrebbe di nuovo preso da parte la Capuozzo per dirle “a quattr’occhi” che sarebbe stato in grado di intervenire su un altro geometra per indurlo a dichiarare il falso riguardo un vecchio sopralluogo nell’abitazione del sindaco. L’obiettivo dell’esponente grillino sarebbe stato quello di condizionare e tenere sotto scacco la Capuozzo per indurla ad affidare la gestione del campo sportivo di Quarto a Cesarano, e provare a intervenire nelle nomine degli assessori e dei capi settore del municipio.
Le intercettazioni: “Adesso portiamo anche le vecchie a votare. La X sul M5s è la cosa fondamentale”
De Robbio inoltre avrebbe promesso a un ex esponente del Pd, Mario Ferro (indagato), l’as-sunzione del figlio nel cimitero comunale in cambio di sostegno elettorale. Una intercettazione del primo giugno 2015, a urne del primo turno da poco chiuse, registra Giacomo Cesarano, figlio di Alfonso Cesarano, quasi esultare con tale Biagio G. per il successo di De Robbio: “Ha chiamato Mario Ferro e me l’ha detto… (De Robbio, ndr) ha preso 927 voti… ci siamo messi con chi vince capito, quella è stata la cosa importante… votiamo a questo, a quello, ma per fare cosa dopo? Per prenderlo nel culo? … Mario Ferro non sta con quelli di Cinque Stelle… Mario Ferro stava con il Pd però… questo De Robbio noi abbiamo fatto l’accordo con lui è capito… Ci siamo seduti al tavolo, papà (Alfonso Cesarano), Mario Ferro, De Robbio si sono seduti hanno parlato hanno chiacchierato, hanno concordato diciamo delle cose loro, hanno parlato di tutte le cose e noi gli abbiamo detto che gli avremmo dato una mano… Hai capito? Non ti preoccupare ti diamo noi una mano a vedere i voti che devi avere…”. Ma c’era ancora un ballottaggio da affrontare e Cesarano jr disse all’amico che bisognava fare l’ultimo sforzo: “Fra di Criscio e il M5S… adesso si deve portare chiunque a votare, chiunque esso sia, anche le vecchie di ottanta anni si devono portare là sopra e devono mettere la X sul M5S che è la cosa fondamentale…”.
Il M5s: “Già avviata la procedura di espulsione”
Il M5s ha già avviato la procedura di espulsione: “Nella lettera inviata a Del Robbio – si legge in una nota – sottolineavamo che il suo comportamento ha violato in modo grave, ripetuto e sostanziale gli obblighi assunti all’atto di accettazione della candidatura, ed i principi fondamentali di comportamento degli eletti del Movimento. Siamo lieti di vedere la piena efficacia dei nostri anticorpi ed inoltre auspichiamo che la magistratura faccia piena luce su questa vicenda che ci vede parte offesa e che siano individuati tutti i responsabili”.
Fonte

Boschi, non c’è conflitto: grazie alla legge di Berlusconi

Maria Elena Boschi si è mossa in conflitto di interessi sul caso Banca Etruria? Il deputato del Movimento Cinque Stelle Alessandro Di Battista ha chiesto informazioni ieri, l’Antitrust sta rispondendo oggi. La risposta è no. Ma solo grazie al dispositivo della legge Frattini, voluta da Berlusconi per sterilizzare il proprio conflitto di interessi. Boschi, infatti, ha potuto giovare del meccanismo dell’uscita dalla stanza che consente, secondo la Frattini, di non influenzare le decisioni. E comunque con qualche dettaglio che può creare comunque imbarazzo al ministro delle Riforme.
L’Autorità guidata da Giovanni Pitruzzella deve pronunciarsi sulla base della legge Frattini del 2004. Che fu fatta dal governo Berlusconi, quindi non certo particolarmente stringente.
L’articolo 3 della Legge Frattini stabilisce che c’è conflitto di interessi in capo a una carica di governo quando il titolare di una carica di governo partecipa a un atto o omette un atto che ha “Un’incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del titolare (cioè del ministro, ndr) del coniuge, o dei parenti entro il secondo grado” e, secondo requisito, “con danno per l’interesse pubblico”.
Gli atti a cui ha partecipato la Boschi hanno queste caratteristiche. Il decreto 180 del 16 novembre, quello che recepisce la normativa europea sul bail-in, in particolare l’articolo 35 comma 3 che stabilisce l’esercizio dell’azione di responsabilità . Se c’è un danno, è il commissario speciale della Banca d’Italia che deve attivarsi per chiedere risarcimento. In questi giorni si è parlato di uno “scudo” per il padre della Boschi, Pier Luigi, quando era vicepresidente della Popolare dell’Etruria, anche se la norma è sostanzialmente identica a quella del testo unico bancario relativa alle banche in liquidazione coatta amministrativa.
Sotto il primo profilo, quello dell’incidenza specifica e preferenziale, si limita a specificare e regolare le modalità in cui si fanno valere le responsabilità verso gli organi amministrativi e di controllo. Quanto al requisito del danno, sempre ai sensi dell’art. 5 del regolamento attuativo della legge Frattini, l’atto deve essere idoneo “ad alterare il corretto funzionamento del mercato”. Questa circostanza, secondo gli uffici dell’Antitrust, non si riscontra nel caso specifico.
Il primo provvedimento sensibile è quello del gennaio 2015: la riforma delle banche popolari (misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti) che diventano società per azioni. L’Antitrust, sulla base delle informazioni trasmesse dalla presidenza del Consiglio dei ministri, ha verificato che la Boschi non era presente alla riunione del 20 gennaio, dove è stato deciso il decreto pubblicato sulla gazzetta ufficiale quattro giorni dopo.
Se palazzo Chigi ha detto la verità su quel Consiglio non spetta all’Antitrust stabilirlo.
Per quanto riguarda il decreto del 22 novembre, il famigerato decreto salva Banche, in base alle informazioni fornite dal segretario generale della presidenza del Consiglio, la Boschi non ha partecipato.
Poi c’è il decreto 180 del 16 novembre, quello che recepisce nell’ordinamento italiano le norme europee sul bail-in. Il 10 settembre c’è una prima seduta del Consiglio dei ministri dove viene approvato lo schema preliminare del decreto legislativo da inviare alle commissioni parlamentari. A questa riunione, la Boschi risultava presente.
Non ha partecipato invece alle sedute successive del 6 novembre e del 13 novembre in cui il provvedimento legislativo fu prima esaminato nel merito e poi approvato in via definitiva. In base allo spirito della legge Frattini, partecipare è il primo requisito per poter influire sulle decisioni e quindi manifestare il conflitto di interesse.

Di Battista ha chiesto anche se la Boschi, quando fu nominata ministro, compilò le dichiarazioni sul suo patrimonio e dei famigliari: sono arrivate all’Antitrust nei tempi previsti il 21 maggio 2015, dopo richiesta del 3 aprile 2015. Ma qui c’è un dettaglio rilevante: nella comunicazione all’Antitrust la Boschi non comunicò il possesso delle azioni di Banca Etruria.

mercoledì 23 dicembre 2015

#5GIORNIA5STELLE DEL 23 DICEMBRE 2015

“Il Presidente della Repubblica ha ricevuto Visco, Presidente della Banca d’Italia, e non ha neanche risposto ai risparmiatori truffati”. E’ la drammatica denuncia di Elio Lannutti di Adusbef, questa settimana ancora in piazza insieme ai clienti delle banche “salvate" e al M5S: siamo noi, dice Carla Ruocco, quella parte della politica sempre accanto alle vittime e che non si arrenderà. Alessandro Di Battista spiega alle persone che il M5S ha le soluzioni per risarcire i truffati. Vogliamo anche che i responsabili paghino, non devono restare impuniti!
Al Senato arriva la legge di stabilità, e Giarrusso denuncia come si tratti della solita mangiatoia per pochi che devasta la scuola, la sanità, il lavoro, e finanzia solo le guerre.

Dall’Europa, Fabio Massimo Castaldo racconta che siamo alle solite: Renzi a Roma tuona contro le sanzioni alla Russia, poi va a Bruxelles e si tira indietro. Anche Manlio Di Stefano, alla Camera, denuncia come tali sanzioni risultino in un vero disastro economico per il nostro Paese.


Sempre da Bruxelles, Piernicola Pedicini spiega come gli accordi COP21 sull’ambiente rappresentino solo un passo indietro, a causa delle “correzioni” operate sulla direttiva dal Consiglio Ambiente della Commissione. Indifferente alle migliaia di morti per inquinamento.


Intanto, il M5S non dimentica la questione TTIP. Cosa c’è dietro?, si chiede Riccardo Fraccaro che insieme ai portavoce Sergio Battelli e Paolo Parentela si è recato alla Farnesina dove dovrebbe essere consultabile il segretissimo accordo che inciderà pesantemente sulla nostra economia e la nostra vita. Ma a disposizione non c’è ancora nulla: per questo il M5S ha avviato un mailbombing al Commissario UE Cecilia Malmstrom. Partecipate tutti, firmate QUI!

Mentre i risparmiatori vengono derubati a suon di decreti, i cittadini sono poi incoraggiati a giocarsi quel che resta a lotterie, azzardo e gratta e vinci. Giovanni Endrizzi, al Senato, continua la battaglia M5S contro la pubblicità ai giochi, un business che porta solo sofferenza. 

Per finire, ricordate lo scandalo Volkswagen? Noi sì: Eleonora Evi da Bruxelles ci racconta che il M5S farà parte della nuova Commissione di Inchiesta istituita dal Parlamento Europeo che dovrà vederci chiaro. Vi faremo sapere tutto come sempre.



5giornia5stelle va in onda anche su TeleAmbiente - visibile sul canale 78 del digitale terrestre a Roma, Pescara e Perugia e sul canale 218 a Milano - a questi orari: Lunedì 15:30, Martedì 03:30 - 9:30, Mercoledì 12:40 - 9:30, Giovedì 03:00 - 13:30, Venerdì 21:50, Sabato 20:00, Domenica 18:10


martedì 22 dicembre 2015

Salva-banche: il decreto vergogna spiegato in pochi minuti




Governo #Renzi vs #rinnovabili. Il #M5S segnala a Commissione Europea la nuova bolletta elettrica

Otre a far pagare di più solo coloro che consumano di meno, la “riforma” della bolletta varata il 2 dicembre dall’Autorità per l’Energia é in rotta di collisione con le direttive europee su energie rinnovabili ed efficienza energetica. Con una lettera, lo abbiamo segnalato la scorsa settimana al commissario europeo ad Energia e Clima, Miguel Arias Cañete. Insieme a noi, hanno firmato la lettera altri tre esponenti del M5S: l’eurodeputato David Borrelli ed i senatori Gianni Girotto e Gianluca Castaldi. La notizia é stata ripresa dall’agenzia Ansa (foto) e dai portali  Quale Energia e Libero24x7.
Con le nuove regole, la quasi totalità degli oneri relativi al funzionamento della rete elettrica non é più proporzionale alla quantità di energia consumata: é spostata nella quota fissa che, insieme alle tasse, costituisce circa la metà della bolletta.
Ne derivano tre conseguenze:
  1. si producono rincari iniqui, dato che essi colpiscono esclusivamente le famiglie con bassi consumi;
  2. i risparmi di coloro che hanno investito nell’efficienza energetica risultano praticamente azzerati;
  3. chi utilizza energia autoprodotta da fonti rinnovabili paga oneri praticamente uguali a quelli di chi invece preleva tutta l’energia elettrica dalla rete.

La segnalazione riguarda anche la decisione dell’Autorità per l’Energia di vietare la costruzione di “SDC”, i sistemi di distribuzione chiusi dell’energia elettrica negli edifici non residenziali. Un “SDC” éindispensabile per permettere che più utenti (ad esempio, i negozi di un centro commerciale) utilizzino l’energia rinnovabile prodotta da un unico impianto, come i pannelli solari situati sul tetto. Una direttiva UE invece chiede espressamente che nei nuovi edifici venga utilizzata energia rinnovabile prodotta sul posto.
Con questi due provvedimenti, l’Autorità per l’Energia, sostenuta dal governo Renzi, mira a garantire i profitti dei grandi distributori di energia (fra cui spicca l’Enel) grazie ai rincari che colpiscono in generale i piccoli consumatori e in particolare coloro che attingono poca energia dalla rete elettrica.Un Robin Hood al contrario. Ora ci aspettiamo che la Commissione Europea prenda i provvedimenti del caso. Come sempre terremo il fiato sul collo alle istituzioni e vi terremo informati.