VIDEO 5 GIORNI A 5 STELLE

DI BATTISTA - 11.05.2016 OTTOEMEZZO

11.05.2016 - ALFONSO BONAFEDE (M5S) Unioni civili: tutta la verità in faccia al governo

mercoledì 30 settembre 2015

Renzi: “Il reddito di cittadinanza? Non serve all’Italia. La nostra priorità è quella di creare lavoro”.

Il “mentitore seriale” torna sul tema del salario minimo dopo i vari solleciti del Movimento 5 Stelle e lo boccia definitivamente. Il reddito di cittadinanza non serve all’Italia. All’Italia serve creare posti di lavoro.
Non c’è nulla da fare. Il Presidente del Consiglio non eletto dal popolo continua ancora a sparare minchiate a raffica: ma come, il 30 marzo del 2014 non ha dichiarato che “nel disegno di legge delega sulla riforma del lavoro ci sarebbe stato anche il salario minimo”? Come mai ora dice che all’Italia il salario minimo non serve più?
Io credo che l’"ebetino fiorentino" non sa cosa vuol dire perdere il lavoro a 50 o a 60 anni… Non sa cosa si prova dopo 40 anni di lavoro a rovistare in un secchio della spazzatura. Ci sono anziani che lo fanno, pensionati minimi che non hanno altra strada per poter rimediare un pasto. I soldi, quei maledetti 400 euro al mese, non bastano a nulla. La luce costa, il gas è caro. Anche mangiando solo pane, pasta e frutta non ce la fanno. E allora scendono di casa di mattina presto e cercano qualche scatoletta ancora piena. Prima la annusano però, sperando che non sia andata a male. Ha mai pensato che questo accade ogni giorno?
Di storie così ce ne sono molte. L’unica soluzione è dare un reddito di dignità a chi ormai pensa che la vita sia un incubo. Il reddito di cittadinanza serve a dare sostegno a queste persone. I soldi ci sono. I centri per l’impiego sono stati riformati per poter dare formazione e poi offrire un lavoro. I furbi non avranno vita facile.

Il reddito di cittadinanza è una manovra economica. Rilancia i consumi, sostiene le imprese e crea posti di lavoro, riducendone anche la povertà. La povertà va messa fuorilegge.
Fabio

E' iniziata la campagna elettorale per la Sicilia. Si aprono le danze. Il PD pronto ai voti di scambio

L’Anagrafe delle opere incompiute di interesse nazionale indica che sono quasi 1000 le opere pubbliche incomplete in Italia. Nel 2013 erano 692 e nel 2014 sono salite a 868. I dati non forniscono un quadro completo della Regione Sicilia, dove le opere incompiute sono 215 e dove ci sono strade che crollano, ponti che si sbriciolano, e treni regionali inesistenti.
Ogni volta che piove Genova va sotto il fango. La Calabria si sta ancora leccando le ferite dell'ultima alluvione. Le scuole cadono a pezzi. I trasporti su ferrovia del nostro paese sono i peggiori d'Europa. Le imprese che vantano debiti dallo Stato e dalle Regioni ancora stanno aspettano che gli vengano pagati i beni e i servizi svolti senza ricevere nessun compenso. I soffitti delle metropolitane cadono in testa ai passeggeri. Invece di impegnarsi a mettere in sicurezza la Salerno Reggio Calabria e ad ammodernare il sistema viario calabrese, preferisce assecondare il ministro dell’Interno, Alfano, e il suo partito, l’Ncd, sponsor di questa opera inutile per lo sviluppo del mezzogiorno.
La rete stradale italiana è un colabrodo e il governo cosa fa? Pensa a fare il Ponte sullo Stretto. È incredibile come la mente umana possa giungere a partorire simili scemenze. Da quando loro sono al governo non hanno mai pensato a fare una legge a favore dei cittadini ma a come rendergli la vita ancora più difficile. Dopo il giocattolo volante di Renzi ora il giocattolo per traditore voltagabbana Alfano. Spero che non se ne faccia nulla e che il denaro sia destinato realmente al bene dei cittadini.
L’Anagrafe delle opere incompiute di interesse nazionale indica che sono quasi 1000 le opere pubbliche incomplete in Italia. Nel 2013 erano 692 e nel 2014 sono salite a 868. I dati non forniscono un quadro completo della Regione Sicilia, dove le opere incompiute sono 215 e dove ci sono strade che crollano, ponti che si sbriciolano, e treni regionali inesistenti.
Ogni volta che piove, Genova va sotto il fango. La Calabria si sta ancora leccando le ferite dell'ultima alluvione. Le scuole cadono a pezzi. I trasporti su ferrovia del nostro paese sono i peggiori d'Europa. Le imprese che vantano debiti dallo Stato e dalle Regioni ancora stanno aspettano che gli vengano pagati i beni e i servizi svolti senza ricevere nessun compenso. I soffitti delle metropolitane cadono in testa ai passeggeri. Invece di impegnarsi a mettere in sicurezza la Salerno-Reggio Calabria e ad ammodernare il sistema viario calabrese, preferisce assecondare il ministro dell’Interno, Alfano, e il suo partito, l’Ncd, sponsor di questa opera inutile per lo sviluppo del mezzogiorno. È incredibile come la mente umana possa giungere a partorire simili scemenze. Da quando loro sono al governo non hanno mai pensato a fare una legge a favore dei cittadini ma a come rendergli la vita ancora più difficile. Dopo il giocattolo volante di Renzi ora il giocattolo per traditore cambia casacca Alfano. Spero che non se ne faccia nulla e che il denaro sia destinato realmente al bene dei cittadini (ma non credo che andrà a finire come tutti noi auspichiamo).
Fabio

martedì 29 settembre 2015

Veleni - Il nostro Paese importa 155 mila tonnellate di concentrato, 122 mila arrivano dalla potenza asiatica

Pomodori cinesi in Italia Marci e pieni di pesticidi


Giallo pomodoro. Ecco il paradosso: siamo tra i primi tre produttori mondiali - dietro agli Usa e in lotta con la Cina - ma importiamo centinaia di migliaia di tonnellate proprio dal rivale asiatico. Pomodori concentrati, trattati con pesticidi, perfino scaduti. Arrivano in Italia, vengono lavorati e finiscono a tavola e nei supermercati con l’etichetta Made in Italy. “I primi responsabili della contraffazione dei nostri prodotti più pregiati siamo noi italiani”, sostiene Gian Maria Fara, presidente di Eurispes e autore del rapporto nazionale sulle Agromafie con Gian Carlo Caselli. Dalla prima edizione, tre anni fa, punta il dito sui pomodori taroccati. Una crociata condotta anche da Coldiretti. Ultime a parlarne Le Iene in un’inchiesta di Nadia Toffa che è arrivata nelle fabbriche cinesi dove nascono i pomodori “italiani”. Ma per qualche furbo che si arricchisce in molti ci rimettono. I lavoratori delle fabbriche lager cinesi. Poi il marchio italiano, che vede i prodotti dop contaminati da pomodori di bassa qualità. Infine i consumatori, che si mangiano cibi di provenienza ignota.
Ortaggi d’importazione tagliati con quelli italiani
“I pomodori cinesi talvolta risultano prodotti in colonie penali dove i contadini lavorano in condizioni disumane. Sono quasi dei lager”, spiegano Caselli e Fara. Nessuno, però, in Italia sembra curarsene troppo. Così il nostro Paese si ritrova a essere esportatore e importatore di pomodori. Ci sono 105 mila tonnellate l’anno di prodotto fresco o refrigerato che arrivano da Israele e Marocco. Ma questo non è il pericolo. Il guaio sono le 155 mila tonnellate di concentrato di pomodoro. Di queste 120 mila sono cinesi. “Il concentrato sono pomodori privati dell’acqua, più leggeri e meno costosi da trasportare”, spiega Lorenzo Bazana, responsabile del settore Ortofrutta di Coldiretti. Come accade con la droga, in Italia ci sono produttori che usano “tagliare” i pomodori tricolori con quelli cinesi. “Così si vince la concorrenza ”, racconta Coldiretti. La grandissima maggioranza – il 98%, secondo il rapporto sulle agromafie – finisce in provincia di Salerno. Qui vengono lavorati. Basta questo per poter poi mettere sulla confezione l’etichetta: Made in Italy. “Per la gioia delle mafie che si infilano in tutti i passaggi della filiera agroalimentare: produzione, trasformazione e lavorazione, trasporto e distribuzione”, spiega Fara. Quando il prodotto è finito, eccolo pronto per il commercio.

Ed ecco il secondo paradosso: il 71% del pomodoro cinese targato Italia, torna all’estero. Spesso proprio in Cina, dove viene spacciato per un’eccellenza tricolore (insomma, uno scaricabarile tra italiani e cinesi a chi frega meglio). Ma tocca anche a tedeschi, inglesi. E a noi italiani: il 29% finisce sulle nostre tavole. Con parecchie incognite: “In Europa sono state bandite centinaia di sostanze pesticide tossiche. Molte, non tutte, sono vietate anche in America. Mentre in Cina spesso sono usate”, sostiene Bazana. Non basta: “A volte per produrre il concentrato si utilizzano anche pomodori scaduti. Costano meno a chi compra e aiutano i produttori a liberarsi di merce inutile”. In pratica chi crede di mangiare una deliziosa polpa di pomodori italiani rischia di mettersi in pancia della roba scaduta o mezza tossica. Come evitarlo? E quali sono i prodotti a rischio?

Impossibile risalire alla filiera produttiva

“Difficile che gli ortaggi cinesi si nascondano nelle confezioni con i prodotti dove è scritto “100% di pomodori italiani”. Chi lo scrive se ne assume la responsabilità e deve sottostare a rigidi controlli”, spiega Bazana. Aggiunge: “Più il prodotto è lavorato e maggiori sono i rischi che sia tagliato. Pomodori a pezzettoni e pelati dovrebbero essere garantiti, c’è forse il rischio che siano allungati con liquido ricavato da concentrato cinese”. Difficile ricostruire invece la provenienza dei sughi, dei prodotti da pizza, dei succhi, dei pomodori contenuti nelle salse o nei prodotti surgelati. Ecco il punto: le leggi non prevedono che sia indicata la provenienza dei singoli ingredienti. “Sarebbe un bel contributo alla trasparenza”, chiede da sempre Coldiretti. Ma i controlli? “Quelli italiani sono tra i più stringenti. Ma non si possono adottare regole severe solo in Italia, si finirebbe per danneggiare i nostri porti dove arriva la merce”. Servirebbero regole comuni. Ma non solo per i pomodori.

Stop finanziamenti ai giornali, salta dialogo M5S-Pd



L’obiettivo era quello di unificare le diverse proposte sull’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria: ma ieri, a Montecitorio, la riforma è partita decisamente male. Da una parte i Cinque Stelle, firmatari di uno dei testi. Dall’altra il Pd, a sua volta, titolare di una proposta in materia. Sostiene il cinque stelle Giuseppe Brescia che la comunicazione è impossibile: “Abbiamo analizzato la loro proposta ed è incompatibile con la nostra: noi vogliamo abolire il finanziamento pubblico all’editoria, loro lo vogliono mantenere e cambiano solo il nome del fondo”. Dal canto loro, i democratici, spiegano di aver “detto in modo trasparente che siamo a favore di una profonda revisione del sistema di sostegno pubblico all’editoria che si fonda sulle copie vendute, che è parziale e riguarda non i grandi editori ma le centinaia di piccole testate locali. Loro - dice il Pd Roberto Rampi - si oppongono a questa visione, anche se ci è parso nel dialogo in Commissione che ci fossero spiragli”. Il governo al momento non ha preso posizioni: “Ci rimetteremo al volere dell’Aula”, ha detto la sottosegretaria alle Riforme, Sesa Amici.

lunedì 28 settembre 2015

Le Iene svelano i segreti del concentrato di pomodoro cinese venduto in Italia

Le Iene tornano con un servizio sul Made in Italy realizzato dalla giornalista Nadia Toffa. Protagonisti i pomodori.
Meglio: la pasta di pomodoro cinese che viene importata in Italia e che viene venduta come nostrana senza problemi grazie a leggi facilmente aggirabili che permetterebbero a barattoli con quantitativi di pesticidi troppo alti di entrare facilmente nel nostro Paese.
Non tutti, a quanto pare, hanno preso esempio da Mutti, che ha scoperto come stanare il concentrato cinese nei barattoli italiani.
In poche parole, spiega Toffa, per diventare Made in Italy basta che “la lavorazione sostanziale” sia fatta in Italia. “Che sostanzialmente non significa nulla“, aggiunge la Iena.
Nel video la giornalista si finge una cliente in cerca di affari e tratta con tre “businessman”.
Il primo parla di Black Ink, tomato paste andata a male che viene mescolata con altro concentrato di pomodoro e venduto.
Il secondo non la porta a vedere le stanze dove la sostanza viene fabbricata.
Il terzo non le dice nemmeno quali sono le altre aziende italiane con cui lavora.
Specifichiamo: ahinoi, i nomi delle aziende sono sempre censurati. Nel video si trovano pochi indizi: una ha uno stabilimento vicino Napoli, un’altra nel centro Italia.
Un’altra ancora vende pomodoro al ragu, al cui interno ci sono larve di mosche. Sì, avete letto bene.
Alla fine del servizio la Toffa invita il pubblico a firmare la petizione su Change.org, con destinatari il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina e quello dello Sviluppo Economico Federica Guidi: ”Visto che i controlli in dogana sono pochi e le leggi su metalli pesanti e fitofarmaci sono molto diverse tra i vari paesi del mondo, rischiamo di mangiarci una marea di schifezze senza neanche saperlo. Chiediamo che su TUTTI i prodotti alimentari inscatolati venga dichiarata la provenienza degli ingredienti, come si fa per l’olio extravergine di oliva e pochissimi altri alimenti inscatolati, per cui bisogna scrivere la provenienza: Italia, UE, extra UE. Poi sarà il consumatore a decidere. Vogliamo il VERO Made in Italy”.
Siete pronti per firmare anche voi? Clicca qui

Per motivi di copyright non è possibile inserire il video delle iene andato in onda ieri sera ma, per rendere l'idea ne allego un'altro disponibile anche su youtube.


Quelle strade e piazze mai riempite in Italia


In questi anni non so in quanti e quante volte ci è stata fatta la fatidica richiesta “Portateci in piazza! Occupiamo le strade, non se ne può più di queste ingiustizie e voi siete solo opposizione, il popolo italiano deve farsi sentire!”

Ragionamento che non fa una piega e si rafforza ogni volta che dall’America latina o dall’Europa dell’est o dalla vicina Spagna arrivano immagini di piazze, strade, intere città piene zeppe per giorni e giorni di manifestanti.
In Italia non è mai successo e a mio avviso non succederà, già il fatto stesso di chiedere a “qualcuno” di “portare la gente” per le strade a protestare è una evidente spiegazione del perché.
Eppure le manifestazioni ci sono, ripetutamente, quotidianamente, a Roma soprattutto ma non solo.
Il punto è che sono sempre SETTORIALI e CIRCOSCRITTE a un pericolo imminente.
Lo abbiamo visto con la riforma della scuola, insegnanti in protesta; sull’articolo 18, lavoratori in protesta; sulle unioni civili, comunità lgbt in protesta; tagli in sanità, i medici preparano mobilitazione, ecc… da una vita e chissà per quanto.
Si scende in piazza quando i propri personali diritti e interessi stanno per essere intaccati e si condivide l’allarme solo con chi ha quegli stessi diritti e interessi, tutti gli altri se ne fregano bellamente, oppure si limitano a espressioni di solidarietà davanti al tg oppure proprio non ne sanno nulla.
Ma non è cattiveria o egoismo, è che noi come popolo siamo cresciuti così, vuoi magari per la nostra frastagliata storia, vuoi per chissà quali altri motivi, non abbiamo la concezione di “comunità” che non significa aiutare la vecchina ad attraversare la strada o fare un regalo al figlio della tua vicina, ma riuscire a cogliere i sottili, molteplici e indistruttibili collegamenti che esistono fra di noi Persone, anche fra quelle che in apparenza non hanno proprio nulla in comune, manco il colore della pelle.
Al massimo ce ne accorgiamo dopo, tipicamente quando è troppo tardi, ma purtroppo ci ha toccati solo in quel momento.
Quante persone ci saranno, ad esempio, che hanno appena avuto un figlio e che nulla sanno della riforma della scuola perché giustamente il bambino ancora non ci va? Se ne accorgeranno purtroppo fra diversi anni quando ci sbatteranno la faccia, loro e il bambino. E quante persone ci saranno in piena salute che un medico nemmeno saprebbero riconoscerlo e che nulla sanno dei 208 esami che stanno per essere giudicati inutili e quindi al massimo te li paghi tu? Lo sapranno quando, chissà fra quanto tempo, avranno bisogno di una risonanza magnetica e il medico gli dirà che se gliela prescrive viene sanzionato, e quindi se la deve pagare lui se proprio vuole farla. E così via…
Gli italiani non è che sono pigri o non vogliono fare sentire la propria voce, è che devono vedere un motivo impellente, quasi di vita o di morte, e che soprattutto li tocchi palesemente in prima persona. Se è un pericolo che li tocca indirettamente, come in una catena in cui si passa da diversi anelli prima di raggiungere te, e se per giunta non è imminente ma magari a medio-lungo termine, addio rivoluzione, protesta, #tuttiacasa. La fanno solo quei primi anelli della catena direttamente interessati.
Peccato che in una società non importa quanti anelli debbano essere intaccati, prima o poi raggiungono inesorabilmente anche te e non puoi sfuggire in alcun modo.
Puoi dire e pensare tutto quello che vuoi, che non ti interessi di politica, che tanto non cambierà mai niente, che quel giorno eri impegnato, che hai cose da fare, che non hai tempo, che tieni famiglia, ecc… (tutte cose che condividono anche tutti gli altri eh!) ma alla fine di tutto a scuola i tuoi figli ci devono comunque andare, in città ti devi comunque spostare, in ospedale ti devono comunque curare, la spesa la devi comunque fare, l’aria la devi comunque respirare…
Se questi legami indissolubili tra la vita di una persona, delle altre persone e la nostra vita fossero lampanti, così come in realtà sono, non vedremmo sempre e solo infermieri che si battono per gli infermieri, omosessuali che si battono per omosessuali, disabili che si battono per disabili, genitori che si battono per i figli, ambientalisti che si battono per l’ambiente, nessuno che si batte per la Costituzione (pensate al paradosso: la Carta che ci unisce tutti come popolo, che ci dona la dignità e l’onore di stare e vivere insieme in un posto chiamato Italia è proprio quella per cui c’è sempre meno gente che scende in piazza…o che la conosce) o contro certi trattati europei (percepiti lontani come la luna ma che invece incidono pure su quello che mangiamo) ma vedremmo una comunità variegata ogni volta, che capisce il rischio per chi sta in prima linea che poi si propaga alla seconda linea, alla terza, …
Giustamente però, con questa modalità, non è che si può andare a protestare ogni santo giorno visto il governo assurdo che ci ritroviamo, ecco quindi che, forse, si occuperebbero le strade per giorni e giorni come sogniamo di vedere ogni volta che lo fanno in altri Paesi. Senza bisogno di chiedere a terzi “fammi protestare insieme a milioni di italiani”.
Sta tutta qua la sfida che, a mio avviso, dobbiamo vincere come popolo, per esserlo davvero.

Nel frattempo alleniamoci a essere una #comunità, riscopriamo cosa ci lega gli uni gli altri e come usare questi legami per vivere meglio, far vivere meglio gli altri fa vivere meglio noi. È una catena che non si potrà mai spezzare.

Diktat delle multinazionali, non disperdere il seme

Il 50 per cento del mercato delle sementi è
controllato da un pugno di aziende tra cui
Syngenta, Monsanto, Limagrain.
Rischia di scomparire lo scambio tra i piccoli agricoltori locali


A Isola Liri, in provincia di Frosinone, vive Antonio Taglione, ex agricoltore di 80 anni. Qualche settimana fa ha scritto una lettera al Fatto, a mano, le parole tracciate con cura. “Ci voglio mettere la faccia”. “Ho una pensione minima e riesco a stento ad arrivare a fine mese. Prima abitavo a Roma, ma da quando mi sono trasferito qui con mia moglie, ho trovato serenità coltivando un piccolo pezzo di terreno”, racconta dopo essere rientrato dal lavoro nell'orto. “Conosco la terra ma ho problemi a trovare semi autoctoni da piantare, quelli locali. Si vendono solo quelli delle multinazionali: ma perché devo comprarli?”.
Spiega che gli piacerebbe coltivare quelli tramandati da padre in figlio, selezionati in modo naturale dai suoi vicini di orto. “Quelli commerciali non portano fioritura, non danno buona resa. Richiedono l’uso di agenti chimici e pesticidi e non sono in grado di resistere ai cambiamenti climatici". E costano tanto.
Maria Grazia Mammuccini è la vice presidente della divisione italiana ed europea di Navdanya International, un ’associazione che sostiene il diritto del seme e della biodiversità in agricoltura. “Per secoli - spiega - sono stati i contadini a selezionare i semi: li conservavano e li isolavano scegliendoli dalla parte migliore del raccolto. Identificavano le piante e i frutti migliori e ne ricavavano i semi”. Una pratica, questa, che comprendeva anche lo scambio tra gli agricoltori.
“Era un modo naturale per fare in modo che le migliori varietà si fondessero, attenuando i difetti l'una dell'altra e potenziando la resa - spiega la Mammucini. Fino al dopoguerra, quando è subentrata l'agricoltura industriale. “Prima è stata introdotta la selezione dei semi da parte di enti scientifici. Poi, le grandi imprese sementiere hanno preteso che i semi fossero tutelati anche da diritti di proprietà intellettuale. Sono nate leggi, normative comunitarie: una varietà, per essere venduta, deve essere iscritta al Registro Nazionale delle Varietà, deve superare test e prove che durano anni".
Il seme, infatti, deve dimostrare di corrispondere al cosiddetto Dus, deve essere distinto, uniforme e stabile. In parole semplici significa che le varietà devono avere caratteristiche chiare, che le distinguano l'una dall'altra, mentre i semi devono essere tutti uguali, dare la stessa resa e rimanere stabili nel tempo. “La selezione scientifica - dice la Mammuccini - è una pratica che ha comunque portato ottimi risultati: non si può negare. Il problema è venuto dopo”.
La certificazione ufficiale delle sementi è stata introdotta dalla Comunità economica europea negli anni Sessanta e, secondo chi sostiene il diritto alla biodiversità, di fatto impedisce ai piccoli contadini di gestire i loro raccolti liberamente, di scambiarsi e di vendere i loro semi.
“La certificazione è un sistema che si propone di tutelare l’utilizzatore, soprattutto se pensiamo alle migliaia e migliaia di piccoli agricoltori che le impiegano”, spiega al Fatto Marco Nardi, segretario generale di Assosementi.
Ma se la disciplina sementiera comunitaria e nazionale vieta la commercializzazione di sementi che non appartengano a varietà regolarmente registrate e che non siano certificate, i contadini, nonostante le regole, comprano e si scambiano i semi. Anche per risparmiare. “Esistono aree di illegalità diverse da specie a specie. Per il frumento duro, che è la specie più coltivata in Italia, la quota non certificata è vicina al 35 per cento del totale”. Per il grano tenero, il riso e la soia, la quota di seme non certificato utilizzato si aggira intorno al 20 per cento.
Il dibattito sulla libera riproduzione delle sementi va avanti da anni. Secondo uno studio dei Verdi europei, più del 50 per cento del mercato dei semi è controllato da sole cinque multinazionali: Pioneer, Syngenta, Monsanto, Limagrain e Kws. Se si aggiungono le altre aziende, si arriva anche al 70 per cento. Un monopolio che ha generato un veloce aumento dei prezzi: dal 1995 al 2011 il costo medio per seminare un ettaro di soia è aumentato del 325 per cento, mentre quello del mais del 259.
Inoltre, le piccole e medie aziende sementiere che vogliono essere autonome devono fare i conti con le multinazionali. Attualmente in Italia sono circa 300. Non tutte però producono semi propri, da vendere autonomamente. La maggior parte viene inglobata nella catena produttiva delle multinazionali e produce i semi per loro. “Sono circa 16mila gli agricoltori che ogni anno moltiplicano le sementi tramite contratti con le aziende sementiere - spiega ancora Marco Nardi. “E la moltiplicazione delle sementi ha riguardato nel 2014 circa 216mila ettari di campo”. Una catena di montaggio ad appalti. “Così il monopolio dei semi resta alle multinazionali che influenzano il mercato”, dice Mammuccini.
Antonio porta a passeggio il cane intorno al castello ducale di Isola del Liri. Ha capito tutto quello che succede, i problemi che ci sono. Condivide, approva alcuni passaggi, altri meno. Ma gli resta una domanda. “Perché dovrei comprare semi da chi non conosco, se invece posso farlo da Giovanni, il mio vicino. A chi facciamo del male? L’ho visto con i miei occhi: le sue piante sono migliori delle mie”. 

domenica 27 settembre 2015

#Italia5stelle 2015, il Parlamentare che ti serve. Prima tappa: Bologna


Mentre i partiti fanno di tutto per modificare le leggi dello Stato e arraffare così i soldi dalle tasche dei cittadini per finanziarsi, i parlamentari del MoVimento 5 Stelle indossano grembiuli e servono la pizza ai tavoli per raccogliere i fondi per Italia5stelle.

ESPOSTO M5S: IL BILANCIO MARINO PROROGA MAFIA CAPITALE


Sprechi pubbici a non finire: il #RedditodiCittadinanza si può fare domani

Il Governo sostiene da tempo che i soldi per il reddito di cittadinanza non ci sono. Costa troppo, si dice dalle parti di Palazzo Chigi. Peccato che solo dagli sprechi e dalla malagestione pubblica si potrebbero ricavare fior di miliardi da impiegare a favore di quasi 3 milioni di famiglie e 9 milioni di cittadini sotto la soglia di povertà (fissata a 780 euro dall'Istat). Ne beneficerebbero i consumi, gli utili delle imprese, l'occupazione e anche i conti pubblici, dato che aumentando la platea di contribuenti aumenterebbe il gettito fiscale. Ma il reddito di cittadinanza non si deve fare, perché proposto dal M5S, anche se i soldi per finanziarlo ci sarebbero eccome! Basterebbe, ad esempio, leggersi il rapporto della Guardia di Finanza sui danni erariali commessi o contestati dal 1 gennaio al 30 giugno 2015.
Emergono vari casi di sperpero del denaro pubblico, per un totale di 3 miliardi di euro in soli 6 mesi. Solo le contestazioni riguardo a corruzione, truffa, appropriazione indebita e abuso di ufficio ammontano a 1,357 miliardi di euro, con una progressione del +13% sui primi 6 mesi del 2014.
Un altro miliardo deriva dalla cattiva gestione del patrimonio pubblico. Fanno notizia gli affitti a 7 euro mensili di alcune case popolari romane, ma l'elenco è molto lungo, e comprende anche la mancata riscossione di affitti per l'occupazione di suolo pubblico. D'altra parte sulle case popolari e il patrimonio immobiliare speculano politici locali e nazionali pronti a sacrificare i conti pubblici per un pacchetto di voti.
Ma non finisce qui. Il capitolo della Sanità è altrettanto doloroso, e contribuisce alle contestazioni erariali con 800 milioni di euro. Si tratta in particolare di appalti gonfiati per favorire aziende amiche dei dirigenti ospedalieri.
Fanno la loro parte anche i soliti corsi di formazione pagati con soldi pubblici e spesso nemmeno svolti. Un fenomeno che interessa soprattutto il Sud Italia colpito dall'incuria del Governo.
A tutto questo si aggiunga la finta abolizione delle Province. Nonostante le loro funzioni siano state trasferite ad altri enti, le Province continuano a macinare soldi pubblici con le società partecipate di riferimento. Spicca fra tutte la Florence Multimedia, società di capitali creata dal Presidente del Consiglio ai tempi della sua amministrazione provinciale per farsi una costosa pubblicità sulle spalle dei cittadini toscani.
Province che peraltro, a causa dei minori trasferimenti statali e della loro finta abolizione, tendono ad alzare le poche tasse sulle quali hanno potere. Ed ecco spiegato perché continua ad aumentare la Rc auto (portata quasi ovunque al 16%, il massimo consentito).
A fronte di questi sprechi di denaro pubblico diventa chiaro che se ci fosse la volontà politica il reddito di cittadinanza sarebbe già in vigore. Quella volontà politica che il M5S ha già dimostrato in più occasioni di avere, a differenza del Governo, che su clientelismi pubblici e cambi di casacca costruisce ogni giorno la sua sopravvivenza.

A Imola i punti d’ascolto su Equitalia

Carlo Sibilia
"Sappiamo bene che Equitalia tartassa i piccoli, i cittadini normali e perdona i potenti, gli amici degli amici. Spedisce le cartelle pure ai bambini, bussa alla porta dei morti e deruba persino i disabili. Non si contano più i casi di imprenditori mandati sul lastrico dagli esattori di Stato. In tutto questo, le aziende chiudono, e i suicidi si moltiplicano. Non è più possibile tollerare questa situazione.
Il M5S vuole certamente abolire la società di riscossione, e questo è un punto fermo del nostro programma. Ma intanto, nel maggio scorso, abbiamo inaugurato un punto di ascolto a Cagliari, una sorta di sportello di soccorso anti-Equitalia. Tutti i cittadini che hanno dubbi sulle loro cartelle e su quanto viene contestato, possono andare, parlare con professionisti e con nostri attivisti informati nello specifico su questo tema, che si mettono a disposizione per una consulenza gratuita.
Nel primo mese, il punto d’ascolto di Cagliari ha trattato cartelle per 3,5 milioni di euro. Ma soprattutto gli attivisti M5S hanno proposto sgravi fiscali per 415 mila euro, hanno rintracciato pagamenti non dovuti per 25 mila euro e hanno individuato 26 mila euro di sanzioni decadute. Questi successi ci hanno spinto naturalmente a lavorare per attivare altri punti di ascolto nel resto d'Italia.
Quando lo Stato non dà più una mano ai cittadini, i cittadini si fanno Stato per darsi una mano a vicenda. Questa è la nostra idea di Paese. 
Ti invitiamo a conoscerla a Imola il 17-18 ottobre all'autodromo "Enzo e Dino Ferrari". Proprio a Imola, ci saranno importanti novità e sarà presente addirittura uno stand anti-Equitalia. Invitiamo tutti a visitarlo, a segnalare criticità legate alle cartelle esattoriali e invitiamo anche i professionisti interessati a offrire un po’ del loro tempo accanto a cittadini ed attivisti. Come forse sai, siamo l’unica forza politica che rifiuta il finanziamento pubblico e quindi ti chiediamo una donazione, quanto puoi e desideri donare per realizzare Italia a 5 Stelle. Nell’Italia che vogliamo il fisco è più semplice e più giusto. L’Italia che vogliamo è un’Italia a 5 stelle!"

La partita del gas naturale e la sovranità dell'Italia


Andrea Cioffi
"L'energia è da sempre un nodo centrale delle politiche strategiche globali. Il gas naturale, in particolare, ha assunto negli anni un'importanza fondamentale nella ridefinizione degli equilibri globali. L'Europa e l'Italia continuano ad essere fortemente dipendenti dalle importazioni di gas. La Russia fa la parte del leone soddisfacendo il 29% del fabbisogno del continente, per un controvalore di circa 50 miliardi di euro l'anno. Dopo il picco del 2005 il fabbisogno europeo di gas è diminuito, ma è anche declinata contemporaneamente la produzione interna. La dipendenza energetica dalla Russia è diventata quindi più stringente. Il Cremlino ha progettato due nuovi metanodotti,oltre a quello dell'era sovietica che transita per l'Ucraina. Si tratta delNorth Stream (che congiunge il Mar Baltico alla Germania saltando i Paesi est europei) e del South Stream (dai Paesi balcanici all'Italia). Ma se il primo è stato realizzato in tempi brevi e ha iniziato a trasportare il gas russo già dal 2011, il secondo è stato infine abbandonato.
In questo modo, considerando che la crisi ucraina ha acuito i problemi di approvvigionamento del gas attraverso la via tradizionale, la Germania si è ritagliata di fatto il ruolo di fornitrice europea del gas russo, tagliando fuori soprattutto l'Italia, già soffocata insieme agli altri Paesi mediterranei dall'austerità tedesca.
A complicare il quadro c'è il recentissimo accordo tra Germania e Russia per raddoppiare la capacità del gasdotto North Stream, portandola da 55 miliardi di metri cubi l'anno a 110, ovvero la quasi totalità dei 117 miliardi di metri cubi l'anno che l'Europa importa dalla Russia.
Il dominio tedesco in Europa, attraverso gli accordi con la Russia, si accompagna ai movimenti extra-europei della stessa Russia, che lo scorso anno ha trovato un accordo con la Cina per venderle 38 miliardi di metri cubi di gas l'anno a partire dal 2017 (gasdotto Power of Siberia). La Russia quindi diversifica le sue esportazioni energetiche globali proprio mentre la UE diventa sempre più dipendente dal gas naturale russo.
Va notato che il successo delle manovre russe dipende in gran parte dal sostegno tedesco e la Germania, con il raddoppio del North Stream, sembra intenzionata a garantire questo sostegno nel tempo. 
La partita interessa anche e soprattutto gli Stati Uniti. I movimenti russi potrebbero essere letti come il tentativo difensivo di slegarsi dal gasdotto ucraino, che non offre più solide garanzie dopo che il Presidente filo-russo Janukovyc è stato sostituito da Porosenko, dichiaratamente filo-atlantico. Sarebbe bene chiedersi quale sia stato il ruolo degli Stati Uniti in questo improvviso capovolgimento politico.
L'Italia, in tutto ciò, non dovrebbe semplicemente accodarsi all'imperialismo più forte (che rimane di gran lunga quello della Nato a guida americana, considerato sia il lato militare che quello economico), ma agire di sponda per riguadagnare le sostanziose porzioni di sovranità sottratte al popolo italiano negli ultimi decenni. 
L'Italia non ha bisogno né di un'Europa a guida tedesca, né di un nuovo imperialismo russo-cinese né del soffocante e deleterio imperialismo americano. I conflitti tra le superpotenze vanno sfruttati, ma sempre tenendo conto che il fine ultimo è la sovranità del popolo italiano.
In questo senso, le principali mosse devono riguardare gli investimenti in efficienza energetica, la produzione distribuita di energia, sistemi di accumulo e sviluppo delle fonti rinnovabili. Ma per passare dalle parole ai fatti servono statisti, e non marionette catapultate a Palazzo Chigi da precisi interessi esteri".

Andrea Cioffi, portavoce MoVimento 5 Stelle Senato

sabato 26 settembre 2015

In diretta, ora - Il M5S protegge le PMI #PMItour - Roma


In diretta, ora, con Luigi DI MAIO, Carla RUOCCO e Mattia FANTINATI

Se la gente sapesse, mai vorrebbe il TTIP


Il video non è recente ma spiega chiaramente cosa sta accadendo nei corridoi di Bruxelles e a Washington. Il TTIP permetterà alle grandi lobby di trattare gli stati membri dell'UE esattamente come Stati falliti. Sentite cosa ci dice la nostra portavoce in Europa Tiziana Beghin.

#5giornia5stelle del 25 Settembre 2015





Questa settimana, al Senato, il governo si occupa ancora delle riforme a cui tiene tanto. E i nostri portavoce, come denuncia in aula Paola Taverna, sono costretti ad assistere ad un indecoroso mercato del pesce intorno alla Costituzione. Si scambia la democrazia contro una legge elettorale su misura dei propri comodi, ricorda Giovanni Endrizzi.
Anche alla Camera i partiti e la maggioranza pensano ai propri comodi, e varano la legge sulle intercettazioni. La stessa che, quando voleva farla Berlusconi, chiamavano Legge Bavaglio. In aula Mattia Fantinati, Giulia Sarti, Vittorio Ferraresi e Alfonso Bonafede ricordano l'importanza delle intercettazioni per un giornalismo libero e una politica pulita.
Scoppia poi in tutto il mondo lo scandalo Volkswagen. Da Bruxelles il nostro Piernicola Pedicini ci racconta che le istituzioni europee sapevano tutto dal 2009, e ci mostra anche le prove. Non che ci stupisca, questa eterna difesa delle lobby anche in Europa.
Energia ed emissioni anche alla Camera, dove Mirko Busto chiede per l'ennesima volta se l'Italia ha un piano energetico e affronta la fondamentale questione del cibo. Dopo l'Expo, crediamo ancora che alimentazione sia sinonimo di agrindustria? Non sarebbe meglio affidarci ai piccoli produttori, per le sfide del futuro?
Il PD, poi, trascina in Vigilanza RAI un direttore di rete reo, a parer loro, di aver privilegiato il M5S in TV. Roberto Fico ne approfitta per invitare tutti a difendere il vero pluralismo anziché tutelare i privilegi di chi è al potere.
Alla Camera abbiamo parlato anche di rifiuti e di inceneritori, e della nostra visione al riguardo. Alberto Zolezzi, Mirko Busto e Paola Nugnes presentano la legge M5S sui Rifiuti Zero, a prima firma Stefano Vignaroli, che punta sull'economia circolare e sulla "prevenzione del rifiuto".
Politiche energetiche, di riciclo e nuovo modello di consumo anche da Bruxelles. Dario Tamburrano denuncia però le "manine" che anche in Europa cambiano le regole di nascosto a favore dell'interesse di pochi.
Per finire, l'appuntamento più importante per tutto il MoVimento: Italia 5 Stelle, quest'anno all'autodromo di Imola il 17 e 18 ottobre. Se volete conoscere i progetti del M5S per un'Italia a 5 Stelle, partecipate, e se potete donate qualche euro. Noi non prendiamo soldi pubblici, e non ci finanziano le lobby ma i cittadini. Lo ricorda Luigi Di Maio.



5giornia5stelle va in onda anche su TeleAmbiente - visibile sul canale 78 del digitale terrestre a Roma, Pescara e Perugia e sul canale 218 a Milano - a questi orari: Lunedì 15:30, Martedì 03:30 - 9:30, Mercoledì 12:40 - 9:30, Giovedì 03:00 - 13:30, Venerdì 21:50, Sabato 20:00, Domenica 18:10

PATTO DEI SINDACI - UN IMPEGNO PER L'ENERGIA SOSTENIBILE

ACCESSO DEI CITTADINI AI FONDI EUROPEI, COME ACCELERARE LA TRANSIZIONE VERSO UN'ECONOMIA A BASSE EMISSIONI DI CARBONIO

Mercoledì 30 settembre dalle ore 15.00 ne parleranno a Bruxelles Piernicola Pedicini, portavoce del M5s, e Rob Hopkins, fondatore del movimento “Città in transizione”. 

Interverranno: membri del Parlamento e della Commissione europea e rappresentanti del Patto dei sindaci.
Segui la diretta streaming su questo sito a partire dalle ore 15.00 del 30 settembre 2015.
Il movimento “Città in transizione” è l'iniziativa che, partendo dal basso, intende rendere la comunità locale resiliente, coinvolgere i cittadini e avviare nuove forme di sviluppo economico basate sulla creazione di società energetiche e di piccole società agricole e imprenditoriali. Il “Patto dei sindaci” è il principale movimento europeo che vede coinvolte le autorità locali e regionali impegnate ad aumentare l’efficienza energetica e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili.

Sono stati invitati a partecipare i Consiglieri Comunali e Regionali del m5s per meglio trasferire sul territorio i temi trattati.
PROGRAMMA

15.00
15.10

I fondi europei 2014-2020 Come accedere alle attuali opportunità per un'economia a basse emissioni di carbonio Moderatore: Piernicola PEDICINI, Europarlamentare (Coordinatore EFDD in Commissione ENVI)

15.10
15.20
Gergana MILADINOVA
Commissione Europea
DG REGIO Unità G1: Crescita intelligente e sostenibile
La promozione degli obiettivi climatici ed energetici attraverso i fondi UE (Priorità Tematiche 4,5, 6)

15.20
15.30
Rosanna MICCICHE
Commissione Europea
DG REGIO Unità G4: Italia e Malta
La promozione degli obiettivi climatici ed energetici attraverso i fondi UE (Priorità Tematiche 4, 5, 6)

15.30
15.40
Mette Koefoed QUINN
Commissione Europea
DG CLIMA Unità A2: Finanziamenti per il clima
Le opportunità offerte dal programma europeo LIFE

15.40
15.50
Vincenzo GENTE
Commissione Europea
DG RTD, Unità I2: Innovazione ecocompatibile
Le opportunità offerte dal programma Orizzonte 2020 

15.50
15.55
L'esperienza delle autorità nazionali e locali Moderatore: Piernicola PEDICINI, Europarlamentare (Coordinatore EFDD in Commissione ENVI)

15.55
16.05
Rosa D'AMATO
Europarlamentare, Gruppo EFDD
Il cattivo utilizzo dei fondi europei: il caso dell'Italia

16.05
16.15
Isabella ADINOLFI
Europarlamentare, Gruppo EFDD
Risorse chiave per l'aumento della capacità amministrativa della PA

16.15
16.25
Dario TAMBURRANO
Europarlamentare, Gruppo EFDD
La REconomy in Italia: difficoltà, necessità, opportunità 

16.25
16.30
Come possono agire i cittadini: il futuro della transizione Moderatore: Piernicola PEDICINI, Europarlamentare (Coordinatore EFDD in Commissione ENVI)

16.30
16.40
Frédéric BOYER
Dirigente di Energy Cities
Il Patto dei Sindaci e la visione al 2030

16.40
17.20
Rob HOPKINS
Leader e fondatore del Movimento di Transizione
Trarre ispirazione dalle città in transizione

17.20
17.30
Filipa PIMENTEL
Direttrice della Rete di transizione europea
Trarre ispirazione dalle città in transizione 

17.30
18.00
Dibattito aperto e osservazioni conclusive 
Moderatore: Piernicola PEDICINI, Europarlamentare (Coordinatore EFDD in Commissione ENVI)