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domenica 21 febbraio 2016

VELENI - Le allusioni della Cirinnà sui renziani delusi, lo scontro tra il ministro e la senatrice Maria Elena, Rosa Maria e la guerra di poltrone

Maria Elena Boschi e Rosa Maria Di Giorgi
È una bella e austera signora, la senatrice Rosa Maria Di Giorgi. E coraggiosa, per il male che ha dovuto combattere nel suo corpo. Viene da Firenze ed è considerata una renziana, con un dettaglio non trascurabile. La sua fiorentinità, seppur consolidata da un passato da assessore in quella città, non le ha mai dato il pass per entrare nel giglio magico che adorante attornia il premier rottamatore. Ed è per questo che adesso, in vista del tornante cruciale per la legge Cirinnà, sono tanti i sospetti e i veleni che avvolgono, all’interno del Pd, il suo duello con la ministra Maria Elena Boschi, paladina dei diritti civili e di fatto numero due del governo di Matteo Renzi. Per chiarirci: la senatrice Di Giorgi è alla guida della nuova corrente dei cattodem al Senato e si batte strenuamente contro la stepchild adoption, l’adozione del figliastro da parte di uno dei conviventi omosessuali. Eppure, a differenza del torinese Stefano Lepri, altro volto noto di questa neominoranza dissidente, lei non ha una storia di integralismo cattolico. Tutt’altro. Partita dal Pci, è stata nel Pds e nei Ds e solo alla fine ha trovato la Margherita, prima del Pd. Insomma, una laica. Ed ecco, allora, che compaiono le nuvole nere del suo rapporto feroce con Boschi, a proposito delle unioni civili. Donne contro, stavolta nell’universo renziano dopo il surreale ventennio berlusconiano. Ha fatto scalpore, per esempio, il grido con cui “Rosa Maria”, che di “Maria Elena” potrebbe essere la mamma, ha accolto la ministra alla tormentata assemblea dei senatori del Pd: “Cosa ci fai qui? Tu che c’entri? Mica è un ddl del governo”.
Così subito dopo è stata proprio Di Giorgi il bersaglio di altri strali rosa, sempre nel Pd. Il più clamoroso, poi smentito, è stato quello della stessa Cirinnà, quando si è lasciata scappare lo sfogo sulle “porcate” di alcune renziani. Ossia le “porcate” di Di Giorgi. E ancora, una dichiarazione della deputata Elisa Simoni, che vanta una cuginanza alla lontana con il premier: “La senatrice Di Giorgi ha firmato nel 2013 una proposta di legge che, a differenza di questa, prevedeva una stepchild ad op ti on automatica, non, come adesso, mediata da un giudice. Anche nei casi di riproduzione medicalmente assistita. Cambiare idea è legittimo, ma anche sospettare un riposizionamento politico, più che di coscienza”. Ma qual è il motivo di questo astio contro Di Giorgi? Semplice. La versione dentro il Pd riconduce alle sue ambizioni di governo il “riposizionamento ” sulle unioni civili. E il duello con Boschi avrebbe radici antiche e profonde. Innanzitutto c’è chi racconta che Di Giorgi ci rimase malissimo già quando “Matteo” formò il suo esecutivo e lei non fu chiamata a ricoprire incarichi, a differenza della ministra “Maria Elena”. Il secondo round è più recente. La senatrice dei cattodem si aspettava un “recupero” nel rimpastino fatto da Renzi per tenere buoni i notabili alfaniani di Ncd, partito di poltrone ma non di voti. Anche stavolta, però, le speranze di Di Giorgi sono rimaste tali. Di qui, forse, l’aumentata irriducibilità sul ddl della Cirinnà. Il capitolo dei renziani contro, anzi delle renziane contro, s’ingrandisce ancora. In appena due anni sono varie le guerriere del premier sedotte e abbandonate. Nel frattempo, la battaglia al Senato non è ancora finita. Anzi.

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