Renzi va al Colle per difendere l’incarico di “Marchino
”alla cyber security. Dietro di lui banchieri e costruttori. Denaro in
Lussemburgo e da Israele
Il premier Matteo Renzi oggi salirà al Colle per
confrontarsi con il Capo dello Stato sulle nomine dei vertici militari. La
partita delle nomine è fondamentale, per sbloccare la casella a cui tiene di
più, quella dell’intelligence informatica, destinata a Marco Carrai. L’incarico
potrebbe essere ufficializzato già in giornata. Ma chi c’è dietro Carrai? Quali
sono i suoi soci? E soprattutto: perché Renzi non può rinunciare alla sua
nomina? La risposta è proprio nella rete di rapporti, soldi e uomini, legati a
doppio filo con Carrai. Una rete che il Fatto Quotidiano è in grado di
rivelare. Grandi imprenditori delle infrastrutture pubbliche, consiglieri di
Finmeccanica, capi di importanti gruppi bancari, ex agenti dei servizi segreti
israeliani, uomini legati ai colossi del tabacco. Oltre al solito fedelissimo
renziano Davide Serra, finanziere trapiantato a Londra e creatore del fondo
Algebris. Persino un commercialista accusato di riciclaggio. Una rete che si
snoda intorno a Carrai proprio dal 2012: negli stessi giorni in cui Renzi avvia
la scalata al Pd e poi al governo. Una rete che arriva sino a oggi, alla Cys4,
la società di Carrai per la cybersicurezza. La stessa società a cui il governo
si è aggrappato per giustificare le competenze di “Marchino”, come lo chiamano
gli amici, per guidare il comparto dell'intelligence. Persino il ministro Maria
Elena Boschi ne ha dovuto rispondere in aula. Eppure, è proprio la presenza sul
mercato della Cys4 a rendere Carrai un uomo in pieno conflitto di interessi.
Torniamo quindi al giugno 2012. Renzi annuncia la sua
candidatura alle primarie contro Pier Luigi Bersani. Due mesi dopo Carrai vola
in Lussemburgo. È il primo agosto. Il Richelieu del premier crea una società,
la Wadi Ventures management capital sarl, con poche migliaia di euro e un pugno
di soci. C’è la Jonathan Pacifici & Partners Ltd, società israeliana del
lobbista Jonathan Pacifici, magnate delle start up che dalla “silicon valley”
di Tel Aviv stanno conquistando il mondo. A Carrai e Pacifici si uniscono la
società Sdb Srl di Vittorio Giaroli e i manager Renato Attanasio Sica e
Gianpaolo Moscati. I cinque della Wadi Sarl sono gli stessi che oggi
controllano il 33 per cento della Cys4, la società di intelligence di Carrai.
Un dato che in questa storia non bisogna mai dimenticare. Ma perché Carrai crea
in Lussemburgo la Wadi sarl? La risposta arriva dalle visure camerali
lussemburghesi. Fine principale: sottoscrivere e acquisire le partecipazioni di
un’altra società, omonima e sempre lussemburghese, che in quel momento ancora
non esiste: Wadi Ventures Sca. Nasce nel novembre 2012. Renzi è in piena
campagna elettorale. Il 27 novembre l’amico Serra, già finanziatore della
Fondazione Big Bang di Renzi, versa i primi 50 mila euro nella Wadi Sca. E
nelle stesse settimane Carrai, in Italia, pone le basi della futura Cys4. Il 26
ottobre “Marchino” crea l’embrione della sua futura creatura, quella dedita
alla cybersecurity, e che vede Renzi, proprio oggi, impegnato ad affidargli il
settore informatico della nostra intelligence.
L’embrione della Cys4 si chiama Cambridge management
consulting labs. È una società di consulenza aziendale, iscritta alla Camera di
commercio il 6 novembre, un mese prima delle primarie. I soci della Cambridge?
Gli stessi della Wadi Sarl lussemburghese. Che così controllano anche la
cassaforte Wadi Sca. Nella quale, dopo Serra, entra la Fb group Srl, di Marco
Bernabé, già socio della Cambridge. Stessi uomini, società diverse, che dal
Lussemburgo portano anche in Israele. Bernabè è socio di un'altra Wadi
Ventures, con sede a Tel Aviv, al 10 di Hanechoshet street. È la stessa sede
israeliana dell’italianissima Cambridge. Il 2 dicembre Renzi perde le primarie.
Le società lussemburghesi legate a Carrai conquistano invece nuovi soci. Non
dimentichiamo la squadra: gli uomini della Cambridge, sono gli stessi della
Wadi sarl, che controlla la Wadi Sca. E in pochi mesi arriva un altro milione.
Con quali soci? A marzo 2013, nel capitale sociale, entra la Equity Liner con
100 mila euro, creata nel 2006 da tre società (Global Trust, Finstar Holding
srl, Regent Sourcing Ltd) rappresentate da Annalisa Ciampoli. La Finstar
Holding, è del commercialista e faccendiere romano Bruno Capone. La signora
Ciampoli, pur non essendo indagata, è definita, in alcuni atti d’indagine –
quelli su un'associazione per delinquere dedita al riciclaggio transnazionale –
la collaboratrice di Capone. Capone, invece, è indagato dalla Procura di Roma
per riciclaggio in relazione a ingenti trasferimenti di denaro in Lussemburgo
che non riguardano la Wadi. Nel marzo 2012, dunque, il nuovo socio del gruppo
di Carrai è un presunto riciclatore, tuttora indagato. Sei mesi dopo, la Equity
Liner riconducibile a Capone, viene venduta a un’altra società, la Facility
Partners Sa. E Renzi torna a candidarsi per le primarie.
In quei mesi, la lobby del tabacco è impegnata nella
battaglia sulle accise. Il collegato alla legge di stabilità prevede un aumento
di 40 centesimi sui pacchetti più economici. L’operazione però salta. Renzi in
quel momento non è ancora al governo. Ma è in corsa per le primarie, stavolta
può vincere. Il presidente della Manifattura italiana tabacco, in quel momento,
si chiama Francesco Valli. È lo stesso Valli che, fino al 2012, è stato a capo
della British American Tobacco Italy. Non è di certo un uomo legato al Pd.
Anzi. Presiede per tre anni, dal 2009 al 2012, la Fondazione Magna Charta
creata dal senatore allora Pdl Gaetano Quagliarello. È lui il prossimo uomo ad
aprire il portafogli. È il nuovo socio della Wadi Sca e del gruppo Carrai. Che
la lobby della nicotina avesse finanziato Renzi, attraverso la fondazione Open,
diventa noto nel luglio 2014, quando la British American Tobacco versa 100mila
euro. Il Fatto può rivelare che l’interesse della lobby risale a un anno prima:
tra aprile e settembre, Valli versa 150 mila euro alla Wadi Sca, diventando anch’egli
socio di Carrai e Serra. Valli, contattato dal Fatto, ha preferito non
commentare. In pochi giorni si aggiunge anche Luigi Maranzana, che acquista
azioni per 100 mila euro. È lo stesso Maranzana che oggi riveste la carica di
presidente della Intesa San Paolo Vita, ramo assicurativo della gruppo bancario
guidato da Giovanni Bazoli. Interpellato, non se n’è accorto: “Socio di Carrai
e di Serra? Non ne so niente, Carrai non lo conosco, sono sempre stato lontano
dalla politica –risponde al Fatto–. Ho solo fatto un investimento”. Chi
gliel’ha suggerito? Clic.
Alla fine del 2013, quando Renzi diventa segretario del Pd e
si avvicina a scalzare Enrico Letta, è il caso di fare qualche conto. Nella
Wadi Sca, in un solo anno, sono entrati un milione e 50 mila euro e cinque
nuovi soci. A controllare il tutto c’è Carrai. Non solo. Gli stessi soci di
Carrai in Lussemburgo – Moscati, Bernabé, Pacifici, Sica e Giaroli –sono già
attivi da un anno, in Italia, nella Cambridge, che a fine 2013 matura un utile
di appena 46 mila euro. È destinato a salire vorticosamente nell’anno
successivo. Quando Renzi diventa premier. Ed è proprio il 2014 a segnalare le
novità più interessanti sul fronte lussemburghese. Nominato in Finmeccanica,
arriva il nuovo socio Nella primavera del 2014, dopo aver conquistato la
segreteria del Pd e varcato la soglia di Palazzo Chigi, Renzi è già impegnato
nella sua prima tornata di nomine per le aziende di Stato. E nel cda di
Finmeccanica entra un uomo che l’ha sostenuto sin dall'inizio: Fabrizio Landi,
esperto del settore bio-medicale, tra i primi finanziatori della Leopolda con
10 mila euro. “Ma lei pensa che con 10 mila euro ci si compra un posto nella
società più tecnologica del Paese?”, dice Landi all’Huffington Post. In
effetti, tre mesi dopo la sua nomina in Finmeccanica, Landi versa altri 75 mila
euro comprando altrettante azioni della Wadi Sca. Non è l’unico a incrementare
il capitale della Wadi e, soprattutto, a diventare socio del gruppo legato a
Carrai. C’è anche un importante imprenditore che, proprio in quelle settimane,
fatica a farsi ascoltare dall’ex ministro per le Infrastrutture, Maurizio Lupi,
nonostante gestisca appalti pubblici per miliardi. Il suo nome è Michele
Pizzarotti, costruttore.
Ad aprile Pizzarotti ha un problema: riuscire a parlare con
l'ex ministro Maurizio Lupi. Per riuscirci, deve passare attraverso tale Franco
Cavallo, detto “zio Frank”, amico di Lupi, che organizza tavoli con visione del
ministro, annesso dialogo e strette di mano, in cene da 10mila euro: “Inizia
alle 7? A che ora finirà? Si cena in piedi?”, chiede Pizzarotti a “ zio Frank,
il 19 marzo 2014, annunciandogli la sua presenza. Dodici giorni dopo – il primo
aprile 2014 – “zio Frank” gli fissa un appuntamento telefonico con Emanuele
Forlani, della segreteria di Lupi, ma l’aggancio non funziona. “Mi ha detto
'devo vedere'...”, spiega Pizzarotti a zio Frank, “per l’amor di Dio sarà
impegnatissimo, però, ragazzi, stiamo parlando di un’impresa che ha in ballo 4
miliardi di opere bloccate per motivi burocratici assurdi”. Ecco, nell’aprile
2014, Pizzarotti ha un problema: tenta di parlare con Lupi perché vede le sue
“opere bloccate per assurdi motivi burocratici”. Cinque mesi dopo, versa 100
mila euro in Lussemburgo, alla Wadi Sca, diventando socio degli uomini più vicini
a Renzi. Eppure il business delle start up non è mai stato il suo core
business. Due mesi dopo questo versamento Renzi è a Parma, nell'azienda
Pizzarotti, dove lo accolgono il patron Paolo con i figli Michele ed Enrica:
“Occorre far ripartire l’edilizia”, dice davanti alle tv, “il governo vuol
sostenere le imprese italiane all'estero”. Di certo, in quel momento, c’è che è
proprio Pizzarotti a sostenere un'azienda all'estero, per la precisione la Wadi
sca. Contattato dal Fatto, l'imprenditore spiega che i problemi sono rimasti
anche con l’arrivo al posto di Lupi di Graziano Delrio che però, a differenza
del predecessore, almeno l’ha ricevuto. “Ci ha accolto, sì, ma senza alcun
vantaggio per i nostri lavori”. Chi l'ha invitata – chiediamo – a investire nella
Wadi? “Pacifici. Non sapevo fosse controllata da Carrai”. E sono due. Poi
aggiunge: “L’ho scelta perché investe in start up in Israele, Paese più
innovativo assieme alla California, dove peraltro la mia impresa lavora, nella
convinzione di fare un affare azzeccato. Pacifici mi invia periodicamente
report sull'andamento dei nostri investimenti”. E Israele, in questa storia, è
davvero centrale.
Alla Wadi Sarl, nell'estate del 2014, si aggiunge un'altra
società, la Leading Edge, riconducibile a Reuven Ulmansky, veterano della unità
8200 dell'esercito israeliano, creata nel 1952, equivalente alla National
security agency (Nsa) degli Usa, dedita da sempre alla guerra cibernetica e
alla “raccolta dati” per l’intelligence israeliana. Ulmansky è socio di Carrai
e degli stessi uomini che, pochi mesi dopo, nel dicembre 2014, partecipano con
il 33 per cento alla neonata Cys4 che, guarda caso, vanta tre sedi in Italia e
una a Tel Aviv. Chi sono i soci della Cys4? Per il 33 per cento, appunto, sono
Sica, Moscati, la Fb di Bernabè, Pacifici e Carrai. Quali sono i soci della
lussemburghese Wadi Sarl? Sica, Moscati, Bernabé, Pacifici, Carrai. E Sica,
Moscati e Carrai, amministrano la cassaforte Wadi sca, dove hanno investito i
loro soldi Serra, il futuro capo di San Paolo Vita, Maranzana, il futuro
consigliere di Finmeccanica Landi, l’uomo della lobby del tabacco Valli, il
grande imprenditore Pizzarotti. Con i nuovi soci si cresce. Il 30 novembre 2014
la società porta il capitale a 1,5 milioni e delibera aumenti fino a 3 milioni.
Gestiti dagli stessi uomini che controllano, attraverso la Cambridge, il 33 per
cento della Cys4. E sul fronte italiano? La Cambridge, amministrata dallo
stesso gruppo, nel 2014 vede esplodere l’utile da 46 mila euro a 1,5 milioni.
Ieri Il Fatto ha contattato Carrai, che ha preferito non rispondere alle nostre
domande. È per lui che il premier Renzi sta ridisegnando l’intelligence del
Paese, ridistribuendo poteri e rischiando disequilibri e frizioni con il
Quirinale. Il tutto solo per creare un ruolo chiave da assegnare a Marco
Carrai.
Antonio Massari e Davide Vecchi – Il Fatto Quotidiano – 21 marzo
2016 – pag. 2 e 3
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