Relazione di 30 pagine che smonta la grande opera: “Materiali scadenti, falda idrica messa a rischio e smaltimento illecito dei rifiuti degli scavi”
Mafia, politici corrotti, tecnici venduti, società fittizie,
scavi abusivi, ripetuti passaggi illegali di appalti e subappalti, carenza e
omissioni nella vigilanza, sindaci inefficienti: tutte le zavorre
dell’arretratezza d’Italia sono racchiusi in appena trenta pagine di relazione
sull’alta velocità di Firenze stilata dall’autorità nazionale anticorruzione e
firmata da Raffaele Cantone lo scorso 4 agosto 2015. E su ogni macigno di
quella zavorra c’è un nome. Da quello dell’ex presidente dell’Umbria, Maria
Rita Lorenzetti – arrestata nel settembre 2013 – al dominus delle
infrastrutture Ercole Incalza, in manette lo scorso marzo, che ha trascinato
alle dimissioni l’ex ministro Maurizio Lupi. Dalla società Coopsette – che è
riuscita a rimanere nell’appalto seppure avesse dichiarato due volte il
fallimento e abbia visto finire in carcere i suoi vertici –alla Nodavia e a
Condotte, coinvolta anche nell’inchiesta di Venezia sul Mose. Politica,
imprenditori. Tangenti, affari. Il Tav di Firenze sembra una Cornice nel
Purgatorio del malaffare nazionale: non esiste l’Inferno e il Paradiso è sempre
(e di nuovo) a portata di mano.
L’opera è stata assegnata nel 1999 e doveva essere
interamente conclusa nel maggio 2015. “Termini che evidentemente non risultano
più perseguibili – scrive Cantone – per cui si appalesano rilevanti ritardi
nell’esecuzione”. Esecuzione che è al momento ferma: sono scaduti i permessi, i
vertici delle società sono stati arrestati, chi per corruzione chi per
associazione a delinquere, chi per abuso d’ufficio, chi per tutti e tre i reati
e per altri ancora. L’opera doveva costare poco più di 500 milioni, è lievitata
fino a 750 prima di essere bloccata e “registrerà ulteriori incrementi”. Ma il
dato più allarmante tra i tanti indicati da Cantone è riferito alla sicurezza
dell’opera: il materiale utilizzato è “privo della qualità richiesta”. E,
ricorda il presidente dell’anticorruzione, l’opera “sotto attraversa il centro
cittadino, interferendo con la falda idrica” e ha già causato “dissesti che
hanno interessato la scuola Rosai (chiusa a causa di crepe e smottamenti subiti
dai lavori sotterranei, n dr ) confermando la delicatezza del contesto”. È
evidente che i “comportamenti dei soggetti preposti all’esecuzione sono
finalizzati a conseguire maggiori utili a discapito di una minore qualità
dell’opera”. Certo i lavori al momento sono fermi. Ma le aziende interessate
vorrebbero portarli a termine, per questo l’autorità presieduta da Cantone è
dovuta intervenire. Ha sentito Rete Ferrovie Italiane –che ha affidato l’appalto
– e le società coinvolte: Italferr e Nodavia in particolare.
La prima era quella guidata dalla Lorenzetti, la seconda è
rimasta coinvolta in almeno tre inchieste giudiziarie. Per carità, ha sempre
rinnovato i propri vertici e allontanato i “beccati”, come scrive Cantone
ripercorrendo l’iter complessivo dell’opera. La magistratura interviene già nel
2010 per smaltimenti illeciti dei materiali provenienti dagli scavi. Nel 2013
di nuovo. Nodavia, riporta Cantone, “avrebbe attuato lo smaltimento in modo
illecito, con accordi occulti con soggetti formalmente incaricati dello
smaltimento, finalizzati a corrispondere agli stessi somme inferiori a quanto
stabilito dai contratti stipulati, con retrocessione in nero a favore di
Nodavia di ingenti somme di denaro”. Il classico schema. Ma non basta. Prosegue
la relazione: “In realtà tali ditte non avrebbero provveduto allo smaltimento
in quanto l’attività sarebbe stata gestita da una ditta, da quanto indicato
dalla procura, legata ad ambienti della criminalità”. E dove saranno andati i
quintali di rifiuti speciali? E una volta individuata l’attività illecita si è
interrotta? No. “è perdurata la gestione abusiva” svolta, fra l’altro , “senza
alcuna autorizzazione e con modalità tipiche riconducibili a un trattamento di
rifiuto con scarichi non autorizzati, stoccaggi in piscine e dispersione dei
fanghi sui piazzali e in falda”. Le 30 pagine di relazione sono un epitaffio
all’opera pubblica. Cantone scrive, fra le altre cose, che sono mancati gli “adeguati
controlli”, che le “criticità emerse dalle indagini della Procura non possono
ritenersi del tutto superate” ancora oggi, che ci saranno “ulteriori richieste
economiche” e molto altro ancora. Appare dunque una buona notizia scoprire
l’inefficienza amministrativa di Palazzo Vecchio. Le società hanno fretta di
riprendere i lavori, l’opera è ritenuta fondamentale da Rfi (che, scrive
Cantone, potrebbe essere l’unica parte lesa: oltre il Paese) e per questo serve
una nuova autorizzazione, chiesta il 2 dicembre 2013. Ma per il via libera
servono numerosi pareri tra cui quello del Comune di Firenze oggi guidato da
Dario Nardella. Questo è “ad oggi non ancora pervenuto”.
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