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giovedì 28 gennaio 2016

Qualcuno ha ordinato il segreto - La ministra speciale: l’anagrafe “copre ” Maria Elena e i suoi

Dal premier a Padoan, stati di famiglia accessibili in tempo reale. A Laterina no: “Serve l’ok del prefetto”
L’ ufficiale di anagrafe rilascia a chiunque ne faccia richiesta, i certificati concernenti la residenza e lo stato di famiglia”. Trattasi di una norma ancora in vigore, che non prevede “autorizzazioni” e può essere limitata solo con “leggi speciali”, eppure, quando pronunciamo il nome di Pier Luigi Boschi all’ufficio anagrafe del Comune di Laterina (Arezzo), la vicenda si complica. L’imbarazzo delle impiegate prende la scena. Un imbarazzo comprensibile, poiché quel che avviene normalmente, per qualsiasi cittadino italiano, qui trova un ’interessante eccezione: per ottenere lo stato di famiglia del signor Boschi, padre della ministra Maria Elena, ci dicono che bisogna scomodare la Prefettura e attendere imprecisate autorizzazioni.
Siamo qui, a Laterina, per provare a capire qualcosa in più sull’uomo che sta mettendo in imbarazzo il governo. Parliamo del signor Boschi già vicepresidente di Banca Etruria, già indagato e archiviato per una compravendita di terre e casali in provincia di Arezzo, frequentatore di personaggi oscuri come Flavio Carboni. Vorremmo conoscere qualche elemento in più sulla sua storia, sui suoi parenti, considerate anche le indiscrezioni divulgate ieri da Aldo Giannuli, storico dei Servizi e delle più segrete vicende italiane, sospetta la frequentazione “organica” di tale Francesco Boschi, – che secondo Giannuli potrebbe essere parente di Pier Luigi e Maria Elena Boschi – con la P2 e Licio Gelli. E quando chiediamo all’impiegata di darci copia dello stato di famiglia, ecco la risposta: “Non sono certa di poterglielo rilasciare”. “Scusi”, ribattiamo, “ma se le chiedo lo stato di famiglia di qualcun altro, lei me lo dà?”. “Sì, anche in giornata”. “Quindi – continuiamo – questa regola vale solo per Boschi?”. “Sì”, replica l’impiegata sempre più paonazza. “Abbiamo ricevuto una direttiva interna, con comunicazioni del prefetto di Arezzo, che non ci consente di rilasciare il documento immediatamente. Inoltriamo la sua richiesta, se avremo l’autorizzazione, la contatteremo per consegnarglielo; se le negheranno il documento, saranno tenuti a spiegarle il perché. Ora protocolliamo, poi le faremo sapere, non dipende da noi, se la risposta sarà negativa le comunicheremo il motivo. Per lo stato di famiglia del ministro sono state impartite queste direttive”. Ribattiamo per l’ultima volta: “Chiediamo lo stato di famiglia del padre della ministra, Pier Luigi, non del ministro”. “Fa lo stesso”, stringe le spalle l’impiegata. Sorge il dubbio che la Prefettura abbia adottato una prassi a noi sconosciuta, che forse riguarda ogni ministro della Repubblica, così proviamo a verificare se esistano norme speciali che riguardano i ministri e i loro parenti.
Telefoniamo all’ufficio anagrafe di Agrigento, per chiedere se possiamo avere copia dello stato di famiglia di Angelino Alfano, ministro dell’Interno. “Ci invii una lettera con la richiesta e alleghi un suo documento d’identità, glielo spediamo appena possibile, oppure venga di persona con una marca da bollo da 16 euro e glielo consegniamo”, è la risposta dell’impiegato. Restrizioni? Direttive? Autorizzazioni? “Assolutamente no”, è la risposta. Proviamo con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che risiede a Roma. All’ufficio anagrafe di via Petroselli la faccenda si risolve in pochi minuti: compilato il modulo, pagati 16 euro in marca da bollo, lo stato di famiglia di Padoan ci viene consegnato all’istante. Telefoniamo all’ufficio anagrafe di Firenze e chiediamo se è possibile avere l’atto che certifica lo stato di famiglia del premier Matteo Renzi. L’unica condizione – ci spiegano – è che il presidente del Consiglio sia ancora residente a Firenze: possiamo richiedere l’atto “anche online”, se abbiamo la pazienza di aspettare un mese, altrimenti ce lo consegnano di persona, “allo sportello anagrafe”, come avviene per tutti i cittadini italiani. A eccezione, a quanto pare, di Maria Elena Boschi e famiglia.
L’impiegata di Laterina ci ha parlato di un “atto interno, dal prefetto a noi”, così contattiamo la Prefettura. “Non c’è alcuna direttiva del prefetto”, ci dicono, “la legge non ci consente di porre altri limiti, oltre quelli già previsti, quindi non esiste nessuna limitazione che riguardi Pier Luigi Boschi. Dopo la sua telefonata, piuttosto, siamo stati noi a contattare i vertici dell’amministrazione comunale, rimuovendo questo presunto e inesistente limite”. Insomma, la prefettura nega di aver emanato direttive che dispongano, per lo stato di famiglia Boschi, alcuna autorizzazione. Proviamo a ricontattare l’impiegata, per capire se la sua è stata un’iniziativa personale. “No”, ci assicura, “esiste una direttiva interna che ci impone, se qualcuno chiede un documento che riguarda la famiglia Boschi, di chiedere l’autorizzazione per rilasciarlo”. Dobbiamo dedurne che si tratta di una direttiva comunale e non più prefettizia. L’impiegata ci richiama: “Il sindaco ci autorizzato, passi domani mattina”. Vedremo. Resta il fatto che, dopo un’intera giornata, il documento non l’abbiamo ancora ottenuto; che in tutta Italia – a meno di non chiamarsi Boschi – la legge non prevede alcun tipo di autorizzazione. E che inspiegabilmente, come ammette l’impiegata, “in un’altra occasione, il certificato della ministra, è stato negato”.
Antonio Massari e Valeria Pacelli

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