Dal premier a Padoan, stati di
famiglia accessibili in tempo reale. A Laterina no: “Serve l’ok del prefetto”
L’ ufficiale di anagrafe rilascia a chiunque ne faccia
richiesta, i certificati concernenti la residenza e lo stato di famiglia”.
Trattasi di una norma ancora in vigore, che non prevede “autorizzazioni” e può
essere limitata solo con “leggi speciali”, eppure, quando pronunciamo il nome
di Pier Luigi Boschi all’ufficio anagrafe del Comune di Laterina (Arezzo), la
vicenda si complica. L’imbarazzo delle impiegate prende la scena. Un imbarazzo
comprensibile, poiché quel che avviene normalmente, per qualsiasi cittadino
italiano, qui trova un ’interessante eccezione: per ottenere lo stato di
famiglia del signor Boschi, padre della ministra Maria Elena, ci dicono che
bisogna scomodare la Prefettura e attendere imprecisate autorizzazioni.
Siamo qui, a Laterina, per provare a capire qualcosa in più
sull’uomo che sta mettendo in imbarazzo il governo. Parliamo del signor Boschi
già vicepresidente di Banca Etruria, già indagato e archiviato per una
compravendita di terre e casali in provincia di Arezzo, frequentatore di personaggi
oscuri come Flavio Carboni. Vorremmo conoscere qualche elemento in più sulla
sua storia, sui suoi parenti, considerate anche le indiscrezioni divulgate ieri
da Aldo Giannuli, storico dei Servizi e delle più segrete vicende italiane,
sospetta la frequentazione “organica” di tale Francesco Boschi, – che secondo
Giannuli potrebbe essere parente di Pier Luigi e Maria Elena Boschi – con la P2
e Licio Gelli. E quando chiediamo all’impiegata di darci copia dello stato di
famiglia, ecco la risposta: “Non sono certa di poterglielo rilasciare”.
“Scusi”, ribattiamo, “ma se le chiedo lo stato di famiglia di qualcun altro,
lei me lo dà?”. “Sì, anche in giornata”. “Quindi – continuiamo – questa regola
vale solo per Boschi?”. “Sì”, replica l’impiegata sempre più paonazza. “Abbiamo
ricevuto una direttiva interna, con comunicazioni del prefetto di Arezzo, che
non ci consente di rilasciare il documento immediatamente. Inoltriamo la sua
richiesta, se avremo l’autorizzazione, la contatteremo per consegnarglielo; se
le negheranno il documento, saranno tenuti a spiegarle il perché. Ora
protocolliamo, poi le faremo sapere, non dipende da noi, se la risposta sarà
negativa le comunicheremo il motivo. Per lo stato di famiglia del ministro sono
state impartite queste direttive”. Ribattiamo per l’ultima volta: “Chiediamo lo
stato di famiglia del padre della ministra, Pier Luigi, non del ministro”. “Fa
lo stesso”, stringe le spalle l’impiegata. Sorge il dubbio che la Prefettura
abbia adottato una prassi a noi sconosciuta, che forse riguarda ogni ministro
della Repubblica, così proviamo a verificare se esistano norme speciali che
riguardano i ministri e i loro parenti.
Telefoniamo all’ufficio anagrafe di Agrigento, per chiedere
se possiamo avere copia dello stato di famiglia di Angelino Alfano, ministro
dell’Interno. “Ci invii una lettera con la richiesta e alleghi un suo documento
d’identità, glielo spediamo appena possibile, oppure venga di persona con una
marca da bollo da 16 euro e glielo consegniamo”, è la risposta dell’impiegato.
Restrizioni? Direttive? Autorizzazioni? “Assolutamente no”, è la risposta.
Proviamo con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che risiede a Roma.
All’ufficio anagrafe di via Petroselli la faccenda si risolve in pochi minuti:
compilato il modulo, pagati 16 euro in marca da bollo, lo stato di famiglia di
Padoan ci viene consegnato all’istante. Telefoniamo all’ufficio anagrafe di
Firenze e chiediamo se è possibile avere l’atto che certifica lo stato di
famiglia del premier Matteo Renzi. L’unica condizione – ci spiegano – è che il
presidente del Consiglio sia ancora residente a Firenze: possiamo richiedere
l’atto “anche online”, se abbiamo la pazienza di aspettare un mese, altrimenti
ce lo consegnano di persona, “allo sportello anagrafe”, come avviene per tutti
i cittadini italiani. A eccezione, a quanto pare, di Maria Elena Boschi e
famiglia.
L’impiegata di Laterina ci ha parlato di un “atto interno,
dal prefetto a noi”, così contattiamo la Prefettura. “Non c’è alcuna direttiva
del prefetto”, ci dicono, “la legge non ci consente di porre altri limiti,
oltre quelli già previsti, quindi non esiste nessuna limitazione che riguardi
Pier Luigi Boschi. Dopo la sua telefonata, piuttosto, siamo stati noi a contattare
i vertici dell’amministrazione comunale, rimuovendo questo presunto e
inesistente limite”. Insomma, la prefettura nega di aver emanato direttive che
dispongano, per lo stato di famiglia Boschi, alcuna autorizzazione. Proviamo a
ricontattare l’impiegata, per capire se la sua è stata un’iniziativa personale.
“No”, ci assicura, “esiste una direttiva interna che ci impone, se qualcuno
chiede un documento che riguarda la famiglia Boschi, di chiedere
l’autorizzazione per rilasciarlo”. Dobbiamo dedurne che si tratta di una
direttiva comunale e non più prefettizia. L’impiegata ci richiama: “Il sindaco
ci autorizzato, passi domani mattina”. Vedremo. Resta il fatto che, dopo un’intera
giornata, il documento non l’abbiamo ancora ottenuto; che in tutta Italia – a
meno di non chiamarsi Boschi – la legge non prevede alcun tipo di
autorizzazione. E che inspiegabilmente, come ammette l’impiegata, “in un’altra
occasione, il certificato della ministra, è stato negato”.
Antonio Massari e
Valeria Pacelli
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