È stato solo un primo test, però vale già un sospiro di
sollievo: “A Bolzano abbiamo preso sei consiglieri, l’effetto Nogarin nelle
urne non c’è stato”. Pensano positivo dentro i Cinque Stelle. Però sperano che
il caso del sindaco di Livorno sparisca presto dai titoli. Perché è vero,
vertici e parlamentari stanno dalla parte dell’ingegnere, e anche la base pare
in grande maggioranza con Nogarin, a leggere il web. Tuttavia, meglio non
esporsi troppo, perché c’è un’indagine aperta e sui motivi dell’avviso di
garanzia non ci sono certezze. Se Nogarin fosse effettivamente indagato per
l’assunzione di 33 precari della municipalizzata dei rifiuti, “benedetta” dai
vertici, il M5S rimarrebbe con lui. Ma se spuntassero altri elementi, il quadro
potrebbe mutare. Soprattutto sotto campagna elettorale. Quindi si rimane sulla
linea annunciata dallo stesso sindaco sabato: “Nogarin si dovrà dimettere se
emergesse dagli atti della procura una condotta contraria alla legge ma, ancora
prima, ai principi del M5S”. E proprio il riferirsi ai princìpi del M5S prima
che alla legge ordinaria è la possibile crepa su cui insiste il Pd. “Relegano
la legge italiana in secondo piano” accusano i dem. E qualcosa smuovono, perché
il M5S replica con un post di Di Maio (in trasferta a Parigi, ma consultato da
Roma): “Renzi ha ammesso che nel Pd c’è una questione morale, ma qualcosa non
torna se poi il Pd stesso ci accusa M5S di far prevalere i nostri codici di
autoregolamentazione. Non era ciò che intendeva dire chi per primo denunciò la
questione morale, Enrico Berlinguer?”. Chiara la mossa, ritorcere ancora contro
gli ex rossi il loro totem. Su Aamps invece risponde il capogruppo a Livorno,
Alessio Batini, con l’intento di mostrare un gruppo locale compatto attorno a
Nogarin. Perché è lì che si potrebbe spostare la linea del fuoco dem, sulle
possibili tensioni tra i consiglieri. Da Roma lo sanno. E monitorano, tifando
silenzio.
Il F.Q. del 10 maggio 2016 – pag. 7
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