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domenica 14 febbraio 2016

«I marò abbandonati dall'Italia per non perdere l'India come cliente di armi»

Il giornalista Toni Capuozzo in Fondazione per parlare del caso dei due fucilieri di Marina prigionieri da 4 anni: «Quando dicono di essere innocenti affermano la verità, ma nessuno gli crede»
«I fatti dicono che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone affermano la verità quando dicono di essere innocenti. Purtroppo i primi a non credergli sono stati, oltre agli indiani che hanno costruito un teorema accusatorio fatto di prove manipolate, proprio gli italiani stessi. Ci siamo sempre comportati come se fossero due colpevoli di uno sbaglio e che vanno difesi, appoggiati da un punto di vista legale e tutelati materialmente. Ma non sono mai stati creduti nella loro rivendicazione di innocenza».
Il noto giornalista televisivo Toni Capuozzo è intervenuto nella serata dell’11 febbraio all’auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano per parlare del caso dei due marò italiani prigionieri in India dopo l’episodio avvenuto il 15 febbraio del 2012 al largo della costa del Kerala, stato dell'India sud occidentale. Capuozzo ha scritto un libro su questo caso - “Il segreto dei marò” - ed è stato invitato a Piacenza dal circolo culturale “Nicola Bombacci”. La serata è stata condotta da Loris Magnani e dalla giornalista Nicoletta Marenghi.
Perché dunque nemmeno l’Italia ha voluto credere alla versione dei due fucilieri di Marina che continuano a proclamarsi innocenti? «Perché credergli - spiega il giornalista di Mediaset - sarebbe costato mettere in forse la montagna di affari con l’India, come la vendita di armi e sitemi di armi. L’India è un grande cliente e qualcuno dell’allora governo Monti ha pensato che il cliente ha sempre ragione. E i governi successivi non hanno saputo cambiare questa strada. Fino all’ultima decisione di richiedere un arbitrato che comporterà almeno altri due anni di dibattito sulle questioni di diritto internazionale, senza entrare nel merito dei fatti di quattro anni fa. Insomma, abbiamo sempre scelto una via tesa a non irritare l’India, e il risultato è sotto gli occhi di tutti». 
L’errore più grave? «Ce ne sono stati tanti. Personalmente mi infastidisce aver versato un risarcimento alle famiglie dei pescatori: non perché non fosse un loro diritto, ma l’Italia lo ha fatto per placare le acque, come si getta l’osso ai cani. Pensando che magari col denaro tutti si possono compare, ma assumendo così di fronte all’opinione pubblica indiana l’immagine dei colpevoli: perché se paghi i danni questo significa che il danno lo ha fatto tu. Purtroppo questa vicenda non andrà a finire presto visto che abbiamo davanti almeno due anni di arbitrato. Girone e La Torre potrebbero difendersi davanti a un giudice da un’accusa ingiusta e infamante solo sei anni dopo i fatti in questione. Sei anni di pena preventiva sono davvero troppi e un insulto al diritto».

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