Non è uno stop voluto dal governo ma di stop, in effetti, si
è trattato: i pagamenti alle vittime di mafia previsti dal fondo 512 sono stati
bloccati nel novembre scorso per alcuni “dubbi interpretativi nell’applicazione
della legge” sollevati dal commissario del fondo in una nota al Consiglio di
Stato, come ha ammesso il sottosegretario Domenico Manzione, dopo che il numero
delle associazioni antimafia che hanno beneficiato dei risarcimenti avrebbero
superato quello delle stesse vittime della mafia.
Ma adesso che è arrivata la risposta le idee sono ancora più
confuse nell’ufficio del ministero dove l’ultimo dei commissari, il successore
di Giancarlo Trevisone, si è dimesso da poco lasciando l’incarico: i giudici,
si legge nella risposta all’interpellanza presentata dal vicepresidente della
Camera Luigi Di Maio, “pur riconoscendo la sussistenza delle criticità
segnalate dal commissario ha tuttavia rilevato come, a legislazione vigente,
non sia possibile introdurre, per via regolamentare e tanto meno
amministrativa, ovviamente, criteri selettivi o requisiti di legittimazione
all’accesso al Fondo”. I problemi interpretativi restano intatti e per evitare
paralisi e discriminazioni “dovranno essere risolti con un’assunzione di
responsabilità dei politici”, come ha detto il presidente di Libera, don Luigi
Ciotti: “Sulla lotta alla mafia registro qualche successo ma anche tanti
ritardi e compromessi”.
Finora, però, non si è andati oltre gli scontri verbali tra
Di Maio e il Pd, che ha chiesto le dimissioni del vicepresidente della Camera
perché avrebbe “mentito”, strumentalizzando la vicenda. E Di Maio, a sua volta,
ha chiesto sul tema un intervento risolutore del capo dello Stato, Sergio
Mattarella. E mentre a Bruxelles il vicepresidente dell’Antimafia Claudio Fava,
di ritorno dall’audizione al Parlamento europeo, sostiene che “sembra che le
mafie siano un problema tutto italiano” dubbi sulle intenzioni del governo
vengono sollevati anche da Giovanna Maggiani Chelli, presidente delle vittime
di via dei Georgofili, dopo avere ascoltato le parole del ministro delle
Riforme, Maria Elena Boschi, che ha sostenuto che “troppi avvocati accedono al
fondo, forse più delle vittime stesse”: “Se gli avvocati chiamati in causa
appartengono ad associazioni che nulla hanno a che fare con le vittime di
mafia, ma sono solo in rappresentanza per scopi politici e di immagine, è un
conto – spiega –, ma se si tratta di avvocati che difendono le vittime nei
processi contro Cosa Nostra, la difesa della mafia avrebbe carta bianca nei
processi, visto che mai le vittime sarebbero in grado di far fronte alle notule
dei legali”.
Giuseppe Lo Bianco - Il Fatto Quotidiano – 22 marzo 2016 –
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