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giovedì 15 ottobre 2015

LE GRANDI MANOVRE - I sondaggi vedono il Pd tallonato dai Cinque Stelle e comincia il lavoro per modificare l’Italicum: premio alla coalizione e non al partito. Decisive le Amministrati ve

Matteo & Re Giorgio contro Grillo


Facciamo le riforme costituzionali e poi parliamo dell’Italicum. E se c’è qualcosa da cambiare ci pensiamo”. Matteo Renzi nelle ultime settimane l’ha detto a molti dei suoi interlocutori. Da Angelino Alfano a Denis Verdini. E il messaggio l’ha fatto arrivare a Paolo Romani (Forza Italia) come a Pier Luigi Bersani. La modifica da mettere in campo è quella che vogliono praticamente tutti (a parte i Cinque Stelle): ovvero assegnare il premio di maggioranza previsto dalla nuova legge elettorale, non alla lista, ma alla coalizione. Tutti hanno qualcosa da guadagnare. Ncd e Ala ci vedono una possibilità di “contare” qualcosa, Forza Italia punta sull’alleanza con la Lega per avere qualche chance di vittoria, la composita (e indecisa a tutto) sinistra Pd vuole mantenere un rapporto con Sel. L’M5s, invece, che fermamente correrà da solo, nella sua vittoria ad un eventuale ballottaggio ci crede.
E qui sta il punto. Promesse da marinaio, quelle di Renzi ad alleati e non, per portare a casa le riforme, la legge di stabilità e ogni provvedimento del suo governo? Dipende. Perché la tentazione di cambiare l’Italicum il premier ce l’ha, soprattutto guardando i sondaggi, che vedono i Cinque Stelle avvicinarsi pericolosamente. Martedì sera Bruno Vespa a Porta a porta ha fatto vedere un sondaggio di Ipr, che mostrava una crescita del 2% per il M5s, che si attesta così al 28% a soli 4 punti dal Pd, che cresce solo dello 0,5%. Decisamente inquietanti in casa democrat soprattutto i sondaggi sulle intenzioni di voto a Roma: sia secondo Ipr che secondo Tecnè, la prossima sfida per il Campidoglio la vince il M5s: al 35 o al 33%. Mentre il Pd resterebbe al 17 o 19%. Ancora una volta, in questa battaglia l’alleato più fedele per Renzi, quello pronto ad aiutarlo, legittimarlo, consigliarlo e indirizzarlo è Giorgio Napolitano. Nel suo intervento in Senato martedì l’ha detto senza mezzi termini: “Dobbiamo dare risposte nuove a situazioni stringenti e bisognerà dare attenzione a tutte le preoccupazioni espresse in queste settimane in materia di legislazione elettorale e diritti costituzionali”. Nelle intenzioni dell’ex inquilino del Colle era anche un assist a Forza Italia, un invito ad aprire il dibattito sulla legge elettorale, che però non l’ha colto. Marginalizzare i Cinque Stelle è sempre stato uno dei progetti (neanche incoffessati) di Re Giorgio. Ed ecco che a ll ’occorrenza ritorna. Ieri dalla maggioranza negavano che la modifica della legge elettorale fosse all’ordine del giorno. Meglio evitare problemi durante la discussione della manovra. Tradotto: meglio tenere ancora buoni tutti tra promesse e minacce. La strana coppia Matteo & Giorgio sulla questione discute e riflette. Anche se una data cruciale potrebbe essere quella delle amministrative di primavera: se il Movimento vince Roma e arriva bene in qualcuna delle altre città più importanti (Torino, Milano, Napoli e Bologna), Renzi si vedrà confermare l’incubo che per adesso tiene a bada: un voto alle politiche che lo vede perdere al ballottaggio. Perché già oggi il Pd del 40,8% che l’aveva spinto a insistere per un premio che scattasse a un primo partito al 40% è un ricordo. “Matteo, pensaci bene, ti conviene rischiare?”: sarà Napolitano a quel punto a convincerlo. Lo stesso Napolitano che vorrebbe vedere realizzare altre parti delle sue riforme costituzionali: come quella di accentrare tutti i poteri a Palazzo Chigi. Per la verità, un’ipotesi in questo senso c’è nel gruppo che sta intorno a Marianna Madia al ministero della Pa (il capo di gabinetto, Bernardo Mattarella e Giulio Napolitano, coordinati dal loro maestro Sabino Cassese): ma più che a una riforma dell’articolo della Costituzione in questione (il 95) si pensa a una riorganizzazione che passi per i decreti delegati alla riforma della Pa.
Per l’abrogazione dell’Italicum, intanto, domani verranno presentati due quesiti referendari, dal Coordinamento della difesa costituzionale (tra gli altri, Sandra Bonsanti e Domenico Gallo): uno per cancellare premio di maggioranza e ballottaggio, l’altro per eliminare i capilista bloccati e le candidature multiple.

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