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martedì 15 settembre 2015

Anche il Papa vuole l’Imu ai preti

LA SFIDA - Bergoglio spiazza le Congregazioni alla
vigilia del Giubileo, nel pieno del contenzioso con il
Comune di Roma:
“Un convento è esentato, ma se lavora come un hotel deve pagare le tasse”



Dare a Cesare ciò che gli tocca, separandolo da ciò che è di Dio: è il concetto che sta dietro le parole di papa Francesco, quelle che molti aspettavano da decenni. "Un convento religioso è esentato dalle imposte – ha detto Bergoglio durante un’intervista all'emittente portoghese Radio Renascença – però se lavora come un albergo è bene che paghi le tasse, altrimenti l'impresa non è molto sana”. Si riferiva al fatto che a Roma il 40 per cento delle strutture alberghiere gestite da religiosi non abbia mai versato l’Imu, al fatto che il 20 per cento lo versi irregolarmente e che un terzo non paghi né Tasi, né Tari. “Ci sono conventi che sono quasi vuoti – ha detto Bergoglio - e anche lì può esserci la tentazione del Dio denaro. Alcune congregazioni dicono: ora il convento è vuoto, facciamolo diventare un albergo e possiamo ospitare persone, mantenerci e guadagnare denaro. Bene, se desideri questo, allora paga le tasse”. E, per fa passare meglio il messaggio, lo ha ripetuto di nuovo: “Un collegio religioso è esente dalle imposte, ma se lavora come un hotel è giusto che le paghi”.
Secondo un elenco elaborato dal dipartimento delle Risorse economiche del Comune di Roma, infatti, le 280 strutture ricettive gestite dagli ordini religiosi in città sono controllate da 246 diverse congregazioni e, di queste, 93 non hanno mai versato l’Imu, mentre 59 l’hanno versata in maniera irregolare. Una situazione che genera un ammanco fiscale per le casse capitoline di circa 19 milioni di euro. A sollevare la questione, nelle scorse settimane, era stato il consigliere comunale romano e presidente dei Radicali Riccardo Magi. Grazie a lui è stato stilato l’elenco dei presunti debitori e Il Fatto Quotidiano ha bussato alla porta delle varie strutture per capire come mai non paghino le tasse sugli immobili, soprattutto ora che il Giubileo di ottobre porterà nella capitale milioni di turisti e, quindi, potenziali clienti. Le piccole Ancelle di Cristo Re, la Congregazione delle Mantellate Serve di Maria, le suore Oblate del Bambin Gesù, le suore Pallottine e molte altre: ci sono contenziosi che risalgono anche a dieci anni fa e che valgono centinaia di migliaia di euro. E che, a quanto pare, non si risolveranno con la rivoluzione di Bergoglio. Gli ordini dicono di aver diritto all’esenzione, negano i servizi offerti o giustificano i prezzi con l’elevata pressione fiscale imposta loro dal Comune di Roma. Oppure si appellano a una normativa poco chiara. Prima del 2012 (anno del decreto Monti), infatti, erano esenti dal pagamento delle tasse sugli immobili le strutture che prevedevano una zona adibita ad altre attività, come quelle di culto. Dal 2012, invece, è riservata solo alle strutture in cui si svolgono attività con modalità non commerciali e a condizione che non siano aperti tutto l’anno. A patto che i servizi siano offerti gratuitamente o a un prezzo inferiore alla metà di quello di mercato nella zona. Cosa che raramente avviene, nonostante le strutture dichiarino di non avere scopi commerciali. E il Papa lo sa. Oggi, come due anni fa quando, durante la visita a Lampedusa e l’emergenza migranti, aveva detto che i conventi vuoti non dovevano servire come alberghi, ma essere destinati ad ospitare i rifugiati. “Bergoglio ha dimostrato di essere più evoluto dello Stato e del Comune – ha detto ieri Magi –, ha squarciato il velo d’ipocrisia dietro cui, da decenni, si sono nascosti sia gli alti prelati, che ci hanno sempre accusato di voler penalizzare il terzo settore, sia molti amministratori locali e politici”. Le strutture, infatti, autocertificano il loro status di attività no profit, il Comune controlla la corrispondenza tra le dichiarazioni e la realtà. Controlli che, secondo Magi, non sono mai stati svolti in modo efficace.
 “Gli accertamenti sulle dichiarazioni del 2014 sono in corso – ha detto al Fatto l’assessore al Bilancio del Comune di Roma, Marco Causi – . Molti contenziosi sono stati aperti perché c’era incertezza normativa, una linea sottile tra cosa si dovesse considerare remunerativo e cosa no. Ma non è più così, già dal decreto attuativo del 2014: si può dire basta agli scontri ideologici fra i laicisti accaniti e i difensori a priori del no profit. Chi deve pagare, pagherà. E ben vengano le parole del Papa”. Causi, però, tira in ballo l’Agenzia delle Entrate: “Non solo il Comune, ma anche il Fisco deve fare le sue verifiche”. Resta l’urgenza: il Giubileo è alle porte e le spese saranno a carico del Comune perché il Governo non ha previsto fondi straordinari. E la certezza di 20 milioni potrebbe fare comodo.

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