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domenica 6 settembre 2015

Berlusconi e il buco di Forza Italia: ci rimetterà 118 milioni

Berlusconi continua a ripagare alle banche i mutui del partito che aveva garantito negli anni scorsi: ha già sborsato 105 milioni


La politica costa, si sa. L’uomo che lo sa meglio in Italia è Silvio Berlusconi. Al momento l’ha già pagata, all’ingrosso, 105 milioni di euro tra Pdl e Forza Italia e il conto potrebbe salire facilmente a circa 118 milioni. È anche vero, però, che oggi la sua generosità consente a Silvio di fregiarsi del titolo non solo di leader e fondatore, ma pure di maggior creditore di Forza Italia: il partito gli deve già 90,5 milioni, conto che potrebbe salire in tutto a 102,2 milioni (il totale delle garanzie bancarie che B. ha rilasciato al suo partito nei decenni scorsi). In realtà, l’ex Cavaliere sa già di essere uno di quei creditori che non vedrà più i suoi soldi: sono mesi che, mestissimo, “adempie alle fideiussioni ”, come si dice in gergo. In sostanza paga alle banche i debiti di Forza Italia visto che il partito è sostanzialmente in bancarotta e non potrà mai farvi fronte: al netto dei debiti, il bilancio 2014 s’è chiuso con un passivo di 11,8 milioni, l’anno prima erano 15 e più.

Il commovente elenco di Silvio, il fideiussore
Che Berlusconi – dopo il tentativo di rilanciare il fundraising azzurro e far pagare le quote ai parlamentari – si sia ormai rassegnato a rimetterci del suo è scritto tanto nei bilanci quanto nel tabulato della Camera che registra le donazioni ai partiti (per ora copre i primi sei mesi del 2015): 90 milioni e mezzo in tutto sono usciti dalle tasche del fu Caimano tra ottobre 2014 e marzo 2015 verso le casse assetate di varie banche italiane. L’elenco è commovente: 10,3 milioni di fidi rimborsati alla Popolare di Sondrio firmati tra il 1998 e il 1999; 10,2 milioni alla Banca del Fucino concessi nel 2000; l’anno dopo, il 2001 del suo trionfo elettorale, Berlusconi aveva firmato 39,2 milioni di fideiussioni con Unicredit e 23,2 milioni a Monte dei Paschi (pagati anche questi); l’ultimo conto saldato dall’ex Cavaliere entro lo scorso giugno è quello col Banco Popolare (7,2 milioni per un fido del 2002). Alla fine di questa splendida performance, si legge nel bilancio del partito, Berlusconi “è divenuto il nuovo creditore di Forza Italia ”. A meno che non voglia fare un’operazione di recupero crediti stile mafia, difficile che veda anche solo un euro. E l’emorragia potrebbe non essere finita: le fideiussioni a favore di Forza Italia di Berlusconi ammontano complessivamente a 102,27 milioni di euro e, come detto, il bilancio del partito continua ad essere in rosso.

Pure il Pdl fa piangere l’ex Cavaliere
Alla fine del 2013 - condannato per frode, fuori dal governo, fuori dal Parlamento - l’aveva capito anche lui che una stagione era finita: per rottamare il Pdl e ricreare Forza Italia, Berlusconi aveva comunque dovuto accontentare le banche - meno pazienti rispetto ai tempi d’oro - staccando un assegno da 15 milioni di euro per coprire le garanzie fornite al movimento nato sul predellino di un’auto cinque anni prima. Quale sia lo stato del fu Popolo della libertà - partito ancora esistente in vita per via dei soldi e delle pendenze legali - è presto detto: Forza Italia ha rinunciato a 18 milioni sui 22 di crediti totali che vantava sul suo spin off  politico. Il bilancio corrente del Pdl nel 2014 - nonostante il partito non faccia niente e abbia sfruttato a piene mani la cassa integrazione straordinaria concessa ai movimenti politici - è negativo per 3,3 milioni di euro e dal 2015 niente rimborsi elettorali. I conti dei due partiti disegnano un futuro nero: Berlusconi non potrà sfidare Matteo Renzi con una campagna elettorale ricca come quelle a cui è abituato. La nuova legge, infatti, vieta contributi annuali da singoli o imprese superiori ai 100 mila euro l’anno anche sotto forma di fideiussioni: il 2xmille è andato male, le donazioni liberali non bastano a pagare i conti (nonostante i 100mila euro a testa dei figli Marina e Pier Silvio), il berlusconismo è finito. Costava troppo.


DAL 2017 finisce il contributo pubblico
Come funziona la nuova legge: tutto in mano a chi raccoglie fondi


La legge con cui il governo Letta ha abolito progressivamente il finanziamento pubblico ai partiti li consegna in definitiva alle strutture di fundraising (raccolta fondi) interne e peraltro non costa sensibilmente meno all’erario. Primo punto: i rimborsi elettori spariranno dal 2017, nel frattempo - rispetto ai 91 milioni iniziali - quest’anno sono dimezzati e nel 2016 ridotti del 75%. In compenso i partiti - almeno quelli che decidono di registrarsi presso l’apposita commissione della Camera, cosa che il M5S non ha fatto - hanno avuto la possibilità di avere il 2xmille dalla dichiarazione dei redditi dei cittadini che decidano di concederglielo: la spesa ha un limite (9,6 milioni nel 2015; 27,7 milioni nel 2016; 45,1 milioni dal 2017 in poi). L’altra fonte di finanziamento privilegiato sono le cosiddette erogazioni liberali dei privati, che beneficiano di una detrazione fiscale del 26% fino a una spesa massima per l’erario di 15,65 milioni. Infine i partiti hanno diritto a Cassa integrazione e contratti di solidarietà straordinari per 11,25 milioni di euro l’anno a decorrere dal 2016.

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