Pressing: Il segretario Pd apre su composizione e funzioni
I suoi: “A Bersani siamo disposti a dare qualsiasi cosa”
La minoranza ancora non cede
Faremo un confronto all’americana”, aveva detto Matteo Renzi
lunedì sera a Porta a Porta. E di fatto è esattamente quello che lancia alla
riunione con i senatori dem ieri sera. Gli serve un accrocco sull’articolo 2
della riforma costituzionale (quello che riguarda l’elettività del Senato) che
permetta un accordo politico. Morbido nei toni, lontano dagli ultimatum nelle
parole (“sull’elettività non ci siano barricate, né prendere o lasciare”), ha
lasciato aperto il dialogo, proponendo che i responsabili delle Commissioni
Affari costituzionali di Camera e Senato si incontrino alla ricerca di una
soluzione. Chiarendo però ancora che “l’articolo 2 non si tocca”. Nessuna
apertura reale sulle richieste della minoranza del Pd (che rimane sulle sue
posizioni) ma il tentativo di spaccarla, convinto che il tempo giochi a su
favore. Davanti ai suoi senatori, il segretario-premier ha tirato in ballo gli
interventi di Giorgio Napolitano (il suo principale alleato in questa
battaglia) e ha citato tutte le proposte per il superamento del bicameralismo
perfetto fatte negli ultimi anni perché la “riforma Boschi è la versione soft
della posizione storica italiana” (a partire da quella di D’Alema e quella
dell’Ulivo che non prevedeva l’elettività del Senato). I numeri non ci sono:
oltre ai 25 “ribelli Dem”, ci sono 15 di Ncd che hanno cominciato a minacciare
voto contrario. I verdiniani non sono più di 10, anche se i renziani sperano
che ne arrivino altri da Forza Italia. Per ora, però, non sarebbero più di 2.
Il piano A resta sempre quello di fare pressioni su Pietro Grasso, il
presidente del Senato che ha il potere di ammettere gli emendamenti. Grasso
ancora non s’è espresso, anche se in passato ha spiegato le sue preferenze e la
sua contrarietà a un Senato trasformato in un dopo lavoro per i consiglieri
regionali. È diventato l’obiettivo del governo, perché se Grasso blinda il
testo, la riforma Boschi transita serena.
Altrimenti sono guai. Ieri
pomeriggio, palazzo Chigi e Pd hanno fatto trapelare un messaggio: le
trattative con la minoranza dipendono da Grasso. L’ex magistrato ha reagito
piccato: “Ogni giorno che passa senza un confronto vero tra le parti, a tavolino
e non sui giornali, è un giorno sprecato, e fra un mese comincia la sessione di
bilancio. Io - ha aggiunto sul tema articolo 2 - mi potrò pronunciare solo in
aula, quando avrò gli emendamenti da valutare. Invece di aspettare le
decisioni, solo tecniche, del presidente o di lanciare messaggi cifrati a mezzo
stampa, la politica affermi il suo primato nella ricerca di una mediazione su
alcuni punti della riforma, soprattutto funzioni del Senato e sua
composizione”. A quali “messaggi cifrati a mezzo stampa” si riferisce la
seconda carica dello Stato? Grasso avrà letto e riletto i retroscena che l’h a
nn o coinvolto in quest’ultimo mese e così è più facile comprendere la dura
reazione di ieri: dal Grasso che ordisce un piano contro Renzi per conquistare
palazzo Chigi al Grasso che viene convocato da Mattarella al Quirinale
(smentita dal Colle), dal Grasso che deve ascoltare le indicazioni di Giorgio
Napolitano al Grasso che provoca conflitti istituzionali.
Allora lo stesso
Grasso fa sapere al governo: “Non mi farò condizionare dalle pressioni
mediatiche: deciderò solo sulla base della Costituzione, del regolamento e dei
precedenti. Confido ancora nella saggezza delle parti politiche”. Se Grasso non
cede, Renzi e i suoi uomini li stanno studiando tutti, i trucchetti. Grasso
potrebbe decidere di rimandare la questione alla Giunta del Regolamento. Lì i
renziani non hanno la maggioranza: ma va sostituito Donato Bruno di FI
(deceduto). “Potrebbe essere l’occasione per il Presidente per riequilibrare”,
dicono i trattativisti. E poi, i costituzionalisti vicini al governo cominciano
a far girare l’ipotesi più estrema: la fiducia solo sull’articolo 2. Come
ultima ratio, possibile. Prima il premier sta mettendo in campo tutte le
pressioni lecite e illecite. In realtà sul Senato ha aperto su tutto, dalla
composizione alle funzioni. Se non riesce a piegare i “ribelli” con le
concessioni sul testo, ci prova con le lusinghe: “A Bersani diamo tutto quello
che vuole”, diceva ieri un renzianissimo. L’ex segretario rifiuta sdegnato. “Ma
fino a pochi giorni fa era pronto a ragionare”, dicono. Ma non basterebbe
neanche lui. In corso offerte (e minacce) sulle ricandidature. E intanto Lotti
ribadisce: “Possiamo rivolgerci a tutto l’arco parlamentare”.
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