Ecco le fatture di Lino che Renzi non ha mostrato
Così
Palazzo Vecchio ha pagato pranzi e cene
dell’allora sindaco (sotto indagine)
Le
fatture della trattoria “Da Lino” sono state registrate da Palazzo Vecchio e
pagate direttamente con bonifico. La prima conferma all’intervista rilasciata
domenica al Fatto dal ristoratore Lino Amantini – “mandavo le fatture
direttamente in Comune”– la fornisce proprio la contabilità dell’ente fino al
2014 guidato da Matteo Renzi: i fiorentini nel corso del 2013 hanno onorato
undici fatture inviate direttamente al municipio dal ristoratore di fiducia del
loro sindaco. La seconda conferma con ogni probabilità arriverà dall’inchiesta
avviata lunedì dalla Corte dei conti per verificare a tappeto le spese del
Comune, così come aveva fatto su quelle della Provincia relative al mandato da
presidente dell’oggi premier – negli anni tra il 2005 e il 2009 – scoprendo che
le voci di rappresentanze si sono perse in mille rivoli tra cui il cerimoniale.
NEL 2011 è però cambiata la normativa ed è stato introdotto l’obbligo di
rendicontare le spese ma lasciando totale autonomia alla scelta dei singoli
amministratori sul livello di trasparenza. Renzi si adegua. E rende noti nel
2011 e nel 2012 due documenti generici al massimo: non ci sono nomi di
ristoranti, accompagnatori e spesso mancano pure le date. Un esempio: 1.375
euro per “servizio catering” realizzato per “visita ufficiale delegazione estera”.
I pasti? Sono tutti “colazioni istituzionali”. Dove non si sa. I viaggi? “Servizi
transfer”, motivati con “missioni istituzionali all’estero”, importi vari fino
a 2.500 euro. Così scorre il 2011 e dalle casse escono per queste generiche
“spese di rappresentanza” 46.488 euro. L’anno successivo nulla cambia in
trasparenza ma aumenta l’esborso complessivo che sale di dieci mila euro.
Spende circa 9.000 euro per ospitare “artisti senegalesi”. Quali? Non si sa.
Compare una nuova voce: “ servizi di transfert con car sharing” per “incontri
di rappresentanza istituzionale a Roma”: marzo 500 euro, febbraio 748, aprile
462 e via di seguito. Ma sono indicate per mese e non si sa dove andasse nella
Capitale e a vedere chi soprattutto. O per partecipare a qualche trasmissione
televisiva? Del resto alle interpellanze presentate dall’opposizione – ricorda Tommaso Grassi di Sel – proprio tra il 2012 e il 2013 sulle sue apparizioni
nel piccolo schermo, Renzi rispose che si trattava di “interventi per il bene
della città”. Nel 2012 il Mef invita Corte dei Conti e Procura ad aprire un
fascicolo sulle spese sostenute da Renzi quando era in Provincia. E lui, ormai
sindaco, adegua la rendicontazione: nel 2013 registra qualche dettaglio in più.
Così si scopre che la trattoria da Lino invia undici fatture che vengono
saldate per bonifico bancario. Ma non è l’unico. Stesso iter lo segue anche la
Buca dell’Orafo, il Palagio (ristorante del Four Season, 830 euro), L’Ora
d’aria, ristorante di Marco Stabile che, secondo il Corriere della Sera, Renzi
ha portato a Palazzo Chigi per qualche pranzo speciale. L’elenco prosegue. Con
altri ristoranti, bar, (Perseo, 452 euro), pasticcerie (Rivoire, 97 euro) e
caffetterie. Non in una voce è però specificato il motivo della spesa: generici
rapporti istituzionali. A contestazioni simili l’ex sindaco Ignazio Marino ha
fornito informazioni dettagliate su commensali e motivo degli incontri. Renzi,
nonostante da giorni invochiamo trasparenza, insiste nel ripetere che lui ha
messo on line tutto: ma dove? STESSO discorso vale per la Provincia. Anche nel
2012 disse che lui aveva pubblicato già tutto “per primo in Italia”. In realtà
fu il sito Qelsi.it il primo a pubblicare gli atti dell’inchiesta della Corte
dei conti: un fiorire di dettagli fino ad allora sconosciuti. Basti la delibera
del luglio 2006: 12 fatture di Lino e sette di Garibaldi. “Le date possono non
corrispondere a quelle effettive dei pasti perché le fatture venivano raccolte
e deliberate tutte insieme”, spiega Guido Sensi, ex capogruppo di opposizione a
Renzi in Provincia. Quindi solo Renzi può fornire dettagli specifici. Marino
l’ha fatto. Il premier che aspetta?
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