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DI BATTISTA - 11.05.2016 OTTOEMEZZO

11.05.2016 - ALFONSO BONAFEDE (M5S) Unioni civili: tutta la verità in faccia al governo

mercoledì 13 gennaio 2016

Tutte le bufale sul caso di #Quarto

Il Sindaco di Quarto (NA) Rosa Capuozzo
Quando ho visto la firma sotto gli atti dell’inchiesta sul caso Quarto che tanto agita la politica italiana ho pensato che era meglio  andare a dare un’occhiata. Il pm è infatti Henry John #Woodcock, una star del campo. Una sorta di Lionel Messi delle procure italiane. A differenza del pallone d’oro però il simpatico procuratore un tempo a Potenza non vanta una gran percentuale di palloni entrati in porta. Tanti “quasi goal”, pochissimi poi convalidati alla fine della partita giudiziaria. E così, mettendo insieme i fili dell’inchiesta e il bel polverone che ha avvolto la politica, ho trovato non poche bufale in giro. Primo caso che non sta in piedi: il sindaco di Quarto, Rosa Capuozzo, sarebbe stata ricattata da un consigliere del M5s, Giovanni De Robbio, per un presunto abuso edilizio compiuto nella casetta dove abita con il marito. Lei avrebbe nascosto il ricatto, i vertici del Movimento 5 stelle non ne sapevano nulla e proprio questo è l’argomento utilizzato da Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Roberto Fico nel video girato su Facebook per giustificare l’espulsione del sindaco dal Movimento. Lei avrebbe tenuto nascosto il ricatto per paura che venisse fuori l’abuso edilizio, e quindi da una parte sarebbe stata in una posizione di debolezza e dall’altra invece avrebbe taciuto tutto con i suoi compagni politici.
Questa versione non sta in piedi. Né giudiziariamente, né nella ricostruzione politica. Fico, Di Maio, Di Battista, Woodcock e tutti i lettori di giornali e telespettatori sapevano benissimo del ricatto alla Capuozzo. Per un motivo molto semplice: era tutto pubblico e pubblicato addirittura un mese e mezzo prima delle intercettazioni che oggi fanno gridare allo scandalo (telefonate del 24 novembre, del 16 e del 17 dicembre). Verso il 20 ottobre infatti era stata trasmessa in busta anonima a tutti i consiglieri di Quarto e a molti giornalisti del posto tutta la documentazione sull’abuso edilizio di casa Capuozzo. Un consigliere di Quarto, l’avvocato Luigi Rossi che un tempo faceva il legale del Comune incaricato proprio dal Pd, e alle ultime elezioni nel ballottaggio aveva appoggiato il M5s, prese l’incartamento e fece denuncia in procura a fine ottobre. Il caso venne subito cavalcato dal Pd (che oggi non se lo ricorda), e l’Unità gridò allo scandalo. Il Django del Pd che di solito viene inviato in tv a fare da giustiziere, Andrea Romano, prese la palla al balzo a Ballarò e tuonò: “Avete parlato del sindaco di Quarto che oggi hanno beccato con le mani nella marmellata?”.

Il sindaco Capuozzo, il 3 novembre scorso, quindi 21 giorni prima della telefonata del 24 novembre, pubblicò la sua difesa in un post su Facebook rivelando pure di essere andata lei stessa dai carabinieri a chiedere di fare luce sull’esposto anonimo che era stato presentato e di avere denunciato “in tutte le sedi” l’anonimo estensore. Su che cosa tre settimane dopo e addirittura un mese e mezzo dopo, nelle telefonate intercettate, lei sarebbe stata dunque ricattabile, se tutta la documentazione sull’abuso era già stata ampiamente pubblicata  e addirittura portata polemicamente nel dibattito politico nazionale? Evidentemente la tesi non regge. Il sindaco non poteva essere minacciato sull’abuso edilizio, perché foto, documenti, e insomma tutta la vicenda era già stata pubblicata.

Siccome i social non bastano, per altro lei stessa aveva scritto la sua difesa in una lettera pubblicata da Il Mattino di Napoli il giorno 8 novembre (ndr: e già il 4 novembre c’era questo), per dire che l’unica cosa davvero illegale era il dossier anonimo sul suo abuso edilizio composto trafugando mozziconi di documenti dagli uffici del comune e mettendoli insieme in modo sapiente per creare lo scandalo. La Capuozzo aveva denunciato quindi sia pubblicamente (sui social e sulla stampa), che giudiziariamente (ai carabinieri) il ricatto palese che aveva subito con quell’anonimo. Come non è sfuggito a me quando ho letto le prime notizie della inchiesta e mi sono chiesto “ma tutto questo non era già uscito?”, non deve essere sfuggito nemmeno ai vertici del Movimento 5 Stelle che ora invece sono caduti mani e piedi nella trappola politica che ha loro tessuto il Partito democratico (che ovviamente conosceva quel che era stato pubblicato come tutti noi, ma aveva bisogno di creare un caso per allontanarne un altro: quello di Banca Etruria che li stava mettendo in seria difficoltà).
Ma c’è un altro elemento che sembra ballerino nel caso Quarto. Un punto che accomuna tutti è la difesa un po’ pelosa della stessa Capuozzo perchè “non è indagata”. Lo dicono i suoi compagni di M5s che chiedono l’espulsione perché avrebbe nascosto il ricatto (e non è vero né possibile come abbiamo dimostrato). Lo afferma, per difenderla, dicendo che deve restare al suo posto, anche il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che ha così costretto i suoi a improvvise giravolte (il povero Django-Romano che aveva già puntato la pistola lì, ha dovuto girarla dall’altra parte fulmineamente: di questo passo prima o poi rischia di sparare a se stesso…). L’utenza della Capuozzo è stata oggetto di decreto di intercettazione: siccome è sempre lei che parla con diverse persone, è sicuramente registrata la sua utenza. Nella maggiore parte dei casi l’intercettato è indagato. Esistono casi in cui non lo è (ad esempio i parenti di un sequestrato, e altre possibilità), ma sono rari. La casa e l’ufficio della Capuozzo sono state oggetto di un decreto di perquisizione e pure di un decreto di sequestro. Nella maggiore parte dei casi il decreto di perquisizione e sequestro comporta l’iscrizione a modello 21, e quindi l’iscrizione nel registro degli indagati. Esistono perquisizioni e sequestri fatti a tutela, ma sono rari. Quindi è possibile che la Capuozzo non sia indagata. Ma dopo quegli atti la possibilità è una su dieci.

Ultima osservazione sul caso Quarto. Riguarda la politica. Dovrebbe smetterla di rinfacciarsi come fosse un gioco “ti ha votato la camorra” o “ti ha votato la mafia”, e così via. O si toglie il diritto di elettorato attivo e passivo a mezza Italia, o bisogna rassegnarsi a una certezza: la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta, la sacra corona unita e così via, votano. Quindi se si presentano in mezza Italia tutti, nessuno escluso, prenderanno i voti della camorra, della mafia e di ogni criminalità organizzata. L’unica soluzione alternativa e non fare più elezioni. Quindi non può essere tema di scontro politico. E nemmeno questo può avere rilievo giudiziario. Contano i fatti e le responsabilità soggettive. Se fai elezioni nel comune il cui territorio è controllato da un’organizzazione criminale e le vinci, puoi stare certo: sono stati determinanti i voti della camorra o della mafia. E probabilmente li ha presi pure chi in quel comune ha perso. La responsabilità politica e quella penale possono riguardare solo il voto di scambio con la criminalità accertato prima delle urne e l’eventuale indebita influenza successiva.
di Franco Bechis su l’Imbeccata.

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