Obiettivo: una grande
mobilitazione popolare “contro lo scempio del testo del ‘48”
Parte la sfida in difesa della Carta L a sfida per salvare
la Carta è partita. La riforma costituzionale è in Gazzetta Ufficiale e ieri
una delegazione del Comitato per il No nel futuro referendum sulla legge che
porta il nome di Maria Elena Boschi – guidata dal presidente, il
costituzionalista Alessandro Pace – e del Comitato contro l’Italicum ha
depositato in Cassazione il quesito con la richiesta della consultazione. Che è
abrogativa e senza quorum (si vota a ottobre). La lista dei firmatari conta
illustri nomi, o “professoroni” come li apostrofò a suo tempo la giovane
ministra per le Riforme: giuristi come Pace, Massimo Villone, Luigi Ferrajoli e
l’ex giudice costituzionale Paolo Maddalena, il giudice Riccardo De Vito, i
vice presidenti dei due Comitati, Alfiero Grandi e Anna Falcone. Con quella
all’Italicum, questa è la sfida alla madre di tutte le riforme e il premier
l’ha trasformata in un referendum sulla sua persona. “Queste deformazioni della
Costituzione – spiega Grandi – insieme all’Italicum ipermaggioritario” tentano
“il ribaltamento dell’assetto costituzionale del 1948 che ha messo al centro i
cittadini”: “È una svolta preoccupante nella direzione dell’accentramento del
potere e di un Parlamento definitivamente subalterno all’esecutivo ”. Il
referendum “sa rà una grande occasione per fermare lo scivolamento del sistema
nato dalla Resistenza”.
L’OBIETTIVO: raccogliere le 500.000 firme richieste, facendo
così in modo che l’indizione del referendum “sia frutto di una mobilitazione di
base dei cittadini che vogliono opporsi allo scempio della Costituzione” e non
un’iniziativa del governo. Nasce, insomma, il comitato per il No. Qualcosa peraltro
si muove anche sul fronte opposto, con risultati non memorabili. Domenica, la
presidente del comitato “sivotasì”, Maria Medici, è stata protagonista di una
figuraccia in tv. Intervistata a In onda (La7) ha sbagliato tutte le risposte
sulle novità della riforma, collezionando lunghi silenzi imbarazzati: “Restano
i senatori a vita”; “non cambia il numero di firme per le leggi di iniziativa
popolare”; “Regioni e Comuni avranno più potere e si realizza un federalismo”.
Tutto falso. E poi buio pesto sui criteri di elezione dei senatori e del
presidente della Repubblica e sulle modifiche ai referendum. Non un
bell’inizio.
Il F.Q. 19 aprile 2016 – pag. 9
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