Le istituzioni zittiscono i giudici del No invocando regole
di correttezza che sono le prime a violare
Che sarebbe stata una sfida difficile, quella di vincere il
referendum costituzionale e la battaglia contro l’Italicum, lo sapevamo
benissimo. Conosciamo la sproporzione dei mezzi di comunicazione e la
difficoltà di spiegare a un Paese oppresso da problemi di sopravvivenza
l’importanza di non cedere su alcuni diritti fondamentali. Ma forse non avevamo
previsto fino a che punto il governo avrebbe giocato sporco, con metodi poco
dignitosi e scorretti. Il metodo è lo stesso adottato nella discussione in
Parlamento: procedere a testa bassa, senza ascoltare le ragioni degli altri,
insultandoli appena possibile. Ma il gioco sporco rivela anche i nuovi timori
del governo che, per la prima volta da quando ha deciso di giocarsi tutto sulle
regole della democrazia, non è più tanto sicuro di stravincere il plebiscito.
Hanno cominciato Matteo Renzi e il Pd toscano il 2 maggio invitando al teatro
Niccolini di Firenze il partigiano Silvano Sarti, decano dei partigiani
fiorentini, spacciando la sua presenza e le sue poche parole per un’adesione al
Sì. Sarti ha capito e ha dovuto indire una conferenza stampa per precisare: “La
mia presenza al Niccolini è stata strumentalizzata, non ne avevo avvertito la
pericolosità, spero e farò di tutto perché non accada piu, chiedo scusa ai
compagni e alle compagne se è passato un altro tipo di messaggio: la mia
posizione è un convinto No. Noi partigiani siamo la coscienza critica della
democrazia e difenderemo sempre la nostra Costituzione”. Bravo Sarti: ci hanno
provato, gli è andata male. Renzi gioca sporco a ogni ora del giorno, approfittando
degli spazi riservati al governo dai mezzi di comunicazione, senza che mai il
giornalista di turno balbetti due paroline per ricordare che manca il
contraddittorio. Qualunque sia il contesto, non manca mai l’appello al Sì nel
Decisivo Appuntamento di ottobre. Poi però il governo e il Pd protestano se
qualche magistrato osa esprimersi per il No. Non devono parlare, sono cittadini
senza diritti. Zitti stiano, semmai aiùtino il Sì. Le istituzioni invocano
regole che non rispettano. Parla addirittura il presidente Mattarella, e non in
Italia, ma dagli Usa, per dire che voterà Sì. E lo fa capire Giuliano Amato,
giudice costituzionale: lui che dagli anni della “Grande Riforma” di Craxi non
vede l’ora di mettere le mani sul Parlamento, rendendolo un po’meno autonomo e
un po’ più suddito. Renzi annuncia che la sua Costituzione sarà spiegata nelle
scuole: i nostri giovani, a cui nessuno ha insegnato la Costituzione del ’48,
impareranno quella di Renzi-Boschi-Verdini. Ce lo siamo meritati, non avendo
fatto abbastanza per imporre nei licei lo studio di quella splendida pagina
della nostra storia, come in tutto il mondo civile. Il potere gioca sporco: la
Boschi va a Perugia per lanciare la campagna del Sì, viene contestata da
sparuti gruppetti di leghisti e di Casa Pound, mentre pochi aderenti al
Comitato del No distribuiscono volantini. E si permette di dire: “Fa un po’
strano che nel fronte contrario alle riforme costituzionali ci siano anche
pezzi della sinistra che incarnano certi valori a difesa della Carta e votano
insieme a Casa Pound al referendum”. Una “vergognosa grossolanità che dà
un’idea del tono con cui i vertici del governo e del Pd intendono condurre la
campagna referendaria”, ha commentato Mauro Volpi del Comitato del No. Ora
circola con insistenza una voce: il governo ha pronto un manifesto di
Berlinguer che dice qualcosa sul monocameralismo (nei tempi della legge
elettorale proporzionale!), da distribuire in tutta Italia, totalmente fuori
contesto. Il potere gioca sporco e sarà un crescendo fino a ottobre. Un’altra
ragione, se non bastassero quelle che già abbiamo, per votare No e lavorare con
la determinazione e l’onestà di cui siamo capaci nei momenti decisivi della
nostra storia.
Il F.Q. del 10 maggio 2016 – pag. 4
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