Le reazioni dei parroci dopo l’appello di Francesco.
In
tutto alloggi per 108 mila
Serve l’intervento di papa Francesco per spronare le
parrocchie a fare di più nell’accoglienza dei profughi. Dopo l’Angelus di
domenica molti vescovi e parroci si sono dati da fare per ospitare alcune
persone in arrivo da Siria, Eritrea e altri Paesi in conflitto. “Le parrocchie
sono circa 27mila e l’appello del Papa potrà allargare questa rete di
solidarietà e accoglienza”, ha detto ieri monsignor Gian Carlo Perego,
direttore generale della Fondazione Migrantes. Già, si può fare di più: “I
profughi ospitati sono al momento circa 15mila, ovviamente con un turn over per
coloro che vengono ospitati e poi riprendono il cammino verso altri Paesi e
altre comunità o per i ricongiungimenti familiari”. In Italia il numero dei
profughi accolti potrebbe essere dieci volte più alto rispetto a quello
attuale, meno di uno a parrocchia: “Se sono 27mila le parrocchie, la capacità,
rispondendo a questo appello, potrebbe essere di 100mila persone”, continua
monsignor Perego.
Un calcolo simile è stato fatto anche dal cardinale Angelo
Bagnasco. L’arcivescovo di Genova e presidente della Cei ha ricordato che in
Italia le parrocchie sono 27.133 e che se ciascuna ospitasse una famiglia di
quattro persone oltre 108 mila persone troverebbero un alloggio e una
sistemazione: “Spero che si realizzi questo auspicio, che è un po' contabile ma
che dà l’idea delle possibilità che ci sono nel nostro Paese”.
Così se alla
fine di agosto l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia aveva chiesto alle
parrocchie e ad altre istituzioni cattoliche della sua diocesi di accogliere
almeno cinque profughi, un appello giunto anche dal cardinale di Milano Angelo
Scola il 3 settembre (“In un paese di 3-4mila abitanti avere qualche gruppetto
di ospiti non porta nessun tragico disagio”) e poi, il 4 settembre, dal
patriarca di Venezia Francesco Moraglia, adesso a spronare le parrocchie ci
pensa direttamente il pontefice: “Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa,
ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando
dalla mia diocesi di Roma”. Le reazioni non tardano. Si muovono il vicariato di
Roma per voce del cardinale Agostino Vallini, l’arcidiocesi di Firenze Giuseppe
Betori, ma anche i vescovi di Padova, Treviso, Bergamo,
Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Avezzano, Pompei, Potenza e quelli della Calabria.
In molti ieri hanno preso carta e penna e hanno scritto alle loro parrocchie
chiedendo di creare reti di accoglienza, centri Caritas e unità pastorali.
A Torino , l’appello dell’arcivescovo Nosiglia ha già
portato alcuni risultati: sono disponibili ad accogliere alcuni profughi una
sessantina di famiglie e una decina di parrocchie. Tra i parroci torinesi che
hanno subito dato la loro disponibilità c’è anche padre Mario Azzario, che
regge la parrocchia di San Carlo Borromeo, in centro città: “Io sono favorevole
ad accogliere tutti i profughi. Sotto l’aspetto cristiano è fondamentale, è
coerente con il vangelo - spiega -. Vorremmo ospitare in parrocchia due o tre
giovani che possano intraprendere un percorso di studi, come avevamo già fatto
in passato. In questa maniera è più facile favorirne l’integrazione”, dice.
Secondo padre Azzario quest’appello del papa e dei vescovi dipende dall’emergenza
drammatica di questi mesi: “In questi ultimi tempi è aumentata moltissimo
l’ondata di profughi. È la realtà stessa che ci spinge in questa direzione:
fino all’anno scorso si poteva pensare che la situazione potesse essere risolta
in altri modi, ma ora invece c’è un’urgenza e le forze che erano in campo non
bastano più”. Certo, l’impegno delle parrocchie potrebbe non bastare. Per
questo ieri padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana, ha
ricordato che papa Bergoglio non si è rivolto alle parrocchie solo come
struttura fisica abitata dai preti, ma comune comunità di fedeli.

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