La leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni,
ha vinto un'altra battaglia e chi aveva censurato le sue espressioni, ritenute
un po' troppo forti, sulla questione dei rifugiati, sarà bandito da Palazzo
Chigi. Marco
De Giorgi, direttore dell'Unar, l'Ufficio nazionale
antidiscriminazioni razziali, il 2 settembre scorso aveva redarguito la Meloni
e l'aveva invitata in una nota formale a "trasmettere alla collettività
messaggi di diverso tenore". Il risultato? Una grande polemica politica e
il probabile mancato rinnovo dell'incarico per quello che ormai è noto come
"il
censore di Palazzo Chigi".
La vicenda - Giorgia Meloni,
dopo aver ricevuto l'ammonimento, aveva scritto al presidente del Consiglio
Matteo Renzi facendogli notare che le sue erano opinioni
già conosciute e non offensive. "Ho solo detto che l'Italia dovrebbe dire
basta all'immigrazione", aveva ribadito la leader di FdI. E il Premier aveva
concordato con lei che l'opinione di un parlamentare è insindacabile. La
Meloni è stata poi ricevuta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che
l'ha invitata a ritenere "un'anomalia la lettera di un ufficio del governo
che richiama un parlamentare per le posizioni espresse", come riportato
dal Giornale.
Una considerazione sulla vicenda è arrivata anche dal presidente della Camera
Laura Boldrini che ha invitato la leader di FdI a
ricordare che "in una fase tanto delicata della vita politica e sociale
del nostro Paese e dell'europa, a coloro che ricoprono incarichi pubblici, è
richiesto il massimo senso di responsabilità nell'esercizio delle proprie
funzioni".
Il monito-
In favore del "censore", che ora vede il rinnovo del suo mandato
sfumare, si è schierata l'Arci, associazione vicina agli anti renziani del Pd.
Dall'associazione è arrivato un monito:"Non prevalgano
ancora una volta gli interessi della cattiva politica".
LA STRANA INTESA
Sergio
Mattarella con Giorgia Meloni:
"Un
anomalia il richiamo sugli immigrati"
Ai tempi del Minculpop (il ministero
della Cultura popolare al quale Benito Mussolini aveva affidato il compito di
controllare e organizzare la propaganda del Fascismo) sarebbe stata una
funzionaria perfetta. «La xenofobia e l’intolleranza devono essere
stigmatizzate anche nel Parlamento», dice la presidente della Camera, Laura
Boldrini, intervistata dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Un monito, quello
della terza carica dello Stato, talmente chiaro da far capire che quanto è
toccato alla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che si è vista
recapitare una lettera di richiamo per i toni usati in materia d’immigrazione,
potrebbe non essere stato un caso, ma l’inizio della fine della libertà
d’opinione. Opinione che, al netto della vera xenofobia e intolleranza che va
sempre e comunque censurata, appartiene al dibattito politico e della quale i
parlamentari hanno piena titolarità.
Un’idea,
quest’ultima condivisa e sottoscritta anche dal capo dello Stato che ieri ha
ricevuto la Meloni. «Il presidente della Repubblica ha tenuto ad incontrarmi
per ribadirmi che anche dal suo punto di vista, in qualità di garante della
Costituzione, considera un’anomalia che un ufficio del governo mandi a una
parlamentare eletto una missiva per richiamarlo sulle posizioni espresse», dice
la presidente di Fratelli d’Italia. La parlamentare aveva chiesto di essere
ricevuta da Sergio Mattarella e l’uomo del Colle, particolarmente sensibile ai
temi connessi alla libertà d’espressione, ha trovato subito un “buco” nella
propria agenda. «Avevo chiesto l’incontro dopo aver ricevuto una curiosa
lettera di censura dalla presidenza del Consiglio (l’Ufficio nazionale
antidiscriminazioni razziali, ndr) per le mie proposte in tema di immigrazione.
Volevo sapere dal nostro capo dello Stato se in Italia c’è ancora qualcuno che
difende i valori della Carta Costituzionale e quella libertà secondo la quale
tutti possono esprimere il loro pensiero. Il presidente Mattarella ha accolto
la mia richiesta».
E non si tratta
affatto di fatto neutro, privo di conseguenze ed effetti politici, dato che
quanto arriva dal Quirinale è davvero un monito per tutti. «Ora aspetto di
sapere che cosa ne pensa Renzi, che anche su questa vicenda non ha avuto il
tempo di esprimere un parere». Cosa che ha fatto anche la presidente della
Camera, Laura Boldrini. La quale sembra pensarla diversamente dal Colle, pur
dovendo essere solo arbitro e non giocatore. «Alla Camera abbiamo varie forze
politiche che considerano centrali i valori dell’accoglienza e della
solidarietà», dice la presidente di Montecitorio, «ma c’è anche chi esprime
apertamente la propria xenofobia, e quando qualcuno utilizza un linguaggio
d’odio noi non rispondiamo sempre con la necessaria fermezza». Parole, quella
della terza carica dello Stato, che innescano una dura reazione da parte della
Lega. «Da presidente della Camera si permette di tacciare come xenofobo e
razzista chi non la pensa come lei. Inaccettabile la censura dei deputati non
allineati al pensiero unico: questa è dittatura», dice il capogruppo leghista
alla Camera, Massimiliano Fedriga, che annuncia «iniziative forti». Anche i
senatori di Area popolare, Maurizio Sacconi e Gaetano Quagliariello, chiedono
spiegazioni al presidente del Consiglio Renzi in merito alla formale censura
dell’Unar.
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