L’allarme del procuratore antimafia:
“Così potrà uscire
anche Totò Riina”
Il grimaldello è in una riga e mezzo: “Revisione della
disciplina di preclusione ai benefici penitenziari per i condannati alla pena
dell’ergastolo ”. In molti temono che serva ad aprire “il cancello delle gabbie
delle belve”, come Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione dei
familiari delle vittime di via dei Georgofili, definisce l’art. 4 bis
dell'ordinamento penitenziario, che da 23 anni impedisce ai mafiosi detenuti di
ottenere i benefici penitenziari aggirando così l’ergastolo. Oggi il governo
cambia rotta: e nonostante “l’assoluta contrarietà a ogni futura modifica
normativa che possa anche solo attenuare le previsioni di cautela oggi vigenti”
manifestata il 9 luglio scorso dal capo dell’antimafia Franco Roberti in una
lettera inviata al presidente della commissione Giustizia della Camera
Donatella Ferranti, l’aula di Montecitorio riprende il percorso delle riforme
volute dai ministri Orlando e Alfano preparandosi a rivedere una norma
antimafia forse più importante del 41 bis. Roberti dice di più: “Nel ddl si
parla di eliminare”. Come non è ancora chiaro. “La dizione contenuta nell’art.
30 lettera E del ddl Orlando è generica - dice Giulia Sarti, del M5S - e tutto
viene rinviato a un decreto legislativo attuativo. Il rischio è che vogliano
dare la possibilità a mafiosi e terroristi di usufruire dei benefici
penitenziari anche se non collaborano con la giustizia”.
I GRILLINI annunciano battaglia anche se, ammette la Sarti,
“non sarà facile”. Quella norma non sono disposti a toglierla e l’approveranno,
anche se dopo la lettera del procuratore Roberti la presidente Ferranti (Pd) ha
introdotto una clausola che recita: “Salvo i casi di eccezionale gravità e
pericolosità e in particolare per le condanne per i delitti di mafia e
terrorismo anche internazionale”. Per i grillini non è la soluzione giusta,
anzi rende la norma più vulnerabile e si batteranno per eliminarla: “Per noi è
ancora più grave - aggiunge Giulia Sarti - perché scarica sui magistrati così
esposti a pressioni corruttive o minacce, la responsabilità della scelta”.
Perché per la lotta alla mafia è importante che l’art. 4 bis non venga toccato
lo spiega Roberti nella sua lettera: premesso che è “indiscutibile la necessità
che in stato di detenzione (il mafioso, ndr ) sia messo nell’impossibilità di
mantenere, all’esterno e all’interno del carcere, quei collegamenti con
l’organizzazione criminale che, storicamente e attualmente, costituiscono la
regola di comportamento di tali soggetti”, che ha indotto il legislatore a
introdurre il 41 bis, lo stato detentivo non modifica il ruolo del mafioso
all’interno della sua cosca, che riprenderà una volta libero: “Il che conferma
la necessità che possa godere dei benefici solo in via eccezionale e quando
emergano con certezza le condizioni che escludano ogni pericolo derivante da
una maggiore o anticipata libertà''.
CONDIZIONI GARANTITE dall’art. 4 bis che, secondo un
orientamento diffuso tra i magistrati antimafia rende l’ergastolo “una pena
vera”. “Senza il 4 bis - dicono - può uscire anche Riina”. E che il tema è
sensibile lo dimostrano i siti internet protagonisti di attacchi personali a
quanti operano nelle istituzioni a tutela della certezza della pena. Promette
battaglia anche la Chelli: “Se passerà una ignominia tale ci troverete in via
dei Georgofili a difendere la memoria dei morti sacrificati in nome dei
rappresentanti del Parlamento che non sanno prendersi le responsabilità e che
assecondano Cosa Nostra”.
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