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mercoledì 16 settembre 2015

Nino Di Matteo Il magistrato contrario alle modifiche del governo all’articolo 4 bis: “Lo volle Falcone, è a rischio la legislazione sui pentiti”

“I benefici per gli ergastolani erano l’obiettivo di Cosa Nostra”

di Giuseppe Lo Bianco

La revisione dell’articolo 4 bis? “Mi sembra un passo pericoloso nella direzione dell’ulteriore svilimento del principio della certezza e dell’efficacia della pena. Non vorrei che oggi nel silenzio, nel disinteresse o nella sottovalutazione generale si iniziasse a realizzare ciò che da sempre ha costituito uno scopo politico essenziale delle mafie”. Dopo che il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti ha manifestato la sua “assoluta contrarietà ” alla revisione dell’art. 4 bis dell’or d in amento penitenziario, da ieri in discussione alla Camera, è assai perplesso anche il pm del processo della trattativa Stato-mafia, Nino Di Matteo: “Oggi – dice –potremmo assistere alla realizzazione di una delle aspirazioni fondamentali delle menti raffinatissime degli strateghi di Cosa Nostra”.

Che cosa non va nella norma e cosa la preoccupa di più, dottor Di Matteo?
Mi sembra che si vada verso lo svilimento della funzione di deterrenza della sanzione penale. Ma mi preoccupa ancora di più la previsione d el l’abolizione di quelle preclusioni introdotte con una legge del 1991, l’art. 4 bis, fortemente voluta da Giovanni Falcone che a oggi impediscono la concessione di benefici penitenziari a esclusione della liberazione anticipata, ai detenuti di mafia a meno che non abbiano iniziato a collaborare con la giustizia. E potremmo assistere a un altro passo verso lo smantellamento di quella legislazione antimafia che si rivelò all’inizio degli anni 90 finalmente efficace.

E cioè l'abolizione del “doppio binario”, legislativo e penitenziario, voluto da Falcone per i detenuti mafiosi. Perché è così importante?
Intanto perché legava la concessione delle attenuanti alla collaborazione con la giustizia, che fu una delle intuizioni di Falcone. E poi perché è storicamente accertato che ai mafiosi non fa paura il carcere ma una detenzione che sia tale da impedire la loro speranza di poter continuare a comandare e ciò finora è avvenuto anche attraverso l’applicazione del 4 bis che si è rivelato efficace e ha costituito un’ossessione nelle menti più raffinate dell'organizzazione mafiosa. Oggi invece si introduce il principio di concedere benefici quali l’ammissione al lavoro esterno, la fruizione di permessi premio o altre misure alternative come la detenzione domiciliare o la semilibertà a tutti i detenuti per mafia.

Ne godrebbero gli ergastolani mafiosi condannati per strage, c’è il rischio di una scarcerazione di Riina?
La revisione della norma vale anche per loro, ciò che prima era un automatismo nella nuova previsione diventa un atto discrezionale affidato ai tribunali di sorveglianza. Così facendo anche l’ergastolo finirebbe per essere svuotato del contenuto di irrevocabilità per diventare una finta pena perpetua.

Condivide l'allarme del presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime di via dei Georgofili, Giovanna Maggiani Chelli, che ritiene “probabile che stia per essere dato a Cosa Nostra ciò che con la strage di via dei Georgofili ha fortemente chiesto con un attacco allo Stato”?
Mi sembra paradossale, offensivo e beffardo per i parenti delle vittime che si trascuri un dato processualmente accertato: la campagna stragista del 1993 era finalizzata a costringere lo Stato ad abbandonare nei confronti dei mafiosi un sistema di detenzione più rigido, e perciò efficace, di quello dei detenuti comuni. Era uno degli obiettivi principali del ricatto allo Stato portato a suon di bombe e attentati.

Che si aspetta dai parlamentari?
Mi auguro che la nostra classe politica si muova nelle sue decisioni tenendo conto che, nonostante molti non lo vogliano far credere, la questione mafiosa è più che mai attuale e costituisce il pericolo più grave per la tenuta della nostra democrazia.

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