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lunedì 28 settembre 2015

Quelle strade e piazze mai riempite in Italia


In questi anni non so in quanti e quante volte ci è stata fatta la fatidica richiesta “Portateci in piazza! Occupiamo le strade, non se ne può più di queste ingiustizie e voi siete solo opposizione, il popolo italiano deve farsi sentire!”

Ragionamento che non fa una piega e si rafforza ogni volta che dall’America latina o dall’Europa dell’est o dalla vicina Spagna arrivano immagini di piazze, strade, intere città piene zeppe per giorni e giorni di manifestanti.
In Italia non è mai successo e a mio avviso non succederà, già il fatto stesso di chiedere a “qualcuno” di “portare la gente” per le strade a protestare è una evidente spiegazione del perché.
Eppure le manifestazioni ci sono, ripetutamente, quotidianamente, a Roma soprattutto ma non solo.
Il punto è che sono sempre SETTORIALI e CIRCOSCRITTE a un pericolo imminente.
Lo abbiamo visto con la riforma della scuola, insegnanti in protesta; sull’articolo 18, lavoratori in protesta; sulle unioni civili, comunità lgbt in protesta; tagli in sanità, i medici preparano mobilitazione, ecc… da una vita e chissà per quanto.
Si scende in piazza quando i propri personali diritti e interessi stanno per essere intaccati e si condivide l’allarme solo con chi ha quegli stessi diritti e interessi, tutti gli altri se ne fregano bellamente, oppure si limitano a espressioni di solidarietà davanti al tg oppure proprio non ne sanno nulla.
Ma non è cattiveria o egoismo, è che noi come popolo siamo cresciuti così, vuoi magari per la nostra frastagliata storia, vuoi per chissà quali altri motivi, non abbiamo la concezione di “comunità” che non significa aiutare la vecchina ad attraversare la strada o fare un regalo al figlio della tua vicina, ma riuscire a cogliere i sottili, molteplici e indistruttibili collegamenti che esistono fra di noi Persone, anche fra quelle che in apparenza non hanno proprio nulla in comune, manco il colore della pelle.
Al massimo ce ne accorgiamo dopo, tipicamente quando è troppo tardi, ma purtroppo ci ha toccati solo in quel momento.
Quante persone ci saranno, ad esempio, che hanno appena avuto un figlio e che nulla sanno della riforma della scuola perché giustamente il bambino ancora non ci va? Se ne accorgeranno purtroppo fra diversi anni quando ci sbatteranno la faccia, loro e il bambino. E quante persone ci saranno in piena salute che un medico nemmeno saprebbero riconoscerlo e che nulla sanno dei 208 esami che stanno per essere giudicati inutili e quindi al massimo te li paghi tu? Lo sapranno quando, chissà fra quanto tempo, avranno bisogno di una risonanza magnetica e il medico gli dirà che se gliela prescrive viene sanzionato, e quindi se la deve pagare lui se proprio vuole farla. E così via…
Gli italiani non è che sono pigri o non vogliono fare sentire la propria voce, è che devono vedere un motivo impellente, quasi di vita o di morte, e che soprattutto li tocchi palesemente in prima persona. Se è un pericolo che li tocca indirettamente, come in una catena in cui si passa da diversi anelli prima di raggiungere te, e se per giunta non è imminente ma magari a medio-lungo termine, addio rivoluzione, protesta, #tuttiacasa. La fanno solo quei primi anelli della catena direttamente interessati.
Peccato che in una società non importa quanti anelli debbano essere intaccati, prima o poi raggiungono inesorabilmente anche te e non puoi sfuggire in alcun modo.
Puoi dire e pensare tutto quello che vuoi, che non ti interessi di politica, che tanto non cambierà mai niente, che quel giorno eri impegnato, che hai cose da fare, che non hai tempo, che tieni famiglia, ecc… (tutte cose che condividono anche tutti gli altri eh!) ma alla fine di tutto a scuola i tuoi figli ci devono comunque andare, in città ti devi comunque spostare, in ospedale ti devono comunque curare, la spesa la devi comunque fare, l’aria la devi comunque respirare…
Se questi legami indissolubili tra la vita di una persona, delle altre persone e la nostra vita fossero lampanti, così come in realtà sono, non vedremmo sempre e solo infermieri che si battono per gli infermieri, omosessuali che si battono per omosessuali, disabili che si battono per disabili, genitori che si battono per i figli, ambientalisti che si battono per l’ambiente, nessuno che si batte per la Costituzione (pensate al paradosso: la Carta che ci unisce tutti come popolo, che ci dona la dignità e l’onore di stare e vivere insieme in un posto chiamato Italia è proprio quella per cui c’è sempre meno gente che scende in piazza…o che la conosce) o contro certi trattati europei (percepiti lontani come la luna ma che invece incidono pure su quello che mangiamo) ma vedremmo una comunità variegata ogni volta, che capisce il rischio per chi sta in prima linea che poi si propaga alla seconda linea, alla terza, …
Giustamente però, con questa modalità, non è che si può andare a protestare ogni santo giorno visto il governo assurdo che ci ritroviamo, ecco quindi che, forse, si occuperebbero le strade per giorni e giorni come sogniamo di vedere ogni volta che lo fanno in altri Paesi. Senza bisogno di chiedere a terzi “fammi protestare insieme a milioni di italiani”.
Sta tutta qua la sfida che, a mio avviso, dobbiamo vincere come popolo, per esserlo davvero.

Nel frattempo alleniamoci a essere una #comunità, riscopriamo cosa ci lega gli uni gli altri e come usare questi legami per vivere meglio, far vivere meglio gli altri fa vivere meglio noi. È una catena che non si potrà mai spezzare.

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