Oroscopi, gossip, suonerie, giochi, chat e contenuti più o
meno erotici: sono tutti i servizi “succhiasoldi” che attiviamo
involontariamente navigando con lo smartphone e che a colpi di 5/6 euro a
settimana consumano la nostra ricarica (se abbiamo una prepagata) o fanno
lievitare la nostra bolletta in caso di contratto, nascosti tra le altre voci
di costo. Finire nel “tunnel” di abbonamenti non richiesti è facilissimo così
come invece è complicatissimo riuscire a disattivarli e, ancora peggio, essere
rimborsati di quanto speso: basta sfiorare accidentalmente un banner
pubblicitario mentre stiamo navigando, oppure tentare di chiudere una finestra
pop-up che compare sullo schermo mentre stiamo giocando.
Basta un click, insomma, per sottoscrivere i servizi più
disparati e trovarsi a ricevere sms di vario genere con contenuti a pagamento.
Sarebbero circa 10 milioni, secondo l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
(Agcom), gli italiani che prima o dopo si sono ritrovati con addebiti non
richiesti, per un giro di affari che il Politecnico di Milano ha stimato
intorno agli 800 milioni di euro. Una piaga su cui quest’anno, sollecitata
dalle segnalazioni di utenti esasperati, l’Autorità è intervenuta due volte
sanzionando con multe pesanti i quattro maggiori operatori di telefonia mobile:
Tim, Vodafone, Wind e H3G. Una prima stangata è arrivata a gennaio: l’Antitrust
con l’accusa di pratiche commerciali scorrette ha sanzionato per un totale di
oltre 5 milioni di euro le quatto aziende di tlc (1 milione 750 mila ciascuno
per Telecom e H3G e 800 mila euro ciascuno per Wind e Vodafone) giudicate
responsabili nell’attivazione dei servizi a sovrapprezzo non richiesti. E di
nuovo pochi giorni fa l’Antitrust è intervenuta multando le “magnifiche
quattro” con un totale di 1 milione 733 mila euro (Telecom 583 mila, Wind 350
mila, Vodafone e H3G 400 mila) “per non aver rispettato i provvedimenti del
gennaio scorso, continuando a non acquisire un consenso pienamente consapevole
del consumatore per l’acquisto dei servizi premium”. Diverse le colpe degli
operatori mobili: innanzitutto non fornire adeguata informazione circa la
possibilità di attivare preventivamente il “blocco selettivo” che impedirebbe
all’origine la ricezione dei servizi a pagamento; poi non contrastare l’attivazione di questi abbonamenti col meccanismo del doppio click, cioè una seconda
digitazione con cui l’utente deve confermare l'adesione al servizio dopo averne
visionato termini e costi. Ma non è tutto. Per la prima volta l'Autorità ha
scoperchiato il business che sta dietro a questi abbonamenti, così si legge nel
provvedimento di sanzione: “L’operatore di telefonia trae uno specifico
vantaggio economico dalla commercializzazione dei servizi premium. Dalle
evidenze istruttorie emerge, infatti, che gli operatori non sono remunerati
forfettariamente ma percepiscono in genere una elevata percentuale (in media
circa il 30-60%) sui servizi commercializzati dai provider”.
Cadono così le giustificazioni fornite dal Servizio clienti
di questo o quell’operatore per negare il rimborso: “Non dipende da noi, il
servizio è di altri". Oppure: "I soldi non vanno a noi".
"Finalmente l’Antitrust ha svelato che esiste un accodo commerciale
preciso e che operatori tlc e provider vanno a braccetto e si spartiscono gli
introiti”, Pietro Giordano, presidente nazionale Adiconsum, multa dopo multa
alla fine qualcosa sembra smuoversi. Dal primo ottobre per esempio H3G ha
introdotto il famoso meccanismo del doppio click per prevenire le attivazioni
non richieste. Stessa cosa per Vodafone (dal 15 ottobre) che ha fatto anche di più:
dopo l’iniziativa “Soddisfatti o Rimborsati sulla rete 4G” (a chi segnala la
lentezza della connessione viene concessa una giornata di internet gratis), dal
22 ottobre è partito anche “Soddisfatti o Rimborsati per i servizi digitali”.
In pratica attraverso l’app gratuita My Vodafone gli utenti che pagano per
servizi attivati involontariamente possono richiederne la disattivazione e il
rimborso per gli addebiti degli ultimi 90 giorni, senza bisogno di dimostrare
che l’attivazione sia stata involontaria e con la possibilità di inserire il
blocco selettivo (cd barring) in modo da essere protetti da future attivazioni.
L’iniziativa dell’azienda, venduta oggi come un segno di vera attenzione nei confronti
del l’utente (l’intera operazione si chiama “We care”), non è in realtà nuova.
Nella relazione inviata dalla Vodafone all’Antitrust a marzo, tra i
provvedimenti adottati si parla già della possibilità di ottenere il rimborso
per i servizi premium per un periodo massimo di 90 giorni. Solo che in quel
caso si doveva passare dal Servizio clienti e ora si utilizza l’app.
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