Vicepresidente della
Camera a 26 anni, mai accaduto prima: ha battuto pure Andreotti…
«Sì, ma io non farò come lui, 65 anni in Parlamento. Il
regolamento di M5S è chiaro: due mandati e a casa, anche se avrò solo 36 anni».
Che idea aveva del Parlamento prima di entrarci? «Che fosse un posto dove tutti si sentono al di sopra della legge. Ed è quello che penso anche oggi. Basta pensare ai regolamenti parlamentari: sono chiari ma dal primo giorno in cui sono diventato vicepresidente mi hanno detto che quel che conta più di tutto è la prassi perché non c’è nulla che non sia già accaduto in Aula».
Questo bellissimo ufficio con affaccio su Piazza Montecitorio non le dà una
certa ebbrezza di potere?
«La regola dei due mandati e il taglio dello stipendio sono due limiti che
aiutano a restare coni piedi per terra. Ti fanno sentire che non sei eterno e
ti costringono a fare delle scelte ogni mese su come spendere i tuoi soldi,
proprio come fa la gente fuori dal Palazzo».
Che senso ha avuto proporre una mozione di sfiducia contro la Boschi pur
sapendo che non sarebbe stata sfiduciata?
«Bisognava far
emergere l'ipocrisia del Pd, in conflitto d'interesse con i suoi elettori, e
del ministro, in conflitto d'interessi con la sua famiglia. La mozione di
sfiducia è stato un atto politico prima che pratico o giuridico, per
sottolineare che il governo sta prendendo in giro gli italiani».
Beh, ma il concorso esterno in associazione bancaria non è ancora reato…
«Il fatto che il
ministro si sia assentato mentre il governo votava il decreto salva-banchieri
prova che lei e tutto il governo sono consapevoli del conflitto d'interessi. La
Boschi deve dimettersi, è un fatto d’opportunità politica e correttezza: suo
padre e suo fratello avevano delle responsabilità nel crac di Banca Etruria,
che ha azzerato i risparmi di 12mila investitori raggirati dalla banca».
Ma il ministro non è tecnicamente in conflitto d'interessi…
«La realtà politica e
fattuale è diversa da quella giuridica. In qualsiasi Paese con politici civili,
un ministro nelle condizioni della Boschi si sarebbe dimesso spontaneamente».
Crede che sia l'inizio del tramonto dell’astro Boschi dal firmamento della
politica?
«Questo non mi
interessa, anche se è vero che prima dello scandalo si parlava di lei come
possibile futuro premier e adesso la cosa è impensabile ed è altrettanto vero
che superare una mozione di sfiducia può rafforzare nel breve periodo ma alla
lunga ti segna. La questione delle banche ha segnato molto anche il premier».
Davvero è convinto che la pagherà?
«Ne sta già pagando le
conseguenze. Il governo è intervenuto su Etruria pesantemente: prima, quando la
banca era quasi fallita, agevolando l'impennata delle azioni con il decreto
sulle popolari, quindi facendone pagare il salvataggio agli altri istituti, che
si rifaranno inevitabilmente su tutti i risparmiatori, infine col decreto che
impedisce ai correntisti truffati di rivalersi sugli amministratori. Sono
comportamenti che azzerano la fiducia dei cittadini e dimostrano che il premier
usa due pesi e due misure con gli scandali finanziari, piegandoli ai suoi
interessi politici».
In che modo?
«A Roma non voleva
Marino e lo ha costretto alle dimissioni per una vicenda di note spese che è
nulla rispetto alla vicenda non chiarita delle spese pazze a Firenze, che copre
e su cui ha imposto di fatto un silenzio stampa. Al governo ha fatto dimettere
Lupi, giustamente, per un orologio al figlio e sorvola sui 150mila euro di
multa imposti dalla Consob al padre del suo ministro preferito. Quando gli
scandali giudiziari gli servono a liberare poltrone, scarica chi è coinvolto,
quando lo mettono in difficoltà, lo difende».
Perché il Pd ha la passione delle banche?
«La commistione di
interessi tra banche e Pd è ben nota, dalla merchant bank che parla italiano di
D'Alema, all'abbiamo una banca di Fassino all'avevano una banca di Renzi e
Boschi. Ma non è che al Pd piacciano le banche, gli piacciono i soldi. Hanno
perso tessere e la base sul territorio non esiste più, quindi hanno bisogno di
finanziarsi e le banche sono l'ideale. Comunque lo scandalo Etruria è solo la
punta dell'Iceberg».
Che altro pensa ci sia
sotto?
«Vorrei, attraverso
quest’intervista, fare un appello al premier: renda trasparenti i bilanci delle
sue fondazioni. Non vorrei scoprire che tra i titolari dei 90 milioni di fidi
concessi da Banca Etruria figurassero finanziatori di Open, Big Bang, o della
Leopolda. Abbiamo sempre supposto che lo stretto rapporto tra Renzi e la Boschi
si fondasse su una grande fiducia personale; comincio a pensare che ci siano
anche risvolti economici. Renzi non può scaricarla perché se cade lei, cade il
governo, ci sono troppi interessi in ballo».
Tutti dicono che la Boschi è un ministro bravissimo: guardi come ha spaccato il
centrodestra e portato a casa le Riforme…
«È bravissima a
gestire gli equilibri di potere. Ma soprattutto a violare con disinvoltura i
regolamenti, spingendo per far votare oltre gli orari consentiti, con sedute
fiume e quant'altro oppure ignorando le opposizioni con la famosa pratica del
canguro che taglia gli emendamenti».
E Bankitalia non ha responsabilità?
«Padoan e il ministero
dell’Economia dovrebbero chiedere ai vertici di Bankitalia di dimettersi. Per
opportunità e perché lo vogliono gli italiani. Ma sappiamo tutti che la
vigilanza di Bankitalia è una barzelletta, quindi non si può neppure parlare di
fiducia tradita. I vertici di Bankitalia sono scelti dal governo, come quelli
della Consob: qualcuno si stupisce che abbiano vigilato poco su una banca tanto
cara al premier?».
Chi ha sbagliato pagherà, come assicura Renzi?
«No, anche perché coi
tempi della nostra giustizia sarà tutto prescritto. Sicuramente poi, chi ha
truffato non risarcirà».
Lei come preserva i suoi risparmi?
«Li metto tutti su un
conto a zero interessi».
Che lavoro faceva prima di entrare in Parlamento?
«Stavo fondando una
società di comunicazione e web marketing, a cui tornerò finita l'esperienza
politica».
E quanto guadagnava?
«La società stava
partendo, i miei guadagni non erano alti. Vivevo con i genitori».
Lo vede che non lascerà mai la politica...
«La politica per me è
trovare soluzioni per i cittadini. Al liceo ero rappresentante d’istituto, la
scuola era stata danneggiata dal terremoto e siglammo un patto col preside:
niente scioperi in cambio dei fondi della ricostruzione. Ho ancora la foto
della posa della prima pietra».
È vero che ha avuto più voti come rappresentante degli studenti che come
deputato della Repubblica?
«Sono all'incirca gli stessi, qualcosa più di 200. Comunque, M5S ha avuto oltre
nove milioni di voti, sono quelli che mi legittimano E a Napoli all’università
rappresentavo 18mila studenti come presidente del consiglio studentesco».
Non si sente un miracolato?
«Miracolati sono i
parlamentari nominati dai partiti, che non hanno avuto neppure 200 voti. Mi
sento una persona che, con umiltà e impegno, ha l’onore di portare la voce dei
cittadini in un Parlamento in cui di solito parlano le lobby».
Cosa votava prima?
«Nel 2008 già
simpatizzavo per Cinque Stelle e si decise di non dare fiducia alla vecchia
politica. Nel 2004 ho votato una Lista che sosteneva i Disabili. Mi sono sempre
tenuto lontano dalla sinistra e dalla destra».
E perché entrò in Cinque Stelle?
«Furono le battaglie
per il Parlamento senza indagati e per il vincolo dei due mandati che mi fecero
capire che questa era la mia strada».
Allora è vero che è un
giustizialista...
«Non sono a favore
della presunzione d'innocenza per i politici. Se uno è indagato, deve lasciare,
lo chiedono gli elettori».
Ma se poi uno viene assolto?
«Si ripresenta. La
questione etica è un'emergenza da risolvere in via prioritaria. Il problema
sono i tempi della giustizia, ma basta eliminare la prescrizione per andare
presto a giudizio».
Non si dà troppo potere ai pm così? Basta indagare il politico sgradito e lui è
finito…
«Non credo ai giudici
politicizzati, anche se è vero che alcuni fanno politica. Sono quelli come
Ingroia che ledono l'immagine della magistratura, perché dimostrano la verità
del teorema Berlusconi. Se uno si candida, deve lasciare la toga».
Anche i giudici però sono una casta. Guadagnano quanto voi, talvolta di più…
«Chi li critica
dovrebbe prima tagliarsi lo stipendio come facciamo noi. E comunque i giudici
che piacciono a me, quelli di frontiera, guadagnano il giusto».
Brunetta dice che fate finta opposizione e inciuciate con il Pd. Sostiene che
l'elezione dei giudici costituzionali ne è la prova.
«Lui ha fallito,
insistendo per far eleggere un parlamentare nonché avvocato di Berlusconi, noi
abbiamo contribuito a eleggere due tecnici che non hanno nulla a che fare con
M5S. Mi pare che il malumore di certi forzisti verso il loro capogruppo non sia
ingiustificato».
Anche voi avete un problema di classe dirigente, lo ammetta…
«No, è che ci serve
tempo per farci conoscere. Fino a due anni fa si conosceva solo Beppe Grillo;
oggi ci sono diversi volti e tra un anno sono certo che ne saranno emersi di
nuovi».
Per ora oltre a lei è Di Battista non si va...
«Siamo i più
conosciuti, i front man, ma non per questo i più importanti. Dietro le quinte
abbiamo persone preparatissime».
Sì, tutti importanti, ma ora che Grillo si fa da parte lei è il leader: l’ultimo
sondaggio la dà secondo per popolarità tra i politici...
«Leader è una parola
vecchia. Leader è Renzi, leader è Berlusconi. Io ho un ruolo più evidente
perché sono vicepresidente della Camera».
Però già nel look si è distinto da subito…
«Se le faccio vedere
la foto dei miei 18 anni, ero già in giacca. È una questione di stile
personale, l'ho ereditata da mio padre, imprenditore edile che va tutti i
giorni in cantiere col vestito e ritorna ogni sera pieno di polvere».
Come vi siete spartiti i ruoli con Di Battista: lui interpreta l'anima
sognatrice di M5S e lei è il pratico che può governare?
«Lui è più concreto di
quanto non appaia e io più sognatore. Abbiamo un’indole differente, lui
estroverso, io introverso, ma non ci siamo ripartiti dei ruoli».
Cosa risponde a chi dice che siete solo un partito anti-casta?
«Rispondo che siamo un
movimento che si pone obiettivi di governo. Anche se la battaglia anti-casta
resta molto importante. Ed è la più ardua, perché qui nessuno vuole rinunciare
ai propri privilegi. Abbiamo appena tolto i viaggi gratis agli ex parlamentari,
un risparmio di 900 milioni. Ho visto settantenni quasi alle lacrime, come li
avessimo buttati sulla strada».
Quali battaglie per M5S di governo?
«Reddito di
cittadinanza per tutti, eliminazione dell’Irap per le imprese»
Che voto si dà in inglese da 1 a 10?
«Mi do un sei. Non
politico».
Nessun commento:
Posta un commento