Scrivi regalo, leggi inchiesta. Che poi buona parte delle
indagini su tutti i politici «omaggiati» nel corso degli anni da lobbisti e
imprenditori si siano concluse con un nulla di fatto è un’altra storia. Che
dimostra, semmai, quanto nuoccia agli stessi parlamentari la mancata esistenza
di un albo dei lobbisti e dell’obbligo di denunciare qualsiasi regalia
ricevuta. Se una legge simile esistesse, magari i «presenti» resi pubblici
sarebbero stati considerati dai magistrati solo semplici regali e non spie di
ipotetici casi di corruzione.
Basterebbe citare il
caso di Maurizio Lupi, costretto a dimettersi da ministro delle Infrastrutture
senza mai risultare neanche indagato nell’inchiesta sul «sistema Incalza» che
gestiva l’assegnazione di buona parte degli appalti pubblici. All’ex ministro
sono stati fatali proprio i tanti regali ricevuti, per sé o per i congiunti,
dagli esponenti della «cricca» coinvolti nello scandalo: ad esempio l’abito
sartoriale fattogli confezionare da Franco Cavallo, lo stesso che comprò un
biglietto aereo del costo di 447, 03 euro per far viaggiare la signora Lupi in
prima classe da Milano a Bari. E ancora, l’ormai famigerato Rolex da oltre
diecimila euro ricevuto dal figlio del ministro come regalo di laurea da parte
di Stefano Perotti.
Le inchieste sulle
«cricche» dei lavori pubblici sono un argomento sempre verde. Solo cinque anni
fa toccò alla «banda» di Diego Anemone e Francesco Piscicelli. Quest’ultimo era
l’imprenditore intercettato mentre a telefono con il cognato rideva e si
fregava le mani la notte del terremoto dell’Aquila. Dall’inchiesta emersero i
suoi stretti rapporti con l’allora segretaria di Gianfranco Fini, Rita Marino,
che per il Natale 2009 da lui ricevette un monile acquistato alla gioielleria
Bonanni di Roma. Né Rita Marino né Gianfranco Fini, va ricordato, sono mai
stati coinvolti nell’indagine.
Chi pagò a caro
prezzo la sua vicinanza a quella «cricca» fu Carlo Malinconico che nel 2012 si
dimise da sottosegretario del governo Monti per essersi fatto pagare, cinque
anni prima, la vacanza nel costosissimo resort Il Pellicano di Porto Ercole dal
solito Piscicelli.
Se si affronta il
capitolo vacanze non si può fare a meno di citare la vicenda che ha coinvolto
Roberto Formigoni, sotto accusa per le vacanze ai Caraibi pagategli dal
faccendiere Pierangelo Daccò quando era governatore della Lombardia. Il
processo per presunta corruzione è ancora in corso.
Anche a sinistra i
guai per i regali sono diversi. Tra i casi più noti quello delle «cozze pelose»
ricevute dall’attuale governatore della Puglia Michele Emiliano quando era
sindaco di Bari. La donazione «ittica» per Natale partì dalla famiglia di
imprenditori baresi De Gennaro, coinvolta nell’inchiesta su alcuni appalti
realizzati nel capoluogo pugliese. Anche in questo caso non c’è stata però
alcuna coda giudiziaria.
A Roma sono ormai
diventati famosi i ricchi cesti natalizi con cui Manlio Cerroni, ex ras dei
rifiuti, omaggiava svariati politici, mentre un altro caso che ha fatto scuola
è quello dell’appartamento al Colosseo acquistato all’ex ministro Claudio
Scajola «a sua insaputa» da parte dell’imprenditore Diego Anemone. Scajola
circa due anni fa è stato assolto da tutte le accuse ma pagò lo scandalo con le
dimissioni da ministro.
Stessa sorte per
Antonio Di Pietro, che da ministro ai Lavori Pubblici del primo governo Prodi
finì indagato dalla Procura di Brescia in virtù di un’intercettazione nella
quale il banchiere Francesco Pacini Battaglia si lasciava sfuggire di aver
«pagato» per uscire dall’inchiesta Mani Pulite. Di Pietro, in seguito alle
accuse, si dimise da ministro ma successivamente è stato assolto da tutti i
capi d’accusa.
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