
La Corte
costituzionale dà il via libera al referendum sulle trivellazioni per la
ricerca di idrocarburi in mare: ieri la Consulta ha dato il parere definitivo
per l’unico dei sei quesiti sopravvissuti, quello che riguarda i permessi di
ricerca entro le 12 miglia dalla costa e la loro durata. Per il governo è la
minaccia di un altro referendum oltre quello costituzionale che dovrebbe
esserci ad ottobre.

Come sembra stia già facendo: ieri, non meglio precisate
“fonti parlamentari” hanno prima fatto sapere alle agenzie di stampa che il
governo era pronto ad una selettiva modifica al decreto Sblocca Italia per la
durata delle concessioni, poi hanno smentito e precisato che “chiunque vinca ,
non ci sarà alcuna nuova trivellazione”. Si spera. Intanto, se il governo
volesse davvero evitare il referendum dovrebbe soddisfare completamente la
richiesta referendaria. Anche perché, in caso contrario, i comitati (e le
Regioni, salvo eventuali dietro front) sono pronte a dare battaglia. E il
governo lo sa. Tanto che era già corso ai ripari dopo che le proposte di
referendum, in tutto 6, avevano avuto l’imprimatur della Cassazione. Con la
legge di Stabilità aveva provato a porre rimedio, recependo molte delle
richieste avanzate dai referendari e rendendo ammissibile un solo quesito:
quello sulla misura che stabilisce che le concessioni petrolifere già
rilasciate durino fino a esaurimento dei giacimenti, traducendosi un
prolungamento sine die. A decidere, ora, potranno essere i cittadini.
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