VIDEO 5 GIORNI A 5 STELLE

DI BATTISTA - 11.05.2016 OTTOEMEZZO

11.05.2016 - ALFONSO BONAFEDE (M5S) Unioni civili: tutta la verità in faccia al governo

giovedì 10 settembre 2015

Alla Camera piovono euro: sì al malloppo per i partiti

LA SANATORIA
Per la legge Letta avrebbero dovuto
prima rendere trasparenti i bilanci.
Al primo voto dopo le ferie, però, ecco il blitz del Pd 
(e di tutti gli altri tranne M5S): i controlli solo in futuro



Il verdetto arriva sotto una pioggia di banconote da 500 euro. Cala dagli spalti che sovrastano l’emiciclo di Montecitorio al grido di “vergogna, vergogna” mentre il tabellone segna 319 sì, 88 no (il M5S) e 27 astenuti (Sel). Mercoledì 9 settembre, primo vero giorno di lavori d’aula , primo disegno di legge discusso e la Camera viene incontro a larga maggioranza al lamento disperato dei tesorieri dei partiti: i vecchi bilanci sono incontrollabili, ma avranno lo stesso il rimborso elettorale, un malloppo da milioni di euro (45 sulla carta, secondo i pentastellati, ma solo 20 contabilizzati quest’anno dai partiti) da spartire in base ai voti ricevuti. L’ultimo rimasuglio, si fa per dire, del finanziamento pubblico che almeno fino al prossimo anno garantirà la sopravvivenza dei partiti. Una sanatoria, chiesta e ottenuta dai responsabili delle disastrate casse dei partiti, e contestata ferocemente dai 5Stelle. Il testo è a firma Pd, presentato dall’ex Sel (ora democrat) Sergio Boccadutri. Qualche pagina, tre articoli, e un’approvazione lampo. La palla passa ora al Senato: entro un paio di settimane la partita si chiude, altrimenti i bilanci 2015 segneranno deficit da bancarotta. Premessa: un decreto voluto dal governo Letta (e convertito quando a Palazzo Chigi sedeva Matteo Renzi) ha stabilito che a partire dal 2017 i partiti dovranno fare affidamento solo sul due per mille e sui contributi dei privarti (le “erogazioni liberali”). Fino a quel momento, però, la flebo del finanziamento pubblico resta (M5S escluso, perché vi ha rinunciato) seppure con un decalage del 50% nel 2015 (45 milioni) e del 75% nel 2016 (22 milioni).
E veniamo a quest’anno. La rata è scaduta nel luglio scorso, ma i soldi sono rimasti nei conti delle Camere perché la Commissione di garanzia, controllo e trasparenza sui bilanci - prevista dalla legge - e presieduta dal magistrato contabile Luciano Calamaro non ha potuto bollinare i rendiconti del 2013 inviati dai tesorieri. Il motivo è semplice: la mole di dati è enorme, tenuto conto che si tratta di 48 partiti, e le risorse a disposizione scarse: 5 persone, senza stipendio aggiuntivo e per di più in carica da marzo, visto che i precedenti membri si sono dimessi a ottobre 2014. Riassunto: il 30 giugno scorso la Commissione ha alzato le mani e comunicato alle presidenze di Camera e Senato che senza personale in più non se ne faceva nulla. Invano Grasso e Boldrini hanno invitato i partiti a dotare la struttura del personale tecnico necessario. Il dibattito è finito in un nulla di fatto, o meglio, si è affidato a due parlamentari - Gianni Melilla per la Camera, e Antonio De Poli per il Senato - il compito di verificare le conseguenze giuridiche di una forzatura: dare lo stesso i soldi ai partiti senza l’ok della Commissione. Il verdetto è arrivato pochi giorni dopo, durissimo: “Non è possibile - si legge nella missiva spedita ai due presidenti - anche perché i rendiconti potrebbero alla fine risultare irregolari”. Tradotto: i soldi restano bloccati.
E qui si è deciso l’accrocchio: Boccadutri presenta un testo per dotare la Commissione di altre 4 unità, ma nella distrazione generale, a luglio una sconosciuta deputata Pd siciliana, Teresa Piccione, infila un emendamento - col beneplacito del relatore - che invece è una vera e propria sanatoria. Cosa dice? Che le novità sui controlli previsti dalla nuova legge, partiranno nel 2015. Per il 2013-2014 non se ne farà nulla. Niente verifica dettagliata spesa per spesa, cioè tra entrate e uscite con le singole voci, insomma, con gli scontrini alla mano. Quello che per la commissione era il fiore all’occhiello, previsto dalla legge Letta in aggiunta al semplice controllo di regolarità dei bilanci presentati dai partiti fatto finora. Il testo approvato ieri alla Camera, invece, prevede che resti solo quest’ultimo, e che quello sui bilanci 2013 vada consegnato entro 30 giorni dall’entrata in vigore delle nuove norme. In caso di irregolarità, scattano le sanzioni (che possono andare fino a due terzi della tranche spettante). Ma con il vecchio sistema non è mai successo. Non solo, la Commissione dovrebbe fare in un mese e mezzo quello che non ha fatto in quattro. E se non ce la fa, finisce tutto in un condono. Scenario non improbabile, considerato che per settimane questori e Commissione hanno litigato perfino su dove sistemare le decine di scatoloni con i dati delle 48 sigle. D’altronde, che i partiti abbiano un bisogno disperato di quei soldi lo si vede dai bilanci 2014, per gran parte in deficit. La boccata d’ossigeno, stando alle delibere approvate dalle Camere, intanto frutterà al Pd circa 8 milioni, 1,1 a Lega e Scelta Civica, 6 a Forza Italia e 700 mila euro a Sel.

Nessun commento:

Posta un commento