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giovedì 10 settembre 2015

Scippo agli esodati, il governo preleva 500 milioni di euro

Ancora guai per la legge Fornero:
Cesare Damiano (Pd) denuncia le manovre del
Tesoro che toglie i fondi stanziati


Sembra la maledizione degli esodati. Dopo il clamoroso errore della legge Fornero la vicenda sembra non avere mai fine. E anche quando una legge aveva incardinato la stabilizzazione di quei lavoratori, rimasti nel 2012 senza lavoro e senza pensione - lavoratori in mobilità, in prosecuzione volontaria, iscritti ai Fondi di solidarietà, in congedo volontario, lavoratori cessati da accordi collettivi e la lista è anche più lunga - i tecnici del ministero delle Finanze intervengono per portarsi via i fondi residui.
A denunciare il caso è il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, il quale svela che “secondo l’interpretazione della legge data dai tecnici del Mef le risorse risparmiate nei programmi di salvaguardie vengono ‘ingoiate’ dalla contabilità nazionale”. Prese dalla Ragioneria e portate in cassa, come si è soliti fare in casi di risparmi accertati. Si tratta di 500 milioni di euro contabilizzati come tali dall’Inps e che il Tesoro si è messo immediatamente in tasca. Il rischio, però, è che la stessa cosa accada, se quell’interpretazione venisse confermata, anche per 800 milioni del 2015, non ancora certificati dal Mef e per un ammontare complessivo di 3,3 miliardi di qui al 2023, data per la quale la legge prevede garanzie di salvaguardia ai cosiddetti esodati. Damiano ricorda lo spirito della legge che ha previsto una “deroga ” alla prassi secondo la quale i risparmi prodotti vanno a finire nella contabilità generale. La particolare condizione degli esodati “con stime eccessive dei costi poi ridimensionate” ha fatto sì che nella legge istitutiva della prima salvaguardia, la legge di Stabilità del 2013 fosse chiarito il concetto: “Qualora in sede di monitoraggio dell'attuazione dei decreti del ministro del lavoro e delle politiche sociali - si legge - vengano accertate eventuali economie rispetto agli oneri programmati a legislazione vigente (...) tali economie sono destinate ad alimentare il fondo di cui al primo periodo del presente comma”. La vicenda si è tradotta immediatamente in un caso politico che Damiano, esponente di quell’area del Pd che sostiene Renzi in modo critico, definisce “molto rilevante”. In serata una nota del Mef ha comunicato che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, “stanno seguendo in prima persona le attività di valutazione delle possibili soluzioni ai problemi più urgenti di specifiche categorie di lavoratori". Le valutazioni “riguardano stime sul numero dei soggetti interessati, sugli oneri per la finanza pubblica nel tempo, le risorse necessarie a finanziare gli eventuali interventi”. Il problema, dunque, è il monitoraggio. Secondo il report “Salvaguardie”, redatto dall’Inps al 31 luglio 2015, su 170.230 salvaguardati previsti nei testi di legge si sono prodotte 114.317 certificazioni e 50.045 domande non accolte. Questo non vuol dire che questi non avessero diritto perché ci sono sempre delle contestazioni possibili. In ogni caso, l’Inps comunica di aver liquidato finora 78.334 pensioni. I risparmi, quindi, ci sono stati e anche consistenti, circa 3 miliardi. Secondo i calcoli della Cgil, basati su comunicazioni Inps, però ci sarebbero almeno 49.500 domande ancora da accogliere senza contare la possibilità di contenzioso con le 50 mila non accolte. Il problema, dunque, è arrivare a una verifica certa, che si svolgerà nei prossimi giorni con la Conferenza di servizio, mentre il Mef ha già reso operativo il “prelievo” innescando la protesta di tutti i sindacati ma anche di Sel e M5S. Oltre agli esodati il governo ha creato un altro problema con la cosiddetta Opzione Donna. Si tratta dei criteri per la pensione di anzianità delle donne: l’uscita a 57 anni con almeno 35 anni di contributi, che prevede il ricalcolo dell’assegno con il metodo contributivo, decorre, secondo il governo, dal 2014 e non dal 2015. L’opzione consiste in una riduzione dell’importo dell’assegno del 25-30 per cento. Un altro scippo.

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