I 50 milioni l’anno per il nuovo aereo e l’aumento dei costi a Palazzo Chigi
Ci siamo quasi. A breve Matteo Renzi disporrà del suo “Air
Force One”, un nuovo aereo di Stato super-accessoriato che Palazzo Chigi ha
preso in leasing e dovrebbe debuttare in un viaggio in Sudamerica a fine
prossima settimana. Mentre nei ministeri, nelle scuole e nelle università, negli
ospedali e nei Comuni si lavora ai tagli di spesa passati e futuri, il
presidente del Consiglio si godrà il suo Airbus A330 o A340: l’incertezza è
dovuta al fatto che Palazzo Chigi si rifiuta di fornire i particolari.
Quale che sia il modello, finalmente Renzi avrà una situation
room in cui lavorare col suo staff, tanti posti a sedere (il triplo di quelli
disponibili sugli attuali A319), il fondamentale wi-fi per twittare anche in
volo, comode camere da letto e, ovviamente, non dovrà fermarsi a fare benzina
nemmeno per le tratte più lunghe (cioè quelle superiori alle 12 ore), né
vergognarsi alle riunioni internazionali quando vede i grossi aerei degli altri
capi di Stato e di governo. La soddisfazione del presidente del Consiglio e il
suo senso di sé in rapporto alle misure aeronautiche dei suoi omologhi
stranieri ha però un costo: in attesa dei dati ufficiali, si può dire che il
leasing di un velivolo del genere – il cui prezzo d’acquisto si aggira sui 200
milioni di euro – costa all’ingrosso tra i 25 e i 50 milioni l’anno, a seconda
del mezzo e dei servizi chiesti. Non proprio spiccioli. Il predecessore di
Renzi a Palazzo Chigi, Enrico Letta – quando Il Fatto e il CorSera rivelarono
la notizia – ha lapidariamente dichiarato: “Noi decidemmo di ridurre la flotta
di aerei e unimmo anche regole rigide per ridurre strutturalmente l’uso dei
voli di Stato. Non vedo alcuna ragione per cui oggi il governo Renzi debba
decidere un cambio di direzione e ricominciare a spendere soldi pubblici: gli
aerei usati sono efficienti e più che sufficienti per le esigenze di servizio”.
Come lo stesso Renzi ha peraltro dimostrato facendo avanti e indietro senza
scali da New York in sole 24 ore per andarsi a vedere la finale degli Us Open
tra Pennetta e Vinci (costo stimato della gita: 150-200 mila euro).
La cosa curiosa è che, mentre decide di spendere 25-50
milioni l’anno per un nuovo aereo, Renzi si sia dimenticato di vendere parte
della flotta come stabilito da una circolare dell’estate 2013: Letta aveva
infatti dato ordine di vendere un Airbus A319 (su tre) e due Falcon (su 5) per
investire il ricavato – circa 50 milioni secondo le stime – nella flotta antincendio
della Protezione civile. Pure sulle ore complessive dei voli di Stato non siamo
proprio in clima di tagli: dopo il dimezzamento degli anni di Monti e Letta,
ora stiamo tornando ai fasti di Berlusconi e della sua corte volante.
Quello del nuovo super jet, peraltro, è solo un sintomo – il
più fastidioso da quando è al governo, di una certa larghezza di Renzi nell’uso
dei soldi pubblici – proprio mentre – in linea coi suoi predecessori – taglia
prestazioni e diritti sociali e promette che continuerà a farlo in futuro (4
miliardi in due anni alla Sanità, per dire). Il budget di Palazzo Chigi lo
dimostra meglio di ogni altra cifra. Nel primo anno di Renzi alla Presidenza
del Consiglio, i costi della struttura sono stati superiori rispetto all’anno
precedente (governi Monti-Letta) per 139,5 milioni di euro. Un aumento delle
spese non si vedeva dal 2009, ma c’è di peggio: il bilancio preventivo 2014
fissava la spesa massima a 3,1 miliardi, cioè 570 milioni in meno di quanto
hanno speso Renzi e i suoi. Nel 2015, invece, se tutto va bene, si va in
pareggio: detratti costi e mutui della Protezione civile (passata nella contabilità
del Tesoro), la previsione è che Palazzo Chigi quest’anno costi 1,33 miliardi
(oltre un miliardo è spesa corrente e sempre che non si ripeta lo sforamento
clamoroso del 2014). Il Segretariato generale poi – cioè la struttura alle
dirette dipendenze del premier – spenderà solo per il suo funzionamento 42,7
milioni in più del 2014. Evidentemente, a casa Renzi l’austerità è finita prima
che altrove: #Italiariparte.
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