L’apertura al traffico senza dazi per il Nordafrica rischia di alimentare il
sistema malavitoso
Il carico di olio d'oliva arriva dalla Grecia, stipato in
container trasportati su grandi navi cargo. Viene portato a Foggia con i
camion, miscelato con extravergine italiano locale e poi spedito verso la
Toscana. Qui avviene un'altra magia. Grazie alla connivenza di titolari di
alcuni frantoi del posto, si simulano false moliture, ovvero si riportano nei
documenti processi di spremitura di olive mai arrivate lì, e si trasformano
migliaia di tonnellate di olio non tracciato, proveniente dalla Puglia, in
extravergine toscano: anzi in Igp toscano. Il gioco è fatto.
In sostanza l'organizzazione criminale che traffica in oro
verde trasforma un prodotto di dubbia qualità proveniente dall'estero, che vale
meno di 3 euro al kg, prima in un extravergine che alla Borsa Merci di Bari
viene venduto a 3,60 euro al kg, poi in un olio pregiato che si acquista alla
Borsa Merci di Firenze con 6,20 euro al kg e infine in un extravergine a
Indicazione geografica protetta da 7,50 euro al kg: un prodotto di lusso che i
consumatori italiani e stranieri comprano sborsando tra i 12 e i 15 euro per
ogni bottiglia da 0,75 litri. Un giro d'affari che vale milioni. Più olio
straniero circola in Italia, insomma, più aumentano per noi le possibilità di
essere truffati. Per questo la notizia che la Commissione europea nei prossimi
due anni ha intenzione di far entrare altre 70.000 tonnellate di olio d'oliva
tunisino senza dazi, per sostenere il fragile governo del paese nordafricano,
non è stata presa bene da nessuno. Nel frattempo, almeno, la "banda
dell'olio greco" che spacciava Igp toscano è stata scoperta dagli investigatori
del Corpo forestale dello Stato, guidati dal procuratore della Repubblica di
Grosseto, Raffaella Capasso. Sono state coinvolte 50 aziende, indagate 47
persone per frode in commercio e contraffazione, realizzate decine di sequestri
e perquisizioni tra le province di Firenze, Arezzo, Siena, Grosseto e Foggia.
Sul campo 100 Forestali hanno sequestrato 200 tonnellate d'olio e una
consistente quantità di materiale informatico, documentazione cartacea, come
bolle di trasporto, scontrini, ricevute di cassa, essenziale per ridisegnare il
percorso dell'olio taroccato. Come ha spiegato il pm Capasso, per la riuscita
delle indagini sono state determinanti intercettazioni e analisi del Dna delle
olive, utilizzate anche in un'altra inchiesta a Bari. Il metodo stile
"Csi" messo a punto dal Cnr di Perugia, infatti, è l'unico capace di
determinare scientificamente specie e varietà della materia prima con cui è
stato prodotto l'olio. Ma l'uso di questi strumenti investigativi nella lotta
alla contraffazione dell'extravergine non è affatto scontato. A sorpresa,
infatti, il ministero delle Politiche agricole e forestali, col placet del
ministero della Giustizia e della Conferenza Stato Regioni, alla fine del 2015
ha presentato un decreto legislativo sull'extravergine che pare un regalo per
molti truffatori. Nella norma si nasconde un'ambiguità che permetterebbe a chi
froda di cavarsela in alcuni casi con una semplice multa, depenalizzando di
fatto il reato di contraffazione. La notizia ha scosso l'opinione pubblica anche
al di là dell'Oceano, dove persino il New York Times al - l'argomento ha
dedicato una pagina dell'edizione domenicale.
Per fortuna una pezza ha cercato di mettercela il nostro
Parlamento. Le commissioni congiunte di Agricoltura e Giustizia, sia alla Camera
che al Senato, la scorsa settimana hanno votato all'unanimità un parere
negativo al decreto sotto accusa, scritto nelle stanze del dipartimento
Repressione frodi del ministero dell'Agricoltura, guidato da Stefano Vaccari.
Il parere di deputati e senatori non è vincolante, ma ignorarlo sarebbe un
clamoroso autogol per il governo. "Abbiamo letto e valutato comma per
comma il decreto", ha spiegato al Fatto Quotidiano Colomba Mongello,
deputata Pd, vicepresidente della commissione agricoltura e anticontraffazione
e autrice della famosa legge "salva olio" del 2013. "In punta di
diritto", continua, "abbiamo eliminato tutte le ambiguità del testo
con l'aiuto della presidente delle commissione Giustizia Donatella Ferranti,
che è un ex magistrato". I parlamentari hanno chiesto anche la
reintroduzione della sospensiva fino a sei mesi per gli imprenditori recidivi,
ovvero quelli sorpresi una seconda volta a non rispettare le regole, e hanno
suggerito di aumentare le sanzioni per chi commette come illecito l'evocazione,
cioè chi utilizza simboli che facciano credere al consumatore di comprare olio
italiano quando così non è. "Non dobbiamo abbassare la guardia ma
potenziare i controlli", aggiunge la Mongello, "Dobbiamo aiutare i
produttori onesti e tutelare i consumatori che rischiano di essere ingannati da
qualche prestigiatore. E conclude: "Ora ministero dell'Agricoltura e della
Giustizia devono cambiare il testo del decreto".
Barbara Cataldi – Il Fatto Quotidiano – 7 marzo 2016 – pag.
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