“Venne e disse: è un casino Cucchi è stato massacrato”

La
dichiarazione di sei anni fa - Rivelazioni sulle quali la Procura sta lavorando:
decine di interrogatori sono stati fatti nei mesi scorsi. Allo stesso modo
verranno verificate le parole del collega di Tor Vergata. il militare secondo
il Tg1 avrebbe detto ai pm: “Ricordo che arrivò lui con un passo veloce,
con una faccia abbastanza tesa e preoccupata. Mi disse: ‘È successo un casino,
i ragazzi hanno massacrato di botte un ragazzo’”. Con Mandolini rischiano altri
due carabinieri: Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, ai quali secondo
quanto riportato dal Corriere della Sera potrebbe essere contestato il reato di
lesioni colpose. I loro nomi erano già noti. Proprio Mandolini li indicò nel
2009, senza muovere accuse, ma dicendo che erano in “un’autovettura civile” che
seguiva quella in servizio durante la perquisizione, con esito negativo, a casa
della mamma di Cucchi. La deposizione è del 29 ottobre 2009, quando Mandolini viene
sentito come persona informata sui fatti nel primo filone dell’inchiesta
che si è concluso con l’assoluzione in appello di medici, infermieri e
agenti penitenziari. Al pm Vincenzo Barba dice di essere in servizio alla
stazione dei carabinieri Appia. E aggiunge: “Cucchi è stato portato dagli
operanti Tedesco, Aristodemo e Bazzicalupo intorno a mezzanotte. Non ho
ritenuto di provvedere al fotosegnalamento dell’arrestato in quanto si opponeva
non risultando affatto collaborativo, ma soprattutto perché era in possesso di
due documenti”. Sullo stato di salute del ragazzo dice: “Si presentava in
normali condizioni per una persona dichiaratasi tossicodipendente e anoressica
e con epilessia. Non presentava particolari segni di sofferenza se non le occhiaie
ed un colore del viso olivastro, che collegai evidentemente alle patologie
dallo stesso dichiarate”.
“Il cancello di casa forzato dopo la morte” - Poi i
dettagli sulla perquisizione: “Cucchi (...) è stato portato a casa per la
perquisizione con la nostra auto di servizio, a bordo della quale vi erano
Speranza, Nicolardi, Aristodemo e Tedesco, tutti in divisa. La nostra auto era
seguita da altra autovettura civile appartenente ad un militare, occupata da
D’Alessandro e Di Bernardo, in abiti civili”. Questa novità suscita l’immediata
reazione di Ilaria Cucchi: “L’allora ministro della Difesa La Russa disse che i
carabinieri non c’entravano nulla. Non si sente in colpa?”. I pm stanno
verificando altre circostanze. Come quella che qualcuno abbia forzato dopo la
morte di Stefano e secondo quanto riportato da Ilaria Cucchi, il cancello della
casa in cui il giovane viveva a Morena (Roma). Sulla morte di un ragazzo si
comincia a fare luce solo sei anni dopo.
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