Il provvedimento non è nella legge di Stabilità.
Il premier:
“Se la faremo, sarà a costo zero” »
Nel
dubbio, è Matteo Renzi a buttare la palla in tribuna: “La flessibilità in
uscita? Si annuncia una cosa sulle pensioni quando si è sicuri. Spero di farlo
nelle prossime settimane o nei prossimi mesi, ma a costo zero”, spiega il
premier a Porta a Porta. L’uscita è anodina, e maschera un dietrofront che
serve solo a tamponare le polemiche divampate dalla mattina, con i sindacati
che attaccano il governo su quella che ormai sembra cosa certa: un ritocco alla
legge Fornero non è all’ordine del giorno, non è cioè “ineludibile”, come
l’aveva definito solo mercoledì il ministero del Lavoro Giuliano Poletti.
“Quello a cui stiamo guardando - aveva ribadito prudente domenica a Cernobbio -
è un’uscita anticipata che possa favorire nuova occupazione giovanile”.
“Al
momento non ne stiamo discutendo, non fa parte del lavoro sulla legge di
Stabilità”, conferma invece al Fatto il viceministro all’Economia Enrico
Morando. Per una volta, insomma, il Tesoro sposa in pieno la linea di Palazzo
Chigi: per lo Stato dev’essere a saldo zero. Una posizione che serve a far slittare
il tutto. Flessibilità significa infatti permettere ai lavoratori di andare a
riposo qualche anno prima rispetto agli attuali requisiti per la vecchiaia (66
anni e 3 mesi di età per gli uomini, 63 e 9 mesi per le donne del privato). Il
tutto con delle penalizzazioni sugli assegni, che però producono risparmi per
lo Stato solo nel medio-lungo periodo. Nell’immediato è un ammanco, qualsiasi
strada si intraprenda. Che sia la proposta elaborata dall’ex ministro Cesare
Damiano (Pd) insieme al sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta -
uscita a partire da 62 anni e 35 di contributi con un taglio dell’assegno pari
al 2% per ogni anno d’anticipo (fino a un massimo dell’8%) - o quella avanzata
dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, che prevede il ricalcolo dell’intera
pensione con il metodo contributivo (cioè sulla base dei contributi versati,
più oneroso del retributivo). In questo caso, la penalizzazione è corposa: in
media il taglio è del 20%, ma in molti casi arriverebbe fino al 30%. La proposta
Damiano – ha stimato invece l’Inps –, costerebbe 8,5 miliardi (che salgono a
10,6 se per l’“opzione 100”, somma tra età e anni di contributi). “È un calcolo
assolutamente infondato - spiega l’ex ministro - perché parte dal presupposto
che andrebbero in pensione tutti e subito quelli che possono farlo. Non è
così”. Un assegno più basso, e penalizzato dal taglio, poi, avrebbe l’effetto
di abbassare il montante contributivo: “Di fatto, sul medio periodo sarebbe
quasi a costo zero”. La differenza balla intorno ai due miliardi, ma sempre e
solo sull’orizzonte lungo. I risparmi aumentano invece se si guarda all’ultima
ipotesi ventilata: taglio del 2% il primo anno, per poi salire progressivamente
(3% per il secondo, 5% per il terzo etc.). “Dire che la norma deve essere
subito a costo zero è irrealistico. E se il governo decide di rinviare la
misura sbaglia e smentisce quanto annunciato solo una settimana fa”, continua
Damiano. “Se devo scegliere dove spostare risorse, preferisco farlo per ridurre
la povertà assoluta”, spiega Morando. A conferma che inserire la norma in legge
di Stabilità ha un costo immediato, riducibile all’osso solo con la proposta di
Boeri, socialmente impercorribile per il governo. Ma toccare più a fondo la
riforma Fornero non è un buon viatico per chiedere a Bruxelles più flessibilità
sui conti pubblici (fuori dalle regole Ue). Flessibilità che per Matteo Renzi
si otterrà ipotizzando un deficit 2016 “che non sia l’1,4% (in realtà è l’1,8%,
ndr) che prevede il fiscal compact firmato dal governo itali ano ”. Qualcosa
però andrà tolto. Non a caso, Morando ha abbassato l’asticella della manovra:
“Al momento è di circa 25 miliardi”. Cioè i soldi necessari a disinnescare gli
aumenti dell’Iva (16 miliardi) e a eliminare la Tasi (4,5 miliardi). A questi,
si aggiungerebbero i 2 miliardi per il credito d’imposta alle imprese del
Mezzogiorno, e poco meno per confermare –solo al Sud –gli sgravi contributivi.
La stretta, invece, arriverebbe sul rinnovo degli stipendi della Pa imposto
dalla Consulta: vale 1,6 miliardi, ma il governo vuole ridurli a uno.
Nessun commento:
Posta un commento