Gli spot partiranno (forse) a 28 giorni
dalle urne: la legge ne prevede almeno trenta
Stop alle trivelle in terra e mare, Sì all’energia solare”: a dirlo, cartellone bianco tra le mani con un “Sì” scritto a penna è
Camilla Nigro. Il video arriva in redazione: alle sue spalle una trivella,
cielo azzurro e qualche nuvola. “Questa è una delle quaranta trivelle che
bucano la nostra valle, Viggiano, in Basilicata”, dice Camilla. La sua
richiesta mediatica è di andare a votare al referendum. “Il 17 aprile -
conclude - dimmi di Sì”.
L’oscuramento. Al
di là delle campagne di sensibilizzazione individuali da Nord a Sud e dei
comitati territoriali, a livello informativo c’è ancora silenzio istituzionale:
di tribune elettorali e spot in tv, a 37 giorni dalla consultazione, non c'è
traccia. Un video del Fattoquotidiano.it ha mostrato come gli italiani siano
ancora molto disinformati, a poco più di un mese dal voto. Alcuni non sanno
neanche che è previsto un referendum abrogativo per il quale è necessario
raggiungere il quorum (la metà degli aventi diritto al voto, più uno). Prima
c’è stata la protesta delle Regioni: inizialmente, l’indicazione dell'Agcom
impediva ai consigli regionali e ai delegati dei consigli regionali di essere
considerati come soggetti politici. “Non si poteva impedire alle Regioni di
fare la campagna per il Sì, visto che siamo gli unici comitati promotori –ha
spiegato al fatto Piero Lacorazza, presidente del consiglio regionale della
Basilicata e uno dei delegati regionali - perciò abbiamo discusso con la
commissione di vigilanza Rai e con l’Agcom e siamo arrivati ad una conclusione
inedita che prevede che i delegati regionali per i quesiti referendari possano
partecipare alle tribune referendarie, ad esempio, come soggetti politici”. In
Rai c’è però già la circolare sulla par condicio nei programmi giornalistici.
Per quelli che non riguardano l’in - formazione, si chiede di firmare una
liberatoria che vieta di parlare di trivelle.
La data. Intanto,
c’è una data. Gli spot televisivi inizieranno ad essere trasmessi dal 19 marzo,
a 28 giorni dal referendum (due in meno rispetto a quelli previsti dalla legge
sulla pa r condicio). Un recupero sul filo del rasoio: già nei mesi scorsi i
comitati No Triv avevano esposto i loro dubbi sui tempi eccessivamente
ristretti intercorsi tra l'approvazione del quesito da parte della Cassazione e
la decisione della data. Per fare campagna sia per il sì che per il no,
dicevano, c'era troppo poco tempo e anche per questo motivo chiedevano un
election day con le amministrative che non è arrivato. Ora, si è costretti a
fare tutto di corsa e anche l’informazione Trivelle, si vota tra un mese e
nessuno sa ancora niente Gli spot partiranno (forse) a 28 giorni dalle urne: la
legge ne prevede almeno trenta pura procede lentamente. “È inaccettabile che
non si faccia informazione - dicono i No Triv -, non tanto per in No o per il
Sì, quanto per il referendum in generale. Nè mass media nè governo sembrano
interessati e manca ancora una comunicazione istituzionale”.
La campagna. A
sopperire il dilatarsi dei tempi, ci stanno pensando però brand e Social
Network. L’azienda della pasta “La Molisana”, ad esempio, ha rilanciato la
pubblicità contro le trivelle già circolata nel 2011 quando si temeva sarebbero
state bucate le Isole Tremiti, in Puglia, e quando in loro difesa si
schierarono artisti come Lucio Dalla e Renato Zero. “Niente trivelle, solo
fusilli” scrivevano riferendosi alla somiglianza tra i due oggetti. Oggi è uno
dei post più apprezzati sulle piattaforme. La stessa idea è stata rilanciata da
un'altra azienda di pasta e anche dall'impresa siciliana di vini “Planeta”
con lo slogan “Noi trivelliamo solo tappi di sughero”. In primo piano, nella
foto, un cavatappi in azione su una bottiglia di vino. Ieri, dalla sua pagina
Facebook, anche Forza Nuova si è schierata a favore del Sì.
L'altro fronte.
Quelli del No o, come preferiscono, quelli “contro il referendum”, si chiamano
“Ottimisti e Razionali” (come anticipato da Fq Insider qualche settimana
fa). Un comitato composto da personalità provenienti soprattutto dal mondo
dell'impresa: come Chicco Testa, ambientalista pentito, oggi a capo di
Assoelettrica a Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. A capo,
Gianfranco Borghini, nuclearista con un passato da parlamentare nel Pci prima e
poi nel Pds. Una delle loro prime mosse è stata la dura critica al rapporto di
Greenpeace che dimostrava, su dati ministeriali, forniti dalla stessa Eni e
basati su rilievi Ispra, come nei pressi delle piattaforme petrolifere ci
fossero elementi tossici in concentrazioni superiori a quanto previsto dai
limiti di legge.
I numeri. Le
trivelle che rientrano nella zona delle 12 miglia dalla costa (il quesito
referendario si riferisce a loro e alla durata delle concessioni, come spiegato
nel box in questa pagina) sono almeno 135, secondo i rilievi del governo e si
tratta di strutture che dipendono da circa 25 concessioni rilasciate dal
ministero. “Le critiche mosse in questi giorni - spiega Enzo Di Salvatore, a
capo del coordinamento No Triv - hanno riguardato soprattutto i posti di
lavoro. È stato detto che se passasse il Sì, ci sarebbero licenziamenti
immediati. Ma è un punto di vista disonesto: le prime concessioni scadono tra
almeno cinque anni, altre tra 10, altre ancora tra 20. Quindi anche i posti di
lavoro sarebbero legati alla scadenza naturale delle piattaforme”.
Virginia Della Sala – Il Fatto Quotidiano – 11/3/2016 – pag.
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