L’abbraccio tra Napolitano e Verdini.
Il presidente emerito
ordina:
“Ora cambiare la legge elettorale”
Arriva con undici minuti di ritardo. Alle 15 e 11 di questo
martedì grasso del renzismo, il Carnevale delle riforme. Ha un abito grigio, il
bastone nella mano destra, la borsa nella sinistra. Giorgio Napolitano non va
direttamente al suo posto. Si dirige verso i banchi del Pd, per salutare il suo
coetaneo novantenne Sergio Zavoli. Al colloquio assiste, in estasi sorridente
nemmeno fosse il suo fidanzato spogliarellista, l’abruzzese Stefania Pezzopane.
Poi, nella cerimonia barocca, ostentata, lenta dei saluti tocca a Pier
Ferdinando Casini, che siede dietro al suo posto. Finalmente si accomoda,
Napolitano, e si materializza un triangolo perfetto, il marchio funebre e cupo
della giornata, la foto da mettere sulla tomba della Costituzione. Denis
Verdini, dai banchi dell’estrema destra, lascia il suo scranno, accanto a Lucio
Barani, e si precipita da Re Giorgio. Verdini si china, gli stringe la mano,
inizia a parlottare e in quel momento entra nell’aula di Palazzo Madama Maria
Elena Boschi, in total black da vedova nera della democrazia. Verdini,
Napolitano, Boschi. Il triangolo della morte della Carta.
L’ex comunista ma eternamente togliattiano Giorgio
Napolitano ha le spalle larghissime. È stato l’unico a essere eletto due volte
capo dello Stato. Ha svitato e avvitato ben tre governi non eletti dal popolo
(Monti, Letta, Renzi). Ha resistito nel Pci, da riformista leninista, alla
tormenta immane di due invasioni sovietiche (Budapest e Praga). Figuriamoci se
si scompone quando Grasso gli dà la parola e il redivivo Domenico Scilipoti,
icona dei Responsabili ai tempi di Verdini berlusconiano, spunta come un
folletto davanti a lui e mostra a getto continuo un foglio-cartello. Sopra c’è
scritto “2011”. L’anno dello spread e delle dimissioni di Silvio Berlusconi.
Scilipoti, che è un senatore di Forza Italia, realizza a modo suo lo sfogo
dell’ex Cavaliere di poco prima, alla riunione dei parlamentari azzurri: “Non
fatelo parlare quello lì, è un golpista. Ma vi rendete conto che a me non
ricordo per quale processo hanno dato cinque anni. A uno che ha fatto un colpo
di Stato quanti ne dovrebbero dare?”. “Quello lì”, alias “il golpista” è Re
Giorgio. Grasso tenta di stroncare lo show di Scilipoti, che peraltro ha un
doppio cognome. “Senatore Scilipoti Isgrò”. Poi solo “senatore Isgrò, senatore
Isgrò, la richiamo all’ordine e irrogo la censura, la prossima sarà
l’espulsione”. Napolitano è immobile. Si muove solo per chiedere uno di quei
fogli a Scilipoti. Proprio così. Come souvenir. Napolitano si alza, ma il
trambusto non finisce. Se ne vanno in tanti. I leghisti già sono fuori. Adesso
è il turno del Movimento 5 Stelle e di Forza Italia. È un Aventino ad personam.
Il presidente emerito interviene a nome del suo gruppo, che assembla un po’di
sigle impronunciabili delle autonomie. Ampolloso e pignolo e autocelebrativo,
comincia così: “Se nelle ultime settimane non mi avete notato al mio banco, è
perché ho ritenuto più appropriato alla condizione di senatore di diritto,
attribuita dalla Costituzione a chi è stato presidente della Repubblica, il non
intervenire, dopo aver dato il mio contributo in Commissione, in una fase di
aspro scontro politico in assemblea, su un terreno tra i più delicati”.
Re Giorgio dà fondo a tutto il suo realismo togliattiano per
“pittare”, come si dice a Napoli, questo obbrobrio di riforma costituzionale.
Se ne intesta la paternità; la lega ai momenti topici dei suoi due mandati al
Quirinale; fa come Proust e va alla ricerca del tempo perduto, citando la
Bicamerale del ’98; piazza infine il colpo a sorpresa, da capofazione o capo
della maggioranza che parla a un’aula mezza vuota: “Al di là dell’approvazione
del disegno di legge costituzionale in discussione, bisognerà altresì dare
attenzione a tutte le preoccupazioni espresse in queste settimane in materia di
legislazione elettorale e di equilibri costituzionali”. In pratica, Napolitano
si fa garante con tutti, dalla minoranza dem a Ncd, finendo ai verdiniani, che
l’Italicum cambierà, con il ritorno al premio di coalizione. Un altro colpo da
re. Applaude anche Gaetano Quagliariello, ormai ex Ncd, che chiede una crisi di
governo ed è pronto a tornare con Berlusconi.
Nessun commento:
Posta un commento