Le paure sull’arrivo di prodotti geneticamentemodificati sono (per ora) prive di riscontri.Sui tribunali privati per i contenziosisi cerca un compromesso
Giovedì
scorso, a Bruxelles, si sono riuniti i capi di Stato e di governo dell’Unione
europea. Dovevano parlare di immigrazione, ma i manifestanti anti-Ttip hanno
paralizzato la città. Se chiedi contro cosa protestano, rispondono sempre due
cose: “Arriveranno gli Ogm” e “le multinazionali toglieranno sovranità ai
governi”. Gli Usa spingono perché nell’accordo di libero scambio Ttip l’Europa
conceda più spazio alle importazioni di prodotti agricoli americani, “e visto
che negli Usa la regolamentazione sugli Ogm è molto più blanda che in Europa, è
un modo per far entrare qui i loro Ogm dalla porta di servizio”, spiega Tiziana
Beghin, europarlamentare del Movimento Cinque Stelle che, in quanto “relatrice
ombra” del Parlamento sul dossier è tra i pochi ad aver accesso a tutti i
documenti segreti. Ufficialmente gli Ogm sono fuori dal trattato, in Europa
prevale lo scetticismo anche se ogni Paese applica regole diverse per effetto
delle quali anche a monte dei prodotti biologici possono esserci degli
Organismi geneticamente modificati. “Oggi l’Europa importa circa il 90 per
cento del fabbisogno di soia, 400mila tonnellate entrano ogni anno nel porto di
Rotterdam per alimentare mucche, maiali e così via. E la stragrande maggioranza
di questa soia è Ogm, è quasi tutta americana e brasiliana. Non capisco cosa
potrebbe aumentare”, spiega Paolo De Castro, eurodeputato socialista che segue
la parte alimentare del Ttip. Gli Usa vogliono migliorare la bilancia
commerciale, vogliono esportare riso e carne (ma non quella gonfiata dagli ormoni,
vietatissima in Europa). I Paesi del Sud Europa, come l’Italia, vogliono
difendere i loro prodotti di qualità e magari esportarli (vino, formaggi,
salumi), quelli del Nord invece tifano per avere le merci americane a prezzi
più bassi, poco importa se le eccellenze mediterranee si troveranno in
pericolo. Più complicata la questione delle multinazionali. Da anni i critici
del Ttip denunciano il meccanismo Isds, cioè Investors State dispute
settelments, il meccanismo di decisione nei contenziosi tra Stati e investitori
stranieri presente in molti trattati commerciali. Se l’investitore, una azienda
straniera, ritiene che lo Stato in cui ha messo i propri soldi stia violando le
regole del trattato di libero scambio, non potendo fidarsi dei tribunali locali
può portare il Paese davanti a una corte arbitrale internazionale. Dicono gli
allarmati che protestano: una volta che l’Isds sarà applicato tra tutta
l’Europa e gli Usa, Philipp Morris, Amazon o General Electric potranno aggirare
le legislazioni nazionali grazie a sentenze non appellabili decise in corti
private da arbitri pagati con una percentuale sul valore della causa. I nuovi
standard sui temi toccati dal Ttip, cioè misure non tariffarie che a volte
riguardano anche parametri di sicurezza e protezione dei consumatori,
verrebbero di fatto fissati lontano dai Parlamenti, con i cittadini esautorati.
Nella sua risoluzione di luglio sul Ttip, il Parlamento europeo sollecitava a
tenere conto “de gli approcci critici e costruttivi” arri - vati sul punto nella
consultazione pubblica sull’Isds. A settembre è arrivata la nuova proposta
della Commissione: il sistema Ics, Investment Court System, cioè corti
modellate su quelle del Wto, con anche un secondo grado per l’appello, e
giudici indicati dal pubblico e di ruolo per 6-9 anni. In maniera da evitare lo
shopping giuridico e di affidare tutto ai privati. Problema risolto? Non
proprio, sostiene l’eurodeputata del Movimento Cinque Stelle Laura Ferrara: “È
soltanto un cambiamento cosmetico”. I giudici avranno uno stipendio di 2000
euro per la disponibilità, poi 3000 euro al giorno se chiamati a giudicare,
questo darebbe un incentivo ad avere quanti più contenziosi possibile, e di
lunga durata. I controlli sui potenziali conflitti di interesse sul giudice,
che può continuare a svolgere altri lavori, sono molto blandi. E la Commissione
non ha spiegato come pensa di rispettare la promessa di tutelare la capacità
degli Stati di legiferare senza trovarsi ostaggio delle decisioni dell’Ics.
Dicono quelli del Movimento Cinque Stelle: “Gli Stati che si troveranno esposti
al ricatto delle grandi aziende, che potranno chiedere risarcimenti miliardari”
in caso di violazioni del Ttip. Anche su questo, la battaglia è ancora aperta.
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