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mercoledì 21 ottobre 2015

Ogm e multinazionali, le ragioni della rivolta

Le paure sull’arrivo di prodotti geneticamentemodificati sono (per ora) prive di riscontri.Sui tribunali privati per i contenziosisi cerca un compromesso


Giovedì scorso, a Bruxelles, si sono riuniti i capi di Stato e di governo dell’Unione europea. Dovevano parlare di immigrazione, ma i manifestanti anti-Ttip hanno paralizzato la città. Se chiedi contro cosa protestano, rispondono sempre due cose: “Arriveranno gli Ogm” e “le multinazionali toglieranno sovranità ai governi”. Gli Usa spingono perché nell’accordo di libero scambio Ttip l’Europa conceda più spazio alle importazioni di prodotti agricoli americani, “e visto che negli Usa la regolamentazione sugli Ogm è molto più blanda che in Europa, è un modo per far entrare qui i loro Ogm dalla porta di servizio”, spiega Tiziana Beghin, europarlamentare del Movimento Cinque Stelle che, in quanto “relatrice ombra” del Parlamento sul dossier è tra i pochi ad aver accesso a tutti i documenti segreti. Ufficialmente gli Ogm sono fuori dal trattato, in Europa prevale lo scetticismo anche se ogni Paese applica regole diverse per effetto delle quali anche a monte dei prodotti biologici possono esserci degli Organismi geneticamente modificati. “Oggi l’Europa importa circa il 90 per cento del fabbisogno di soia, 400mila tonnellate entrano ogni anno nel porto di Rotterdam per alimentare mucche, maiali e così via. E la stragrande maggioranza di questa soia è Ogm, è quasi tutta americana e brasiliana. Non capisco cosa potrebbe aumentare”, spiega Paolo De Castro, eurodeputato socialista che segue la parte alimentare del Ttip. Gli Usa vogliono migliorare la bilancia commerciale, vogliono esportare riso e carne (ma non quella gonfiata dagli ormoni, vietatissima in Europa). I Paesi del Sud Europa, come l’Italia, vogliono difendere i loro prodotti di qualità e magari esportarli (vino, formaggi, salumi), quelli del Nord invece tifano per avere le merci americane a prezzi più bassi, poco importa se le eccellenze mediterranee si troveranno in pericolo. Più complicata la questione delle multinazionali. Da anni i critici del Ttip denunciano il meccanismo Isds, cioè Investors State dispute settelments, il meccanismo di decisione nei contenziosi tra Stati e investitori stranieri presente in molti trattati commerciali. Se l’investitore, una azienda straniera, ritiene che lo Stato in cui ha messo i propri soldi stia violando le regole del trattato di libero scambio, non potendo fidarsi dei tribunali locali può portare il Paese davanti a una corte arbitrale internazionale. Dicono gli allarmati che protestano: una volta che l’Isds sarà applicato tra tutta l’Europa e gli Usa, Philipp Morris, Amazon o General Electric potranno aggirare le legislazioni nazionali grazie a sentenze non appellabili decise in corti private da arbitri pagati con una percentuale sul valore della causa. I nuovi standard sui temi toccati dal Ttip, cioè misure non tariffarie che a volte riguardano anche parametri di sicurezza e protezione dei consumatori, verrebbero di fatto fissati lontano dai Parlamenti, con i cittadini esautorati. Nella sua risoluzione di luglio sul Ttip, il Parlamento europeo sollecitava a tenere conto “de gli approcci critici e costruttivi” arri - vati sul punto nella consultazione pubblica sull’Isds. A settembre è arrivata la nuova proposta della Commissione: il sistema Ics, Investment Court System, cioè corti modellate su quelle del Wto, con anche un secondo grado per l’appello, e giudici indicati dal pubblico e di ruolo per 6-9 anni. In maniera da evitare lo shopping giuridico e di affidare tutto ai privati. Problema risolto? Non proprio, sostiene l’eurodeputata del Movimento Cinque Stelle Laura Ferrara: “È soltanto un cambiamento cosmetico”. I giudici avranno uno stipendio di 2000 euro per la disponibilità, poi 3000 euro al giorno se chiamati a giudicare, questo darebbe un incentivo ad avere quanti più contenziosi possibile, e di lunga durata. I controlli sui potenziali conflitti di interesse sul giudice, che può continuare a svolgere altri lavori, sono molto blandi. E la Commissione non ha spiegato come pensa di rispettare la promessa di tutelare la capacità degli Stati di legiferare senza trovarsi ostaggio delle decisioni dell’Ics. Dicono quelli del Movimento Cinque Stelle: “Gli Stati che si troveranno esposti al ricatto delle grandi aziende, che potranno chiedere risarcimenti miliardari” in caso di violazioni del Ttip. Anche su questo, la battaglia è ancora aperta.

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