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martedì 17 novembre 2015

TTIP - Un bidone totale spiegato in poche righe

Dario Tamburrano - Parlamentare EU
La propaganda dell'UE1), del Governo italiano2) e dei grandi media appartenenti all'area governativa3) insiste sul fatto che il trattato di libero scambio TTIP, in corso di negoziazione segreta fra USA ed UE, aiuterà l'economia perchè permetterà di vendere con maggiore facilità negli Stati Uniti le merci italiane ed europee, in particolare i prodotti alimentari.
La propaganda evita accuratamente di dire che il TTIP fa parte di una tenaglia composta da tre grandi trattati imperniati sugli USA: trattati che sarebbe riduttivo definire "commerciali" o "di libero scambio" e che sono fra loro intersecati. La propaganda evita accuratamente di spiegare che i dazi sulle merci europee importate negli USA (e viceversa) sono già molto bassi e che nonostante il TTIP il buon cibo tipico made in Italy (o in UE) dovrà presumibilmente continuare a vedersela negli USA con le imitazioni commerciali a stelle e strisce.
Soprattutto, la propaganda non evidenzia mai il dato di fatto simmetrico all'atteso aumento delle esportazioni europee negli USA: anche per gli Stati Uniti diventerà più facile vendere le loro merci in Italia e nell'Unione Europea. Non menziona neppure un fatto importantissimo: le merci europee – i prodotti chimicialimentari in modo particolare – hanno standard e caratteristiche di sicurezza diverse da quelle statunitensi, e in genere superiori. Qui da noi, ad esempio, è vietato somministrare alle mucche gli ormoni OGM che aumentano la produzione di latte, anzi: è semplicemente vietato somministrare ormoni al bestiame. Negli USA è perfettamente lecito.
Col TTIP arriveranno qui da noi il latte e la carne agli ormoni made in USA? In realtà, accadrà di peggio. Per facilitare gli scambi commerciali fra USA ed UE, è necessario trovare un accordo sugli standard e sulle caratteristiche di sicurezza delle merci stesse, in modo che esse possano essere vendute indifferentemente negli USA o nell'UE. E' questo il cuore del TTIP.
Significa che il TTIP modificherà i requisiti dei beni e dei servizi disponibili in Europa. Significa che il TTIP modificherà le regole in base alle quali noi ora produciamo le nostre merci in Italia e nell'UE.
Il TTIP definirà gli standard comuni per un certo numero di beni e soprattutto innescherà un meccanismo di convergenza normativa fra USA ed UE che continuerà a funzionare anche dopo la firma del trattato. A questo meccanismo - in sostanza, ad un gruppo di alti burocrati - i governi e l'UE dovranno sottoporre la nuova normativa che essi intenderanno adottare. L'armonizzazione verrà prima dell'adozione.
Lo stesso gruppo di burocrati rivedrà ed armonizzerà la normativa europea e statunitense già in vigore al momento dell'adozione del TTIP ma non ancora armonizzata attraverso lo stesso TTIP. Tutto questo risulta a chiare lettere da documenti ufficiali dell'UE: non si tratta né di un timore né di un'eventualità e nemmeno di un'interpretazione, ma di un dato di fatto.
Una volta che il trattato sarà approvato, le norme che esso contiene – comprese quelle sull'omologazione delle merci – si situeranno ad un livello più alto rispetto alle leggi e alle norme dell'Italia o dell'UE. I governi (e l'UE) non potranno più farci nulla.
Fra le norme contenute nel TTIP che risulteranno superiori e prevalenti rispetto alle leggi italiane ci sarà, per quanto se ne sa, anche la cosiddetta clausola ISDS, o sistema ICS, per usare la definizione preferita dalla Commissione Europea: protegge dall'esproprio diretto e indiretto gli investimenti europei negli USA e gli investimenti statunitensi nell'UE e in Italia. Può essere "esproprio indiretto" qualsiasi provvedimento delle autorità pubbliche che provoca danni agli investitori.
Cosa significa? Gli stati (e l'UE) conserveranno il diritto teorico di nazionalizzare, conserveranno il diritto di regolamentare, conserveranno il diritto di vietare tutto ciò che ritengono contrario all'interesse pubblico: ma se eserciteranno questi diritti danneggiando un investitore straniero rischieranno di dovergli pagare i danni in tribunale. E non in un tribunale qualsiasi: in un tribunale privato, situato al di fuori - e al di sopra - dell'ordinamento giudiziario italiano, europeo, statunitense.
Gli investimenti statunitensi in Europa (e gli investimenti europei negli USA) potranno indirizzarsi in tutti i settori, compresi i servizi come la salute, la scuola, le pensioni.
I servizi statali finora forniti in questi ambiti si salveranno dalla privatizzazione? No, per quanto se ne sa non sono affatto al riparo.
I servizi sanitari, scolastici, pensionistici eccetera ora erogati dallo Stato non hanno scopo di lucro. Se diventeranno oggetto di investimento, diventeranno anche uno strumento di guadagno per qualcuno che non è certo l'utente: il quale pagherà sia per il servizio sia per l'altrui guadagno.
E cosa avremo in cambio di tutte queste rinunce alla sovranità nazionale? Cosa avremo come ricompensa per i cambiamenti che dovremo introdurre nelle caratteristiche delle merci che produciamo e che consumiamo? Avremo, calcolano i fautori del TTIP, un aumento del PIL pari allo 0,03% all'anno. Zero virgola zero tre per cento all'anno.
E' anche questo un dato ufficiale: lo si trova nello studio sull'impatto del TTIP che l'UE utilizza per giustificare la necessità di stipulare il trattato. Per la precisione, questo studio è datato 2013 e dice che il TTIP (la cui firma era allora attesa entro il 20144)) farà aumentare il PIL europeo dello 0,48% entro il 2027. Basta prendere la calcolatrice e si ricava la percentuale media di aumento annuo del PIL – lo 0,03% - che i fautori del TTIP si attendono dal TTIP stesso.
Il TTIP, almeno, creerà nuovi posti di lavoro? Quanti, in quali settori? Lo studio di impatto che l'UE usa per giustificare la necessità di stipulare il trattato non lo sa. Non è in grado di calcolarlo: è solo in grado di dire che, in seguito al TTIP, entro il 2027 verrà cancellato lo 0,6% degli attuali posti di lavoro nell'UE e negli USA, perchè alcuni settori produttivi saranno danneggiati dal trattato. Ovvero, sparirà un milione di posti di lavoro.
Questo studio sostiene anche che chi perderà il lavoro nei settori penalizzati dal TTIP - lo 0,6% della forza lavoro, appunto - troverà un nuovo lavoro nei settori che verranno premiati dal TTIP e che si svilupperanno. Ma in questo studio il calcolo dei nuovi posti di lavoro creati dal TTIP semplicemente non esiste.
Ritenere che quello 0,03% di aumento annuo del PIL dovuto al TTIP creerà posti di lavoro così numerosi da assorbire almeno lo 0,6% della forza lavoro è un puro atto di fede.
Anzi: supporre che il TTIP creerà nuovi posti di lavoro è un atto contrario ad ogni logica. Basta guardare cosa è successo circa vent'anni fa quando Stati Uniti, Canada e Messico hanno stipulato un trattato analogo al TTIP, il NAFTA. Il NAFTA è stato un contributo notevole alla realizzazione della globalizzazione, della quale oggi viviamo e subiamo la crisi.
L'allora presidente statunitense Clinton diceva che il NAFTA avrebbe creato 200.000 posti di lavoro all'anno. Invece il NAFTA negli USA ha cancellato 700 mila posti di lavoro (o anche un milione, dipende da come vengono effettuati i calcoli) e ne ha cancellati altri 350.000 in Canada, fondamentalmente perchè è diventato conveniente spostare in Messico le manifatture. I lavoratori non qualificati hanno dovuto ingoiare un abbassamento del salario – oltre il 12% negli USA – per evitare ulteriori delocalizzazioni in Messico.
Ci hanno guadagnato i messicani, almeno? La risposta è no. La piccola proprietà che costituiva il nerbo dell'agricoltura messicana è stata asfaltata dalla concorrenza diretta con l'agricoltura ultramoderna e ultra meccanizzata degli USA. Un milione e 100 mila contadini messicani hanno perso il lavoro in seguito al NAFTA. Nei primi dieci anni di NAFTA, in Messico i salari sono aumentati di quattro volte, ma il prezzo dei principali beni-base di consumo è aumentato di sette volte.
Il contraente più debole – il Messico – è uscito dal NAFTA con le ossa più rotte. Fra USA ed UE, chi è il contraente più debole del TTIP?

4) http://www.ilpost.it/2014/03/30/ttip/

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