Il direttore Vianello in Vigilanza.L’accusa: “Troppi grillini in tv, non solo a Ballarò”
Un avviso ai naviganti. Un (metaforico) cartello, per
ricordare a viale Mazzini che a comandare è il loro Matteo: quindi, che si
diano tutti una regolata. In un pomeriggio romano, la pattuglia del Pd in
commissione di Vigilanza Rai cinge d’assedio il direttore di Raitre Andrea
Vianello. Lo colma di domande e snocciola l’elenco delle trasmissioni fuori
linea: da Ballarò che nelle prime due puntate ha ospitato per due interviste i
Cinque Stelle Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, a Presadiretta che
domenica scorsa si era permessa di raccontare (anche) i difetti del Jobs Act.
L’avevano già convocato martedì, Vianello, arrabbiati per il
troppo spazio concesso a M5s nel programma di Massimo Giannini. E il direttore
aveva spiegato che la crisi dei talk show c’è, è vero, ma che il rapporto
rendimento-prezzo rimane ottimo (“costano poco”). Poche ore prima il premier
aveva scomunicato (certi) programmi. “Ormai i talk show del martedì fanno meno
ascolti della replica di Rambo” aveva arringato Renzi durante la direzione dem,
lunedì. Ieri, domande e sopraccigli alzati dei suoi parlamentari per Vianello.
O imputato? “Nessun processo, è stato un confronto, Ballarò andrà avanti”
scandisce lui dopo il corpo a corpo. Ma è stata lunga. Con tanto di antipasto,
perché in mattinata il giornalista si becca anche la rampogna del M5s, dal blog
di Grillo. “Il Pd lo avverte, e Ballarò ci censura: martedì ha mandato in onda
un servizio su una manifestazione contro la Banca popolare di Vicenza, ma non
ha detto che l’avevamo organizzata noi” scrive il capogruppo 5Stelle in Veneto,
Jacopo Berti. Insomma, è guerra di sospetti e pressioni incrociate. Alle 14.20
si parte in commissione, con il presidente della Vigilanza Roberto Fico (M5s) a
dirigere i lavori. Il primo a parlare è il primo che si era lamentato. Ossia
Maurizio Gasparri, irritato con Presa diretta: “Hanno parlato con tanti dei
nostri circoli del Lazio, ma il pezzo non aveva le loro voci, conteneva solo
aspetti negativi”. Segue massaggio a Giannini: “Perché avete preso come
conduttore di Ballarò un esterno? E quanto ci costa?”.
Ma i protagonisti sono quelli del Pd. Tutti premettono che
“per carità, nessuna voglia di censurare”. Ma tutti picchiano duro. Raffaele
Ranucci inizia: “Lei Vianello fa innovazione, ma qualità e ascolti talvolta non
coincidono ”. Sale: “Perché non avete spostato Ballarò in un giorno diverso dal
martedì?”. Quindi cita il Processo del Lunedì: “È un format che non funziona”.
Maurizio Rossi, ex montiano, ora gruppo misto, si frappone: “Sono allibito
dall’attacco del Pd alla Rai, la battuta su Rambo pare un avvertimento”. Il dem
Vinicio Peluffo ha toni curiali, ma va di clava: “A Ballarò c’è stato un
trattamento asimmetrico con le interviste ai 5Stelle, loro dettano le
condizioni per intervenire ma vanno trattati come gli altri”. Poi il
bigliettino per Presa diretta: “L’ho sempre difesa, ma è possibile interloquire
meglio. Sul Jobs Act diversi precari non la pensano nel modo rappresentato”. Il
fu rutelliano Michele Anzaldi prima dà la colpa a Gasparri (“L’ha chiesta lui
la convocazione”), poi si lamenta: “Ho dubbi sul pluralismo di Ballarò. Martedì
ci sono state tre interviste di fila, per avere un’opinione diversa (quale, e
diversa da chi? ndr) abbiamo dovuto attendere le 21.07. E gli ascolti non sono
un granché”. A difesa, le opposizioni. Alberto Airola (M5s): “Questa è una
sceneggiata, non ammettete che qualcuno racconti la realtà. E sulla rete
comunque domina il Pd”. Nicola Fratoianni (Sel): “Non stiamo discutendo dei
talk show ma delle affinità tra i programmi e i partiti. Ed è grave che tutto
questo parta dal governo”. Per conto suo, il forzista Renato Brunetta: “Due
anni fa noi ci lamentavano dello squilibrio nei programmi Rai con la sinistra,
ora a lagnarsi è il Pd. È una nemesi”. Segue un suo pallino: “Serve trasparenza
sui compensi Rai”. Fico è breve: “Il pluralismo di un programma non si valuta
in due puntate, dobbiamo basarci sui dati trimestrali dell’Agcom e rispettare
la libera informazione”. Quindi, Vianello: “Le interviste ai 5Stelle? Non sono
necessariamente un favore, dovevamo discutere della leadership nel M5s.
Spostare la trasmissione dal martedì? Non ci facciamo condizionare dalla
concorrenza (Dimartedì, ndr). Le regole e i controlli sulle presenze dei
partiti ci sono, non ci servono sovraregole. Conta la qualità e non la quantità
delle presenze, l’ha detto anche il Consiglio di Stato ”. Finito. Vianello
corre verso l’uscita. Ma si aspettava tutto questo? “L’ho detto anche in sala,
sono stupito”. Se ne va. Consapevole.
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