IL RADUNO - Casaleggio lancia il primo punto del programma: “Via la prescrizione”.
Sul resto, fa parlare i potenziali ministri
La lusinga arriva dopo ore passate sotto la pioggia.
Alessandro Di Battista si rivolge agli attivisti del Movimento, riuniti a Imola
in assemblea nazionale: “Tra di voi ci sono i prossimi parlamentari, i prossimi
ministri, i prossimi sottosegretari della Repubblica. Perché no? Perché no?”.
Lo ripete due volte, Di Battista. Poi, cambia registro e attacca dieci minuti
di discorso che catapultano, lui, alla Farnesina. La Siria e i migranti,
Emergency e il Ttip: il posto come prossimo ministro degli Esteri, se va come
M5S spera, è già occupato. Non si tratta solo di ambizioni personali. Sul palco
della kermesse Cinque Stelle, zitta zitta, ha sfilato la squadra del potenziale
governo grillino. La scaletta degli interventi è stata studiata in maniera
precisa, non senza provocare qualche malumore tra gli esclusi dal palco. E ai
parlamentari “prescelti” sono stati affidati discorsi assolutamente tematici.
Deragliano in pochi (Paola Taverna, per dire, infila una intemerata in
romanesco), gli altri si calano appieno nel ruolo che chissà se verrà. Barbara
Lezzi e Carla Ruocco si concentrano sull’Economia, Alfonso Bonafede illustra i
temi della Giustizia, Di Battista parla di Esteri e Roberto Fico solo di Rai.
Sono i temi di cui si occupano in Parlamento, si dirà, naturale che parlino
delle cose che conoscono meglio. Ma è proprio chi ha contribuito
all’organizzazione della due giorni a far notare che le vetrine non sono state
assegnate a caso. Luigi Di Maio, il suo discorso da premier, lo aveva fatto
sabato. Inclusivo, rassicurante, mediatore: se vinciamo, ha detto in sostanza
il vicepresidente della Camera, non faremo prigionieri. Non è lui, in questa
fase, a curare la lista dei colleghi che lo potrebbero affiancare. Decide
Milano. E quando ieri, Gianroberto Casaleggio, ha messo in fila alcune cose di
metodo e di merito (tipo: “La piattaforma va migliorata”,
“Per prima cosa
aboliremo la prescrizione”), non ha mancato di ribadire che la scelta della
squadra di governo sarà affidata “agli attivisti”. Non è una novità, certo.
Eppure, è ancora dall’interno del Movimento che fanno notare come, Costituzione
alla mano, la proposta sui ministri spetti sempre al presidente incaricato. E,
aggiungiamo noi, ai due leader che, in questi due giorni, hanno già marcato il
confine tra chi a quei posti può aspirare e chi no. Ieri, alla base, è arrivata
anche la strigliata di Roberto Fico. Il responsabile dei meet up, insieme a Di
Battista, ha ascoltato e risposto per ore alle sollecitazioni degli attivisti:
“Quando ho cominciato, nel 2005, volevamo cambiare il mondo senza candidarci a
niente. Non rovinate questo sogno. Questo è un non-Movimento, voi siete dei
non-meet up e il nostro è un non-leader”. Si fa per dire. Quando comincia il
discorso conclusivo del raduno di Imola, Beppe Grillo guarda dritto negli occhi
i parlamentari sul palco con lui: “Siete dei miracolati. Fino a due anni fa non
guadagnavate un cazzo, ora quello che non guadagna più sono io”.
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