Di Maio fa già il leader, vertice al bar con i sindaci
Un’ora e mezza senza microfoni, senza comizi, senza selfie.
Novanta minuti passati a prendersi lamentele e proteste dagli amministratori
che si sentono troppo soli. Ma pure a controbattere, a promettere novità, a
cercare soluzioni. In un bar a un passo dall'autodromo di Imola, colui che
studia da candidato premier, Luigi Di Maio, indossa i panni del mediatore: e
attorno alle 10.30 si siede al tavolo con il dissidente che non arretra, il
sindaco di Parma Federico Pizzarotti.
Assieme a loro, nel locale stipato di famigliole, attivisti
e podisti in calzoncini, gli altri primi cittadini del Movimento: da Fabio
Fucci di Pomezia ad Alvise Maniero da Mira, vicino Venezia. Due gli assenti, e
di peso: il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, e quello di Civitavecchia,
Andrea Cozzolino. Ma sono tanti, gli amministratori che vogliono risposte da Di
Maio, responsabile degli enti locali nel Direttorio, quindi il loro referente
ufficiale. In prima fila c’è Pizzarotti assieme al suo capogruppo Marco Bosi,
ancora arrabbiati per l’agorà dei sindaci piazzata alle 10 di mattino del
sabato, quando l'autodromo era un deserto. Ma il coro è più o meno unanime: ci
avevate promesso un coordinamento, incontri periodici a Roma e invece siamo
sempre lì nei Comuni a combattere in solitudine, senza una copertura politica.
C’è solo una chat su WhatsApp , dove scambiare idee con Di Maio: troppo poco.
All’inizio parlano soprattutto Pizzarotti e Bosi. E l’atmosfera è tesa. “No,
no, non è così” sentono ripetere al sindaco, a voce alta. Di Maio scuote il
capo, sorride amaro. Ma non sbotta mai. Vuole ricucire, con il Pizzarotti che
pure è un paria agli occhi di Gianroberto Casaleggio. Ma che nel deputato
campano ha sempre trovato un referente, capace di bloccare la sua espulsione
nel dicembre 2014, rabbonendo proprio il guru. Di Maio va dritto: “Federico, se
tu ogni volta te ne esci con parole eccessive sui giornali come faccio a
ricucire con su?”. E quando parla di “su” il vicepresidente della Camera si
riferisce a Milano, a Casaleggio. Pizzarotti replica: “È vero, mi sono
arrabbiato nelle ultime ore. Ma era un anno che non dicevo nulla di duro”. Di
Maio concede: “L’agorà è stata fissata a un orario sbagliato, era troppo
presto. Ma non c’era nessuna voglia di penalizzarvi”. Parlano anche gli altri.
Tra i più loquaci, Federico Piccitto, sindaco di Ragusa, che ha molto
traballato per aver detto sì alle trivellazioni nel giugno scorso. “Una scelta
obbligata” aveva spiegato. Ma diversi parlamentari avevano chiesto la sua
testa. E Di Maio aveva tamponato. Nel bar di Imola, il sindaco siciliano invoca
la presenza sul territorio dei parlamentari, appoggio. “La mia maggioranza ha
tenuto in Consiglio, ma voi ci dovete aiutare, il Movimento deve tutelare i
suoi amministratori”.
Ai colleghi dopo dirà: “Senza autorità non c’è responsabilità,
almeno una volta lui deve venire a Ragusa ”. Lui, Di Maio, ascolta paziente. Sa
che fuori del bar con vetrata ci sono cronisti. Prima di uscire, concede foto
ricordo. Poi afferma: “È stata una riunione operativa, c’è l’esigenza di tenere
assieme sindaci, giunta e consiglieri sui territori”. Ossia di evitare che i
consiglieri facciano scherzi ai primi cittadini, votandogli contro (vedi il no
a Nogarin sul bilancio). L’imperativo è scongiurare lotte tra correnti,
soprattutto tra meet up. E le riunioni? “Cominceremo a farle a Roma con i
sindaci. Poi io andrò nelle varie città a incontrare tutti gli eletti”. I
sindaci ci sperano: “Potrebbe essere la volta buona”. Pizzarotti scappa via:
“Non dico nulla”. Ma poi, tra un gazebo e l’altro, parla eccome: “Come
potenziale candidato premier Di Maio è il migliore, è quello che rappresenta
meglio il M5s”. Invoca: “Serve un meet up nazionale, sui programmi e su cosa
serve per lavorare”. L’incontro con Grillo, come di consueto, non c’è stato. Il
sindaco è secco ma non chiude: “Per incontrarsi serve la volontà reciproca, e
da parte mia c’è sempre stata. La ragione non è mai da una parte sola”. Il moderatore
Di Maio potrebbe apprezzare.
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