VIDEO 5 GIORNI A 5 STELLE

DI BATTISTA - 11.05.2016 OTTOEMEZZO

11.05.2016 - ALFONSO BONAFEDE (M5S) Unioni civili: tutta la verità in faccia al governo

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giovedì 24 marzo 2016

Di Maio, gli ambasciatori e il nuovo corso

I rappresentanti Ue cambiano interlocutore: basta guru, ora parlano al giovane leader
Niente più Grillo e Casaleggio. O almeno non più solo loro. In un mercoledì romano i 28 ambasciatori dei Paesi della Ue si riuniscono per incontrare Luigi Di Maio. E lo accreditano, come il candidato premier che verrà. Mentre la Russia “aspetta” per dopodomani Alessandro Di Battista: l’altro dioscuro del Movimento, ministro degli Esteri obbligato in un governo a 5Stelle, che un po’ completa un po’ rincorre Di Maio, tanto da annunciare la visita a Mosca un soffio dopo il vertice tra il vicepresidente della Camera e le feluche europee. È il M5s con i due volti di prima fila, che si pesano: ormai davanti al Grillo che ha fatto un passo di fianco e al Casaleggio che ancora decide, ma che se ne vuole stare più nelle retrovie. Un Movimento che incassa sempre più curiosità e attenzione a livello internazionale, perché i sondaggi raccontano che ad oggi è l’unico avversario per Matteo Renzi. E allora bisogna capirlo da vicino. Però si cambia interlocutore. Prima americani, inglesi e tutti gli altri incontravano Casaleggio, da solo o con Grillo. Successe anche nel settembre scorso, quando i fondatori scesero a Roma per vedere sette ambasciatori dei Paesi baltici. Stavolta tocca a Di Maio.
L’Ambasciatore Joep Wijnands, rappresentante dell’Olanda presidente di turno della Ue, chiama lui per far raccontare ai 28 ambasciatori dell’Unione idee e natura del M5s. “Sono incontri mensili, abbiamo visto anche il ministro degli Esteri Gentiloni” precisano dall’ambasciata. Ma l’incontro con i 5Stelle è chiaramente qualcosa di diverso. E Di Maio, in completo scuro e aria istituzionale, corre volentieri alla residenza dell’ambasciatore, nell’elegante via della Camilluccia. Arriva alle 8,30, per una colazione che dura un’ora e mezza. Le domande sono tante. Si parla, certo, di terrorismo. Ma gli ambasciatori chiedono soprattutto di un ipotetico governo a 5Stelle, delle sue politiche: e di Roma, dove Virginia Raggi corre quasi da favorita. Arrivano perfino quesiti sul reddito di cittadinanza. Di Maio spiega, e assicura: il M5s considera centrale il rapporto con l’Unione. Vuole mostrarsi come un leader moderato, di un Movimento che vuole governare. Una sorta di David Cameron. Dopo le 10, il deputato esce assieme al responsabile della Comunicazione Rocco Casalino. E si avvicina ai cronisti: “Sono contento di essere qui, il Movimento è onorato da un incontro come questo”. Ma perché hanno chiamato lei e non Grillo? Sorride, si schermisce: “Dovreste chiederlo a loro, nel Movimento siamo in tanti”. Però c’è lui, a rispondere. Avete parlato di terrorismo? “Non posso fornire dettagli, ma il terrorismo è sempre un tema. Per combatterlo bisogna tagliare i fondi ai paesi che finanziano l’Isis. E serve sicurezza: togliamo poliziotti alle scorte, riqualifichiamo le periferie. Ma no alla guerra in Libia, bombardare è follia”. Ma contro il terrore il M5s può aiutare Renzi? “Certo, ma se vogliamo unità iniziamo dalle sanzioni ai paesi pro Isis”. Poi va dritto, contro Erdogan: “Non mi fido della Turchia, perché dobbiamo darle tutti quei miliardi per l’immigrazione quando anche noi accogliamo migranti? E poi è ambigua sul terrorismo”. Poche ore dopo, Di Battista su Facebook annuncia una visita a Mosca con il capogruppo in commissione Esteri Manlio Di Stefano. I due saranno nella capitale russa venerdì e sabato, e incontreranno esponenti del partito di governo, Russia Unita (ma non Putin). Temi sul piatto, dice Di Battista, “i rapporti Russia-Ue, le assurde sanzioni economiche imposte a Mosca che stanno colpendo i nostri imprenditori, la collaborazione tra le forze di intelligence”.
Luca De Carolis – Il Fatto Quotidiano – 24 marzo 2016 – pag. 10

mercoledì 3 febbraio 2016

Grillo confessa: “Io, leader per scherzo”

Milano - Teatro pieno per il leader M5s che sogna di tornare a fare il comico
Io non ci pensavo a diventare leader, ho sempre odiato i leader. Come ci sono riuscito a fare il primo Movimento d’Italia? Scherzavo...”. Milano, teatro Ciak tutto esaurito: di fronte a 2800 spettatori Beppe Grillo mette in scena la sua terapia d’artista in pubblico. Sul palco va in scena Grillo vs Grillo, storia con tormenti del fondatore del Movimento Cinque Stelle che ora vuole tornare a essere un comico, e basta (o quasi). “Ho fatto un passo di fianco” aveva spiegato giorni fa in un’intervista al Corriere della Sera, in cui aveva presentato lo spettacolo come “una terapia agli spettatori, invece di pagare un analista ho pensato di far pagare loro”. E allora eccoli, quelli che pagano. Code gli ingressi, la polizia controlla con i metal detector. Nelle primissime file ci sono il co-fondatore Gianroberto Casaleggio e Luigi Di Maio con fidanzata.
Il deputato assicura: “Sul fatto che Grillo si stia defilando non penso, il futuro è un movimento che ha come garante lui ma che continua a camminare sempre più sulle proprie gambe”. Saluti, selfiee abbracci dai militanti dei 5Stelle, ma in sala non si vedono simboli del M5s. Si dovrebbe partire alle 21, però Grillo si concede un buon ritardo. Poi appare, in camicia bianca con maniche arrotolate. E inizia la terapia: “Voglio tornare ad analizzare la realtà come prima, non ci pensavo a diventare un leader”. Confessa: “È una questione di libertà, sono stato anni con questo sdoppiamento di personalità, questo dualismo che ho dentro. Prevaleva prima il comico poi il politico, ma è complicato perché il comico ha il compito di non creare certezze, mentre il politico deve essere perfetto”. La politica, dritta, arriva presto. Si scherza (ma non troppo): “Abbiamo mille parlamentari, ne abbiamo cacciati pochi, siamo rimasti... in due”. Ma c’è anche tanta celebrazione: “Italiani siete proiettati nel futuro, il nostro movimento sembrava utopia e invece oggi ci sono 1.700 meet-up e 1.600 eletti . .. ”. Rivendica la paternità della sua creatura, il comico. Reattivo: “Tu in platea non sei attento, sei del Pd!”. Canta, con note contro la Chiesa e la borghesia. Poi appaiono gli ologrammi, cardine di uno spettacolo giocato sul tema del doppio. I Grillo diventano due, l’artista dialoga con un altro se stesso in giacca e cravatta, poi con l’ologramma di Casaleggio. Ma il filo è sempre una celebrazione scherzosa: “L’altro giorno uno mi ha detto: ‘Sono un attivista non simpatizzante. Condivido il programma ma tu mi stai sui coglioni”. Si ride. Con il Grillo più o meno liberato.

sabato 2 gennaio 2016

#UNOVALEX

Luigi Di Maio e Beppe Grillo
"Il M5S è maturo… come seria alternativa a Renzi. Quando esplose nella politica italiana nel 2009, era caratterizzato da una protesta senza compromessi e dalla burlesca, sardonica figura del suo leader, il comico Beppe Grillo. Ma il M5S sta cercando di cambiare volto rispetto a quello di uno dei più eccentrici - addirittura clowneschi - partiti politici europei. L' obiettivo… sembrava una fantasia appena un anno fa: governare il Paese e sfidare il governo di centrosinistra del primo ministro Matteo Renzi".
Al netto del provincialismo che spesso connota le reazioni italiane alle uscite della stampa estera, leggere queste parole su una bibbia dell' establishment internazionale come il Financial Times fa un certo effetto. Mentre i nostri giornaloni ancora si baloccano sul "rischio populismo", fingendo di non vedere quello che sta al governo, e tentano di terrorizzare la gente con ridicoli paragoni fra Grillo e la
Luigi Di Maio
Le Pen, il Ft mette nero su bianco una prospettiva che in cuor suo nessuno, neppure il più sfegatato "grillino", era disposto a considerare fino a pochi mesi fa: i 5Stelle al governo.
Il quotidiano della City ricorda gli ultimi sondaggi, che danno i 5Stelle unica formazione in costante crescita, ma anche la scomparsa del nome di Grillo dal simbolo. E aggiunge che l'"erede più probabile è Luigi Di Maio, un 29enne napoletano dalla retorica efficace, il look elegante e i toni moderati", leader non più di protesta ma di governo, mentre Renzi sarebbe "in declino" perchè l' economia cresce un po', ma non se ne accorge nessuno.
Mica male, come apertura di credito. Ma se i 5Stelle si crogiolassero fra i sondaggi e gli elogi del Ft sbaglierebbero di grosso. I sondaggi vanno e vengono. E nessun giornale, per quanto autorevole, può sostituire l' elettorato, specie quello italiano così fortemente influenzabile dalle tv, controllate da chi ben sappiamo.
Grillo e Casaleggio a Milano
La campagna elettorale sprigionerà contro di loro un volume di fuoco incrociato (da destra e sinistra) mai visto, perchè mai erano stati così vicini alla vittoria. Gli argomenti saranno in parte pretestuosi e ricattatori (scandali inventati, terrorismo psicologico sull' isolamento dell' Italia, il ritorno della speculazione finanziaria e magari la "guerra civile" evocata dal premier francese Valls contro la Le Pen). Ma in parte fondati, se i 5Stelle continueranno a cullarsi sugli allori - per ora tutti virtuali - anzichè smontare le obiezioni degli avversari e le diffidenze di molti elettori con cambiamenti di fondo.
Le ragioni per cui molti italiani non ideologizzati né militarizzati che prima votavano a destra o a sinistra sono disposti a dare fiducia al M5S sono le stesse che gonfiarono le vele a Renzi due anni fa, quando in sei mesi vinse le primarie, andò al governo e stravinse le Europee: non aver mai governato l' Italia, non aver nulla a che fare con le politiche fallimentari del passato, parlar chiaro dicendo cose condivisibili, non rubare.
Renzi però poteva vantare a Firenze, in Provincia e poi al Comune, un' esperienza amministrativa normale, magari discutibile, ma tutto sommato positiva, dopo gli scandali e il malgoverno che l' avevano preceduto. I 5 Stelle governano alcune città, tutte più piccole di Firenze: da Parma a Livorno, da Civitavecchia a Ragusa, da Quarto a Gela. E qui le difficoltà dei loro sindaci, spesso causate da pesantissime eredità del passato, sono innegabili.
Il Sindaco di Gela, Domenico MESSINESE
Rivolte fra consiglieri, dissidi fra assessori, sindaci sfiduciati da una parte della maggioranza monocolore (ultimo caso: Gela). "Come potete consegnare l' Italia a chi non sa governare neppure Gela?", diranno a una sola voce i partiti di destra e di sinistra per frenare l' avanzata grillina. E rispondere dando la colpa agli altri servirà a poco. Molto meglio modificare e codificare subito il sistema di selezione dei candidati per gli enti locali, il Parlamento e il governo.
 Nelle ultime settimane si è proceduto in ordine sparso: qua primarie via web, là designazione dei meetup, qui votazione online, lì alzata di mano o acclamazione. E lo si è fatto per far vincere chi era ritenuto il migliore: lo sanno anche Grillo e Casaleggio che il web e i meetup non sono jukebox capaci di sfornare sempre la canzone migliore.
Ma, senza regole certe e valide per tutti, chi viene escluso protesta e alimenta la cacofonia che accompagna da sempre i 5Stelle. E poi si va a caso, anzi a culo: può uscire il candidato migliore, così come un totale inetto. E, se l' inetto vince, non danneggia solo il suo circondario: scredita tutto il movimento. Se in due anni e mezzo di esperienza parlamentare il M5S ha prodotto un embrione di classe dirigente credibile, non è perchè il web da solo abbia funzionato (altrimenti come si spiegano i 37 espulsi o fuorusciti tra Camera e Senato?).
I Di Maio, Di Battista, Fico, Lezzi, Ruocco, Sarti e altri li ha selezionati il lavoro quotidiano in Parlamento, nei media e sul territorio. E alla fine Grillo e Casaleggio l' hanno ratificato, scegliendo il direttorio a 5 poi sottoposto al voto degli iscritti. È quel passaggio dai bussolotti del web al fattore umano che manca. Anzichè i due fondatori, potrebbe essere un comitato eletto da parlamentari e amministratori locali a dire l' ultima parola sui candidati votati sul blog.
Onde evitare di riprodurre il solito mischione di persone preparate e di ragazzotti generosi, ma "eccentrici" e "clowneschi", cioè inadeguati. Il principio dell'"uno vale uno" va bene ai blocchi di partenza, perché tutti abbiano le stesse chances. Poi però ci dev' essere qualcuno che si assuma la responsabilità di dire a qualche "uno": tu non vali niente. Meglio escluderlo prima che cacciarlo dopo.

mercoledì 30 dicembre 2015

Gela, M5S si spacca: consiglieri contro il sindaco. Che ora rischia l’espulsione

Il Sindaco di Gela, Domenico Messinese
Quattro dei cinque portavoce grillini in consiglio comunale hanno chiesto l'intervento del direttorio perché tolga il simbolo a Domenico Messinese. Il 28 dicembre il primo cittadino aveva cacciato tre assessori. La replica: "Io sono onesto, non bisogno di un logo per continuare a esserlo"

“Il sindaco Domenico Messinese utilizza metodi clientelari e non rappresenta più il M5s”, è l’attacco lanciato in conferenza stampa da quattro dei cinque consiglieri comunali grillini di Gela, che hanno chiesto ai parlamentari del direttorio di vietare al sindaco l’utilizzo del simbolo. Appena il 28 dicembre il primo cittadino aveva defenestrato tre componenti dalla sua giunta: si tratta di Pietro Lorefice, Ketty Damante e Nuccio Di Paola, rispettivamente assessori ai trasporti, all’istruzione e alla programmazione. Sono tutti militanti storici, indicati direttamente dalla base: ed è per questo motivo che la mossa del primo cittadino ha spaccato definitivamente il M5s. Ora Messinese potrebbe essere il primo sindaco espulso dal Movimento 5 Stelle. In queste ore, infatti, i vertici nazionali grillini stanno valutando come comportarsi con il primo cittadino di Gela, città dove i pentastellati si sono spaccati già pochi mesi dopo aver vinto le amministrative del giugno scorso.
“Gli assessori non lavoravano più per il bene della città, facevano summit esterni, tramavano contro la mia amministrazione: la fiducia era venuta meno ed io devo dare risposte ai cittadino”, aveva spiegato il sindaco, che già ad agosto aveva estromesso dalla giunta Fabrizio Nardo, un altro esponente grillino della prima ora.
Come dire che la faida tutta interna ai 5 Stelle gelesi dura da tempo: in città esistono due meetup con posizioni opposte, e quasi tutta la breve esperienza amministrativa di Messinese è stata costellata dalle polemiche. Dalla foto che lo immortalava abbracciato a Lucio Greco, candidato di una lista vicina al Nuovo Centrodestra, sconfitto al primo turno e poi sostenitore dei pentastellati al ballottaggio, fino all’alto numero di deleghe assegnate al vicesindaco Simone Siciliano, sono stati diversi i momenti di scontro tra sindaco e i consiglieri della sua stessa maggioranza. “Mi attaccano dal giorno dopo l’elezione e onestamente non riesco a capire perché: probabilmente perché hanno altri obiettivi, diversi da quelli che corrispondono al bene della città” dice il primo cittadino. La cui posizione sarà adesso valutata dai membri del direttorio nazionale: lo stesso Gianroberto Casaleggio si sta occupando della questione.
“Se ho paura di essere espulso? Assolutamente no. Non ho parlato con nessuno dei vertici nazionali: io sono onesto, e non ho bisogno di un simbolo per continuare ad esserlo”. In caso di espulsione, Messinese ha spiegato che non intende dimettersi. “Finché potrò, rimarrò al servizio dei cittadini che mi hanno eletto”. La presa di Gela per il Movimento di Grillo era stata una vittoria storica, anche perché arrivava nella città del governatore siciliano Rosario Crocetta, storica roccaforte del Pd, segnata dalla presenza ultracinquantennale del petrolchimico Eni. Appena sei mesi dopo, però, di quel trionfo non rimangono che i cocci e un probabile record poco invidiabile: quello del primo sindaco espulso dal Movimento.



giovedì 24 dicembre 2015

L'intervista del Corriere a Gianroberto Casaleggio

Gli ultimi sondaggi vi accreditano quasi al 30%, a soli due punti dal Pd. Pensa sia uno scenario verosimile? Cosa comporta?
«Che gli italiani cominciano ad accreditarci come forza di governo nonostante le falsità dell’informazione e la barriera messa in atto dai partiti in ogni forma possibile».
Di Maio sempre secondo gli stessi dati gode di una fiducia molto alta. Grillo una volta ha detto che le somiglia: lei si rivede in lui? 
«Un po’ sì, ma alla sua età mi occupavo di altro. Facevo il progettista software all’Olivetti di Ivrea».
In questi giorni è mancata Laura Olivetti, figlia di Adriano. Lei ha lavorato nella sua impresa per molti anni. Che cosa le ha lasciato quella esperienza?
«Ho conosciuto personalmente Laura Olivetti e sono molto dispiaciuto della sua scomparsa. Adriano Olivetti metteva la persona prima dell’impresa, la sua idea di comunità ricorda un po’ la nostra filosofia. In un certo senso siamo figli di Adriano».
In primavera si va al voto. Roma, per chiunque vinca, potrebbe essere un problema da amministrare e un boomerang in vista delle prossime Politiche. Voi avete paura di vincere? 
«Noi vogliamo vincere. Roma è una tappa obbligata prima del governo. Un banco di prova. Se avessimo paura di governare Roma non potremmo neppure pensare di voler governare il Paese».
Quali sono le priorità per il rilancio dell’Italia? 
«Innovazione, istruzione, eliminazione della corruzione, diminuzione del livello di tassazione contemporaneamente a una seria lotta all’evasione, etica».
Avete oltre 230 potenziali candidati a sindaco di Roma: che profilo auspicherebbe? Se sarà un volto poco noto non teme possa avere dei problemi a confrontarsi con chi mastica politica da anni? 
«Una competizione elettorale non può essere ricondotta a degli spot o a chi “mastica” politica. Il nostro punto fermo è il programma. Siamo partiti dai municipi di Roma per raccogliere le candidature che sono state spontanee e che stiamo vagliando in questi giorni».
Come procederete? 
«Abbiamo identificato dieci aree di intervento per la città di Roma, la cui priorità sarà decisa con una votazione online. Sulle prime tre interverremo immediatamente dopo le elezioni. Da qui partiremo per un percorso di partecipazione, che si articolerà sia online sia con incontri in cui iscritti, comitati di quartiere, associazioni, organizzazioni attive sul sociale si confronteranno per poter avanzare proposte e priorità. Il candidato sindaco e la lista comunale saranno infine scelti online dagli iscritti di Roma».
Non solo Roma ma anche molte altre città importanti: quali sono le vostre ambizioni? Auspicate una svolta? 
«La svolta c’è già stata nel 2013 quando il M5S vinse le elezioni, poi sappiamo come è andata».
A Bologna c’è stata polemica... 
«Una polemica artificiosa. Comunque è un buon segno, significa che a Bologna ci temono».
Al Nord il Movimento presenta nuovi volti - bocconiani, pragmatici, vicini alle imprese - sta puntando senza snaturarsi ad attrarre i moderati indecisi? 
«È probabile che si stiano avvicinando al M5S persone con profili sociali diversi rispetto all’inizio, ma non sono frutto di una scelta calata dall’alto».
Cosa pensa dell’accordo sulla Consulta? 
«Credo che alla fine possa essere considerato un buon accordo, frutto di un confronto da parte nostra chiaro e trasparente con le altre forze politiche».
Pensa si possa replicare per altri temi? 
«Ogni volta che viene fatta una proposta che riteniamo corretta per il Paese noi la voteremo. Ogni volta che una proposta parte del nostro programma verrà presentata in Parlamento noi la voteremo. Bisogna ricordare però che a causa di una legge elettorale incostituzionale, noi siamo minoranza».
Lei da sempre sostiene la partecipazione del web. Per la Consulta, come per la Rai, non siete riusciti a esprimervi. I militanti si sono divisi: pensate a un correttivo? 
«Ci sono situazioni, come la Consulta e la Rai, che richiedono decisioni continue e veloci, per ora ancora impraticabili con il web. In ogni caso il gruppo parlamentare ha discusso e approvato le scelte a maggioranza».
Negli ultimi mesi voi vi siete spesi molto per il reddito di cittadinanza. La vostra proposta però è arenata: cosa farete adesso?
«Il reddito di cittadinanza è il primo punto del nostro programma per le elezioni politiche, sono due anni che cerchiamo di farlo approvare, ma siamo ostacolati in ogni modo. È presente in tutti i Paesi europei tranne che in Grecia e in Italia, la stessa Ue ne ha chiesto l’introduzione nel nostro Paese».
Si è discusso molto dei Comuni amministrati dal Movimento. A Livorno sono stati espulsi tre consiglieri e la maggioranza ora ha numeri risicati: c’erano altre soluzioni a suo avviso? La giunta Nogarin riuscirà ad andare avanti? 
«La strategia del Pd è dimostrare che i Comuni amministrati da noi non funzionano perché in questo caso il M5S non sarebbe neppure affidabile per governare il Paese. Nel caso di Livorno i problemi non ci sono. Sta di fatto che quando vinciamo ci troviamo quasi sempre i conti dissestati dalle precedenti amministrazioni e per prima cosa dobbiamo metterli in ordine, come stiamo facendo ovunque. La situazione di Livorno è legata a una municipalizzata con un buco di 42 milioni di euro. Chi governava Livorno prima di noi?».
Dopo l’addio di Grillo dal simbolo, ci saranno altre novità formali o organizzative nel 2016? 
«Non credo, anche se il Movimento cresce molto velocemente e questo comporterà una maggiore cura organizzativa».
Negli ultimi giorni ci sono state polemiche per il suo libro «Veni Vidi Web»...
«Il libro riprende alcuni capitoli pubblicati anni fa su libri che non sono più in commercio, più qualche contributo recente tratto dal blog».
Lei però parla di ipermercati rasi al suolo, di rieducazione forzata, di gogna pubblica, di stop alla caccia, di chiusura per parrucchieri e macellerie, di ministeri della Pace: sono provocazioni? 
«Quelle che lei cita sono provocazioni e non un programma di governo. Però chi non vorrebbe un Ministero della Pace? Internet non è una panacea per tutti i mali che affliggono la società però bisogna prendere atto che cambia la realtà e gestire il cambiamento piuttosto che subirlo».
Emanuele Buzzi, dal Corriere della Sera

mercoledì 28 ottobre 2015

Il fondatore del Movimento scende a Roma e annuncia il cambio: “Dobbiamo vincere, cerchiamo i voti”


Gianroberto Casaleggio
Roma val bene una svolta. Un cambio di pelle e di prospettiva: da Movimento solo per attivisti doc, a un M5s spalancato a donne e uomini di associazioni e movimenti civici. Da inglobare in lista, come benzina preziosa per prendersi il Campidoglio. Convinto che quella per Roma sia la partita delle partite, e che “perderla sarebbe imperdonabile”, il co-fondatore dei Cinque Stelle Gianroberto Casaleggio si presenta tra la sorpresa generale alla Camera, con il cappellino d’ordinanza. E con il Direttorio e le parlamentari romane Roberta Lombardi e Paola Taverna mette nero su bianco la sterzata: nella lista per il Campidoglio si lascerà largo spazio a esponenti di movimenti civici, associazioni ambientaliste, comitati di quartiere.
GENTE RADICATA sul territorio, che sappia parlare anche chi non è già nel mondo a 5Stelle. Capace di portare in dote voti freschi e puliti. È questa la terza via di Casaleggio, che da settimane ascolta parlamentari di peso sussurrargli che per le Comunali bisogna aprire alla società civile organizzata, per non soccombere alle coalizioni dei partiti. E a cui diversi eletti chiedevano di irrobustire il M5s capitolino in vista del voto. Il guru e Beppe Grillo non hanno mai preso in considerazione l’idea di candidare come sindaco un big (Alessandro Di Battista, Paola Taverna o Roberta Lombardi), stracciando la regola per cui un eletto deve completare il proprio mandato. “Ma senza un nome forte e correndo da soli rischiamo di perdere il treno della vita”, obiettavano i parlamentari. E allora, ecco una soluzione mediana: benedetta, raccontano, dal responsabile degli Enti locali Luigi Di Maio. Si metteranno in lista cittadini reduci da esperienze civiche, a patto che non abbiano militato in altri partiti e che non siano macchiati da condanne penali. Chissà quali e quanti correranno a gennaio nel voto sul portale di Grillo, dove si sceglierà il candidato sindaco per il Campidoglio. Ci saranno i quattro consiglieri comunali, con in prima fila Marcello De Vito (già candidato come primo cittadino) e Virginia Raggi. Ma il M5s ospiterà anche tanti esterni. Alternative da non sottovalutare per la poltrona numero uno. C’è chi sospetta che in lista possano infilarsi intellettuali o artisti di nome. Dal M5s negano con forza: “Non ricorreremo a quel tipo di figure”. Anche se qualche parlamentare ieri ha notato sul blog di Grillo un video con un intervento dell’archeologo Salvatore Settis. Ma la chiave rimane quella, i candidati civici. Comunque vada, torneranno utili in primavera. Certo, le incognite rimangono. Raccontano che Casaleggio abbia sollecitato un più intenso training per i consiglieri attuali, per preparargli meglio per la tv. E rimane la consegna di schierare in prima fila nella campagna la triade Di Battista-Taverna-Lombardi. Logico chiedersi: il modello Roma verrà esportato in altre città? Probabile. “In molti Comuni non si riesce a costruire una lista equilibrata, e a Milano lo sanno” ragiona un parlamentare. Soprattutto, diversi eletti premono perché il M5s si allei con liste civiche esterne. Sarebbe un cambiamento epocale, per i 5Stelle che non hanno mai stretto accordi. Una svolta alla Podemos, che a Madrid vinse con l’esponente di una lista civica. Casaleggio per ora mantiene il no ad apparentamenti. Più facile che accetti patti di desistenza, già praticati per le Comunali in Sicilia, a Gela ed Enna, anche se il M5s ha sempre negato. Cosa rimane? Il Casaleggio che, uscendo dallo studio di Di Maio dove ha incontrato i parlamentari, dice: “Un allargamento del Direttorio? È possibile”.

SE NE PARLA da un anno, come compensazione per i senatori che non hanno rappresentanti nella cinquina. Alcuni non hanno gradito l’ennesimo passaggio del guru solo alla Camera (“Pare che Casaleggio abbia già abolito il Senato...”). Il co-fondatore sussurra anche di Italicum: “Va cambiato, e le modifiche devono essere coerenti con le osservazioni fatte dalla Consulta”. Secondo il M5s andrebbero aboliti premio di maggioranza e candidature multiple e bisognerebbe ripristinare in pieno le preferenze. Intanto però bussano alla porta le Comunali. Con un M5s più civico. E più pragmatico.

Casaleggio sbarca a Roma: “Campidoglio a un passo”. E la scelta del sindaco alla Rete

E' sbarcato oggi a Roma Gianroberto Casaleggio per una riunione con le parlamentari romane Paola Taverna e Roberta Lombardi, per rientrare in serata a Milano. Sul piatto della riunione al vertice del Movimento 5 Stelle ha avuto come oggetto soprattutto la corsa verso il Campidoglio che vedrebbe secondo i sondaggi i grillini favoriti.
Così mentre Ignazio Marino è tentato dal ritirare le dimissioni dopo il caso scontrini, per sfidare il Partito democratico a sfiduciarlo in aula, il Movimento 5 Stelle si organizza per conquistare la capitale. "Possiamo farcela – ha dichiarato Casaleggio all'Adnkronos – la vittoria a Roma è a un passo, non commettiamo errori perché perdere il Campidoglio sarebbe imperdonabile dopo quel che ha combinato il Pd".
Caseleggio: "Candidato sindaco? decide la Rete"
Secondo il regolamento non è obbligatorio scegliere il candidato sindaco tramite consultazione online se c'è un accordo tra gli attivisti del territorio. Ma in questo caso la parola sarà data alla Rete, parola del cofondatore del Movimento. Da quello che trapela dal vertice la consultazione non sarà poi limitata ai consiglieri comunali uscenti, ma sarà aperta e partecipata il più possibile.
M5S, chiunque potrà candidarsi in Rete
Ma un punto rimane fermo: le regole non si cambiano, e i parlamentari romani già eletti non potranno scendere in campo. Rimarrebbero quindi fuori Di Battista, Taverna e Lombardi, il cui schieramento faciliterebbe e non poco la scalata del Campidoglio. Ma rispetto alle politiche le regole permettono a chiunque di candidarsi, al di là da quanto tempo siano iscritti alla piattaforma online del blog di Grillo.

venerdì 23 ottobre 2015

#5giorni5stelle del 23 ottobre 2015



Il M5S non si ferma davanti a nulla pur di farsi sentire. Questa settimana siamo saliti anche al Quirinale: i portavoce capogruppo Gianluca Castaldi e Giorgio Sorial hanno fatto presenti al Presidente Mattarella le nostre preoccupazioni per il percorso delle riforme, per la libertà della RAI, e per la legge di stabilità che non ha ancora neppure un testo. Abbiamo approfittato dell’occasione anche per ricordare al Presidente la proposta sul Reddito di Cittadinanza.
A proposito di RAI, Roberto Fico in aula denuncia come la riforma del governo deprivi la RAI delle sue funzioni di servizio pubblico. Il premier nelle piazze aveva promesso mari e monti, salvo poi fare l’esatto opposto una volta al potere: la RAI deve oggi raccontare al popolo che “va tutto bene”. E le “opposizioni”? Tutte allineate nella speranza di una poltrona, solo il M5S combatte per una RAI libera.
Non migliore la situazione della Banca d’Italia, che dovrebbe vigilare sui nostri soldi ma invece commissaria banche sane (per svenderle agli “amici”?), ignora il disastrato Monte dei Paschi, e si fa inquisire il governatore. Il sistema bancario va riformato, come ci spiegano Alessio Villarosa e Daniele Pesco insieme a Elio Lannutti.
Al Senato, Giovanni Endrizzi annuncia una piccola grande vittoria del M5S: va in aula la nostra proposta di legge contro la pubblicità del gioco d’azzardo. Una legge costruita coi cittadini e non con le lobby, e ora vedremo tra i tanti chiacchieroni dei partiti chi la appoggerà davvero.
A Bruxelles, il M5S promuove un’importante conferenza per un’exit strategy dall’euro, con illustri esperti che hanno dato indicazioni per un piano B. Sì, perché come sostengono i nostri portavoce Marco Valli e Marco Zanni, uscire dall’euro è possibile e forse persino inevitabile, e non preparare per tempo un piano B è follia.
Di nuovo al Senato con Luigi Gaetti sulla biodiversità. Siamo riusciti a migliorare il testo della maggioranza con nostre proposte, che hanno reso il provvedimento utile e funzionale. Il M5S, coerentemente con quanto sostiene da sempre, ha quindi votato a favore.
Alla Camera invece Luigi Di Maio ricorda a tutti gli smemorati che Benevento è sott’acqua, e allo smemorato di Rignano che con i milioni spesi per i suoi aerei di lusso si sarebbe potuto cominciare a mettere in sicurezza il territorio.
Per finire, a Bruxelles il M5S promuove un convegno sull’economia circolare. Il nostro Dario Tamburrano ricorda che l’economia circolare è il nuovo modello per l’indipendenza energetica ed economica dei Paesi europei, e dona al Commissario Europeo per l’Ambiente una piccola compostiera prodotta con una stampante in 3D. Beppe, ancora una volta, è stato pioniere.
Scarica qui il resoconto del lavoro fatto dai rappresentanti dei cittadini al Parlamento.

giovedì 22 ottobre 2015

Casaleggio chiama Di Maio: “Non siamo contro di te”

Dopo lo stop da Imola alla sua investitura come premier, il guru telefona al deputato: “Io e Grillo ti stimiamo, ma è troppo presto per esporti”


Le parole erano state solo tre: “Non si sa”. Ma per smentirle, o meglio per precisarne il senso, è servita una telefonata. Quella del guru Gianroberto Casaleggio a Luigi Di Maio, l’inevitabile candidato del M5s a Palazzo Chigi: “Tranquillo Luigi, nessuno voleva sminuirti”. Già, perché dietro il palco di Italia 5 Stelle, il raduno del Movimento che si è tenuto lo scorso fine settimane a Imola, quelle poche sillabe pronunciate da Casaleggio avevano prodotto un piccolo caso. Rispondeva, il co-fondatore, a una domanda proprio su Di Maio: “Sarà lui il vostro candidato premier?”. Casaleggio aveva nicchiato, consapevole che qualunque altra risposta avrebbe messo in discussione l’impianto del non-partito: decide la rete, oltre a Di Maio ci sono altre possibilità, non è la popolarità in tv il nostro parametro. Ma il vicepresidente della Camera non aveva gradito. “Rabbuiato”, lo ha descritto qualcuno.

Casaleggio ha saputo. E gli ha telefonato, per rassicurarlo. “Tranquillo, ti stimiamo, stai lavorando bene” è il senso del colloquio. In cui ha aggiunto: “Non devi esporti troppo, rischi di bruciarti prima del tempo”. Un chiarimento, rispetto anche alle frasi di Beppe Grillo: “Di Maio premier? Non è certo, abbiamo delle regole”. Toni identici, quelli dei diarchi, che vogliono tenere bassa la temperatura nei gruppi parlamentari, dove l’ascesa del deputato ha suscitato più di un mal di pancia, soprattutto in Senato. Di certo la telefonata conferma che la scelta, rete o non rete, è già stata presa. E allora, pazienza lo sberleffo di Grillo dal palco: “Troppo facile dire adesso che Di Maio è bravo, quando lo abbiamo conosciuto parlava come Bassolino”. Intanto si lavora già per le Comunali. La linea è non caricarle di un eccessivo significato. “Profilo basso” è la consegna, analoga a quella delle scorse Amministrative. La ferita del #vinciamo noi, lo slogan per la campagna delle Europee che poi cozzò contro il 40,8 per cento di Renzi, fa ancora male. Nelle città correranno attivisti storici, in molti casi già in Consiglio comunale. Scelti dagli iscritti locali, tramite assemblee e poi con voto sul web. Niente parlamentari o esterni. Già scontati alcuni candidati. Max Bugani, anfitrione a Imola, vicinissimo a Casaleggio e lodato durante la festa da Grillo, correrà a Bologna con lista ad hoc. A Torino il nome è quello del consigliere comunale Chiara Appendino. A Milano, dove gli iscritti voteranno in apposite urne, il prescelto sarà ufficiale a breve. Mentre a Roma è corsa a due tra il già candidato sindaco Marcello De Vito e Virginia Raggi. Il primo gode della stima di tanta base, la seconda appare “molto televisiva” allo staff. Entrerà in gioco anche il blog di Grillo, con un’area dedicata al buon governo dei sindaci a 5Stelle. Una risposta alla campagna del Pd, che da settimane picchia sul web contro gli amministratori grillini. “L’importante però saranno le Politiche” ripetono dal M5s. Anche se sembrano lontane. “Non ci faranno votare, Renzi arriverà al 2018” hanno ripetuto Casaleggio e Grillo ai parlamentari incontrati a Imola.

martedì 20 ottobre 2015

L’Arca, l’Elevato e la nuova lingua del M5s

Dalla D di Di Maio alla M di meet up: slogan e codici del raduno di Imola


Luigi Di Maio ad Imola
Le parole di un Movimento, l’alfabeto della sua festa. Nel raduno nazionale di due giorni a Imola, i Cinque Stelle si sono guardati e contati. E ne hanno dette di ogni, tra slogan, promesse e cazzeggio. Il più loquace, ovvio, è stato Beppe Grillo. Impegnato a coniare nuove definizioni, a distribuire nuovi codici. Un flusso di parole con cui si è quasi stordito da solo. “Ma che cazzo sto dicendo?” si è chiesto a un tratto sul palco, a microfono e cuore aperto. Autocoscienza, per la massa.
ARCA DI NOÈ - Si sentiva e si sente un profeta, quindi non ha resistito. “Il Movimento è la vera arca di Noè, siamo l’unica salvezza non c'è altro” ha arringato Grillo domenica sera. A suo modo sincero: “L’arca la stiamo costruendo quando c’è bel tempo, proprio come Noè”. L’importante (per loro) è farcela prima del diluvio, cioè delle Politiche.
DI MAIO - Il portavoce che studia da premier, l’idolo del popolo 5Stelle che piace pure alle mamme e ai salotti buoni, quello che nei sondaggi di gradimento sta alla pari, sacrilegio, con Grillo. Luigi Di Maio non ha avuto un attimo di tregua a Imola tra i selfie, gli abbracci e le telecamere che ne spiavano i sospiri. Il suo cognome risuonava ovunque. “L’uomo che non suda mai” (copyright Grillo) però si irrita. Gli è capitato anche sabato mattina, leggendo il Casaleggio che sibilava: “Di Maio premier? Non è detto. Non ci sono nomi, saranno scelti dagli iscritti”. E poi, pure Grillo: “Ha ragione Casaleggio, abbiamo delle regole”. Sillabe per difendere lo spirito del M5s, ma soprattutto per tenere calmi gli eletti. Il vicepresidente della Camera ha borbottato, ma pubblicamente è rimasto imperturbabile. Tanto a correre per Palazzo Chigi sarà lui.
DISADATTATI -  “Noi siamo dei diversi, dei disadattati” ha assicurato Grillo. È il vecchio piatto della diversità di comunista memoria, quella di Enrico Berlinguer. Il leader M5s, che un po’ rosso è stato e Berlinguer lo cita sempre volentieri, certi retaggi ce li ha dentro. E rilancia: “Noi siamo il frutto dell’utopia, quella che ti spinge sempre avanti. Abbiamo bisogno di una nuova visione del mondo, perché non ci adattiamo a questo”. Esagerato: quindi grillino.
ELEVATO Come ribadire ruoli e rotta fingendo di scherzare. In questo Grillo è abile, sulfureo. “Io sono l’elevato , chiamatemi così d’ora in poi: il guru è Casaleggio. Io sto un po’ più su”. Tradotto, io sono il fondatore, il volto, il marchio. E me ne sto (soprattutto) in cielo, lontano dalle rotture di scatole. Il capo politico, quello che ha il timone e sbroglia i problemi, è Casaleggio.
GOVERNO - È stata la parola chiave del raduno, è la meta che il M5s rivendica. Lo hanno raccontato anche gli interventi: il Di Maio che ha comiziato da candidato premier, l’Alessandro Di Battista che ha parlato da ministro degli Esteri, il Roberto Fico che si è soffermato sulla Rai, perfetto per le Comunicazioni. “Si amo pronti a governare” hanno ripetuto Grillo e Casaleggio. “Metteteci alla prova” è il mantra.
MEETUP  -Sono i gruppi territoriali, la dorsale del Movimento. Ma alla festa sono finiti dietro la lavagna. “I meet up non possono usare il simbolo del M5s”, ha tuonato Grillo. “Non siete liste elettorali” hanno scandito Fico e Di Battista in faccia agli attivisti, che hanno affollato i due incontri sul tema. Temono infiltrati e arrivisti, i 5Stelle. E invocano la purezza delle origini. “Ho visto attivisti spacciare mozioni” ha ringhiato il fondatore. Perché il Movimento ha paura di diventare come gli altri: un partito.

lunedì 19 ottobre 2015

Imola, 17 e 18 ottobre 2015 - Italia 5 Stelle

#Italia5Stelle a Imola: Grazie a tutti!


Italia 5 Stelle si è conclusa. E' stato fantastico. 200.000 persone, centinaia di migliaia collegati in diretta su Facebook e Youtube per la diretta, migliaia di foto, video e messaggi con l'hashtag #Italia5Stelle su Twitter e Instagram.

Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito concretamente con una donazione alla realizzazione di questo evento. Online abbiamo raccolto ad oggi più di 417.000 euro grazie a 11.405 cittadini che hanno donato mediamente poco più di 36 euro. Con le donazioni ricevute nella sola giornata di ieri qui a Imola abbiamo coperto tutti i costi preventivati. Presto pubblicheremo i dettagli di tutte le spese sostenute. Tutto quello che avanzerà lo utilizzeremo per i prossimi eventi del MoVimento 5 Stelle.
Ringrazio anche tutti gli attivisti e i volontari che hanno dato l'anima in questi mesi per la riuscita di questo evento straordinario!
Ringrazio anche chi si è fatto chilometri per arrivare fin qui e dare la sua testimonianza!
Grazie infine a tutti i portavoce che sono stati qui con noi e a tutti gli artisti che si sono esibiti gratuitamente in questi due giorni.
Grazie a tutti, di cuore, da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.

Usando l'hashtag #Italia5Stelle trovate messaggi, foto e video su Instagram e suTwitter.


I video della giornata del 17 ottobre mattina - 17 ottobre sera.
Quelli del 18 ottobre invece sono qui quelli della mattina e qui quelli della sera con il gran finale.

Il mediatore - Nelle mani del vicepresidente della Camera la grana Pizzarotti: “Restiamo uniti”

Di Maio fa già il leader, vertice al bar con i sindaci


Un’ora e mezza senza microfoni, senza comizi, senza selfie. Novanta minuti passati a prendersi lamentele e proteste dagli amministratori che si sentono troppo soli. Ma pure a controbattere, a promettere novità, a cercare soluzioni. In un bar a un passo dall'autodromo di Imola, colui che studia da candidato premier, Luigi Di Maio, indossa i panni del mediatore: e attorno alle 10.30 si siede al tavolo con il dissidente che non arretra, il sindaco di Parma Federico Pizzarotti.
Assieme a loro, nel locale stipato di famigliole, attivisti e podisti in calzoncini, gli altri primi cittadini del Movimento: da Fabio Fucci di Pomezia ad Alvise Maniero da Mira, vicino Venezia. Due gli assenti, e di peso: il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, e quello di Civitavecchia, Andrea Cozzolino. Ma sono tanti, gli amministratori che vogliono risposte da Di Maio, responsabile degli enti locali nel Direttorio, quindi il loro referente ufficiale. In prima fila c’è Pizzarotti assieme al suo capogruppo Marco Bosi, ancora arrabbiati per l’agorà dei sindaci piazzata alle 10 di mattino del sabato, quando l'autodromo era un deserto. Ma il coro è più o meno unanime: ci avevate promesso un coordinamento, incontri periodici a Roma e invece siamo sempre lì nei Comuni a combattere in solitudine, senza una copertura politica. C’è solo una chat su WhatsApp , dove scambiare idee con Di Maio: troppo poco. All’inizio parlano soprattutto Pizzarotti e Bosi. E l’atmosfera è tesa. “No, no, non è così” sentono ripetere al sindaco, a voce alta. Di Maio scuote il capo, sorride amaro. Ma non sbotta mai. Vuole ricucire, con il Pizzarotti che pure è un paria agli occhi di Gianroberto Casaleggio. Ma che nel deputato campano ha sempre trovato un referente, capace di bloccare la sua espulsione nel dicembre 2014, rabbonendo proprio il guru. Di Maio va dritto: “Federico, se tu ogni volta te ne esci con parole eccessive sui giornali come faccio a ricucire con su?”. E quando parla di “su” il vicepresidente della Camera si riferisce a Milano, a Casaleggio. Pizzarotti replica: “È vero, mi sono arrabbiato nelle ultime ore. Ma era un anno che non dicevo nulla di duro”. Di Maio concede: “L’agorà è stata fissata a un orario sbagliato, era troppo presto. Ma non c’era nessuna voglia di penalizzarvi”. Parlano anche gli altri. Tra i più loquaci, Federico Piccitto, sindaco di Ragusa, che ha molto traballato per aver detto sì alle trivellazioni nel giugno scorso. “Una scelta obbligata” aveva spiegato. Ma diversi parlamentari avevano chiesto la sua testa. E Di Maio aveva tamponato. Nel bar di Imola, il sindaco siciliano invoca la presenza sul territorio dei parlamentari, appoggio. “La mia maggioranza ha tenuto in Consiglio, ma voi ci dovete aiutare, il Movimento deve tutelare i suoi amministratori”.
Ai colleghi dopo dirà: “Senza autorità non c’è responsabilità, almeno una volta lui deve venire a Ragusa ”. Lui, Di Maio, ascolta paziente. Sa che fuori del bar con vetrata ci sono cronisti. Prima di uscire, concede foto ricordo. Poi afferma: “È stata una riunione operativa, c’è l’esigenza di tenere assieme sindaci, giunta e consiglieri sui territori”. Ossia di evitare che i consiglieri facciano scherzi ai primi cittadini, votandogli contro (vedi il no a Nogarin sul bilancio). L’imperativo è scongiurare lotte tra correnti, soprattutto tra meet up. E le riunioni? “Cominceremo a farle a Roma con i sindaci. Poi io andrò nelle varie città a incontrare tutti gli eletti”. I sindaci ci sperano: “Potrebbe essere la volta buona”. Pizzarotti scappa via: “Non dico nulla”. Ma poi, tra un gazebo e l’altro, parla eccome: “Come potenziale candidato premier Di Maio è il migliore, è quello che rappresenta meglio il M5s”. Invoca: “Serve un meet up nazionale, sui programmi e su cosa serve per lavorare”. L’incontro con Grillo, come di consueto, non c’è stato. Il sindaco è secco ma non chiude: “Per incontrarsi serve la volontà reciproca, e da parte mia c’è sempre stata. La ragione non è mai da una parte sola”. Il moderatore Di Maio potrebbe apprezzare.


Imola, sul palco sale il governo Cinque Stelle

IL RADUNO - Casaleggio lancia il primo punto del programma: “Via la prescrizione”.
Sul resto, fa parlare i potenziali ministri


La lusinga arriva dopo ore passate sotto la pioggia. Alessandro Di Battista si rivolge agli attivisti del Movimento, riuniti a Imola in assemblea nazionale: “Tra di voi ci sono i prossimi parlamentari, i prossimi ministri, i prossimi sottosegretari della Repubblica. Perché no? Perché no?”. Lo ripete due volte, Di Battista. Poi, cambia registro e attacca dieci minuti di discorso che catapultano, lui, alla Farnesina. La Siria e i migranti, Emergency e il Ttip: il posto come prossimo ministro degli Esteri, se va come M5S spera, è già occupato. Non si tratta solo di ambizioni personali. Sul palco della kermesse Cinque Stelle, zitta zitta, ha sfilato la squadra del potenziale governo grillino. La scaletta degli interventi è stata studiata in maniera precisa, non senza provocare qualche malumore tra gli esclusi dal palco. E ai parlamentari “prescelti” sono stati affidati discorsi assolutamente tematici. Deragliano in pochi (Paola Taverna, per dire, infila una intemerata in romanesco), gli altri si calano appieno nel ruolo che chissà se verrà. Barbara Lezzi e Carla Ruocco si concentrano sull’Economia, Alfonso Bonafede illustra i temi della Giustizia, Di Battista parla di Esteri e Roberto Fico solo di Rai. Sono i temi di cui si occupano in Parlamento, si dirà, naturale che parlino delle cose che conoscono meglio. Ma è proprio chi ha contribuito all’organizzazione della due giorni a far notare che le vetrine non sono state assegnate a caso. Luigi Di Maio, il suo discorso da premier, lo aveva fatto sabato. Inclusivo, rassicurante, mediatore: se vinciamo, ha detto in sostanza il vicepresidente della Camera, non faremo prigionieri. Non è lui, in questa fase, a curare la lista dei colleghi che lo potrebbero affiancare. Decide Milano. E quando ieri, Gianroberto Casaleggio, ha messo in fila alcune cose di metodo e di merito (tipo: “La piattaforma va migliorata”,

“Per prima cosa aboliremo la prescrizione”), non ha mancato di ribadire che la scelta della squadra di governo sarà affidata “agli attivisti”. Non è una novità, certo. Eppure, è ancora dall’interno del Movimento che fanno notare come, Costituzione alla mano, la proposta sui ministri spetti sempre al presidente incaricato. E, aggiungiamo noi, ai due leader che, in questi due giorni, hanno già marcato il confine tra chi a quei posti può aspirare e chi no. Ieri, alla base, è arrivata anche la strigliata di Roberto Fico. Il responsabile dei meet up, insieme a Di Battista, ha ascoltato e risposto per ore alle sollecitazioni degli attivisti: “Quando ho cominciato, nel 2005, volevamo cambiare il mondo senza candidarci a niente. Non rovinate questo sogno. Questo è un non-Movimento, voi siete dei non-meet up e il nostro è un non-leader”. Si fa per dire. Quando comincia il discorso conclusivo del raduno di Imola, Beppe Grillo guarda dritto negli occhi i parlamentari sul palco con lui: “Siete dei miracolati. Fino a due anni fa non guadagnavate un cazzo, ora quello che non guadagna più sono io”.

domenica 18 ottobre 2015

Tra voglia di vincere e di restare opposizione

Il governo subito: Di Maio e Di Battista sfidano i fondatori

A Imola la base Cinque stelle consacra i due giovani deputati Grillo: “Se un giorno dovessimo fallire, prendetevela con loro”



A questo punto della storia, quando il boom delle elezioni è lontano di due anni e mezzo e altrettanti ne mancano, almeno sulla carta, per la prossima chiamata alle urne, il Movimento fa il suo giro di boa. I due guru, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, restano la garanzia di fedeltà al metodo Cinque stelle. I due emergenti, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista testimoniano pari fede, ma ormai hanno preso la loro strada. Così, a Imola, al raduno nazionale di parlamentari, sindaci, consiglieri e militanti, si schierano le truppe. Da una parte la linea ostile alla “vittoria a tutti i costi”, per qualcuno supportata perfino dalla teoria secondo cui restare all'opposizione è ossigeno inesauribile per la vita politica del Movimento. Dall'altra la consapevolezza che l’occasione di oggi è unica e irripetibile. E che se c’è qualcuno che può giocarsela, ha la faccia del napoletano moderato e dell’agit-prop capitolino.
Regole inviolabili e ambizioni nazionali Non correranno nelle loro città, Napoli e Roma, che pure sono prossime al voto perché le regole sono regole. E soprattutto perché Di Maio e Di Battista preferiscono muoversi già da salvatori della patria, convinti che la partita per il governo sia appena cominciata. La platea di Imola è la consacrazione che mancava. Al di là delle assemblee locali, della vetrina del Parlamento, delle passerelle tv, è qui – in questo raduno che loro stessi chiamano della “maturità” – che Di Maio e Di Battista si confrontano con la base. Si muovono separati, ma fanno gioco di coppia. Uno pronto a proporsi come biglietto da visita del Movimento per l’eletto rato meno estremista, l’altro in pista per continuare a tenere in allerta la pancia grillina. Quando sale sul palco di Imola, alle 9 della sera, Di Maio è reduce da una giornata che non è filata proprio liscia. Al mattino, Grillo e Casaleggio, rispondendo ai cronisti, hanno detto che “non si sa” se sarà lui il candidato premier M5s.
Non ha gradito, Di Maio. E lo staff della comunicazione ha avviato un complesso lavoro per smorzare i titoli dei siti internet che già parlavano del “gelo” tra Grillo e il suo discepolo. Il discorso da premier e il ritorno 
all'utopia Poco importa, comunque, quello che scrivono i giornali. Di Maio il suo discorso da candidato premier, lo fa e basta. Già calato nella narrazione (“Ognuno di voi - dice alla platea - avrà la sua occasione per cambiare la storia di questo Paese”); già incline all'inclusione (“Dovremo fare in modo che tutti, anche quelli che non ci hanno votato, potranno partecipare alle scelte collettive”); già volto rassicurante (“Noi non vogliamo entrare nelle istituzioni per occuparle, ma per restituirle chiavi in mano ai cittadini”). “Quando andremo al governo”, ripete Di Maio - che attacca Verdini, “i voltagabbana” e tutti quelli che sostengono Renzi, “il terzo premier senza legittimazione popolare” - il problema “non saranno i nomi”, dice il vicepresidente della Camera. Che sarà una squadra di governo (premier compreso) completamente scelta dagli iscritti lo dice Gianroberto Casaleggio, che sale sul palco dopo di lui.
Eppure, con quel pastrano scuro, con quel discorso che inciampa e con 
quell'esordio a frenare la folla (“Calmi, calmi”), sembra venire da un altro mondo. “Non possiamo stare all'opposizione per troppo tempo – dice anche lui – tanto peggio dei partiti non possiamo fare”. Però il come e il quando sono meno determinati di quanto sembrasse. Un p o’ perché il co-fondatore M5S ammette di temere manovre non meglio precisate: “Non ci vogliono far votare” (il consigliere comunale di Roma Marcello De Vito, a margine, arriverà ad adombrare l’ipotesi di un decreto a febbraio, per evitare le urne a Roma). Un po’, prosegue Casaleggio, perché “dobbiamo andare al governo sì, ma senza fretta perché noi siamo il trend del futuro”. L’idea, l’utopia. Grillo si avvicina. Chiede a Casaleggio di restare sul palco. E chiarisce il punto: “Voi ci amate, ci applaudite, gridate onestà. Ma io so benissimo che se non riusciremo a soddisfare tutte le cose che stiamo dicendo qua, so chi verrete a cercare: ma siamo già corsi ai ripari, nel giro di 24 ore spariremo e lasceremo qua Di Maio e Di Battista”. Selfie, suppliche e politici di professione Giù, lo hanno già capito. Ieri si sono visti, tra gli altri: fidanzati spingere le proprie compagne verso Di Maio (“Dai, vai, non ti devi vergognare”), signore al limite dello stalking (“Io non me ne vado da qui finché non ho fatto una foto con Alessandro ”), sfottò irriverenti (“Dai, dai forza con ‘sti selfie”, dice Di Battista a quelli che lo circondano), suppliche nervose (“C’è la Taverna, fatele con lei le foto!”, ha sbottato Di Maio). Perfino la scorta (una “task force” di volontari addetti alla sicurezza) è in brodo di giuggiole: “Di Maio è un signore, un signore veramente”. Il palco, per Di Battista, arriverà solo oggi. Ora si limita ad allargare lo sguardo e a ripetere: “Che bella Italia”. Dice che rispetto al Circo Massimo di un anno fa, gli elettori sono cresciuti, hanno studiato, è convinto che il messaggio abbia fatto breccia. Distribuisce volantini alla folla adorante: “Questo è sulla scuola! Questo è sui soldi ai partiti! Solo proposte, zero proteste!”. Un attivista lo guarda, tra l’ammirazione e lo sconforto: “Aiuto, io non ce la farei mai a fare il politico di professione”.