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giovedì 8 ottobre 2015

PALAZZO CHIGI - Il premier vorrebbe le elezioni solo nel 2017 ma Ignazio è appeso a un filo

Renzi non ne può più di lui ma attende la Procura
E ha paura del voto a Roma

Marino? È genovese. E quindi è tirchio: è attaccato ai suoi soldi, per quello ha speso quelli pubblici”. Era questa la battuta che circolava ieri in Campidoglio dopo la giunta e la decisione del sindaco di Roma di restituire tutto il denaro speso con la carta di credito del Comune di Roma. Cercando di evitare così le dimissioni. Marino vuole restare, ad andarsene non ci pensa proprio. Ma al Pd e a Palazzo Chigi basta la restituzione dei soldi per tenerlo in piedi? Evidentemente no, ma in questo momento la exit strategy non è chiara. Nonostante l’insofferenza conclamata da mesi da parte del premier, Matteo Renzi e la progressiva presa di distanza da parte del commissario del partito a Roma, Matteo Orfini. Il rimedio, per i vertici democratici, potrebbe essere peggiore del male. Ma è il deputato Pd Michele Anzaldi, in un’intervista all’Huffington post a rompere gli indugi e sparare a zero: “Roma merita questo stillicidio? E tutto questo quanto danneggia i dem nazionali?”. Due domande che potrebbero farsi in molti e non solo in Campidoglio. A breve dovrebbe arrivare la linea dai vertici nazionali del partito. Intanto le opposizioni vanno all’attacco e invocano le dimissioni. “Marino deve lasciare e Roma deve tornare al voto”, tuona Beppe Grillo. Renzi si sta interrogando in queste ore su come uscire da questa situazione. Perché il suo progetto era lasciarlo alla guida del Campidoglio almeno fino alla fine del Giubileo, possibilmente fino a scavallare la finestra elettorale di primavera e poi farlo cadere dopo. “Il Pd farà un talent per cercare un candidato alternativo”, la battuta che circolava ieri in Parlamento. Perché fino ad ora il primo cittadino è rimasto dov’è per evitare risvolti negativi sul Giubileo con il commissariamento. E poi i Dem non saprebbero con chi sostituirlo e sono convinti che perderebbero le elezioni.
Ma adesso le cose potrebbero cambiare e anche rapidamente: prima di tutto il procuratore Pignatone potrebbe incriminare il sindaco per le spese della carta di credito. A quel punto, lui sarebbe automaticamente fuori. A cercare una soluzione è Orfini, insieme al vice segretario dem, Lorenzo Guerini. Tra le voci che circolano, quella che per mandare via Marino non si parla più di un anno ma di un mese di tempo. A novembre si voterà il bilancio del Comune e, nel caso in cui non dovesse essere approvato, il Campidoglio può essere commissariato per poi tornare al voto nel 2017. Questo sarebbe uno dei possibili scenari, che il Pd sta vagliando. Nel frattempo, Renzi tace. A questo punto, con il sindaco scaricato platealmente pure da Bergoglio, basterebbe anche una sua parola. Ma fino a che Palazzo Chigi non valuta bene mosse e conseguenze ufficialmente non si parla. Il sindaco però sembra più debole di ieri.

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