VIDEO 5 GIORNI A 5 STELLE

DI BATTISTA - 11.05.2016 OTTOEMEZZO

11.05.2016 - ALFONSO BONAFEDE (M5S) Unioni civili: tutta la verità in faccia al governo

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venerdì 23 ottobre 2015

Movimento 5 Stelle Roma, Di Battista: vincere nella Capitale per dare poi una spallata a livello nazionale

Roma - L’obiettivo è vincere. Ne parla Alessandro Di Battista intervistato a 24 Mattino‘ in onda su Radio 24.

Nel confermare l’indisponibilità ad una sua candidatura il deputato del M5S aggiunge: “Non farei il sindaco di Roma. Sono onorato che molte persone possano avere fiducia in me, ma non posso rompere quel rapporto fiduciario instaurato con i cittadini nel momento delle elezioni politiche. Ma se non riusciamo a vincere in una città grande e dimostrare che siamo capaci di governare sarà difficile dare una spallata sul piano nazionale. Quindi dobbiamo vincere a Roma se vogliamo vincere alle politiche”.
“Renzi responsabile numero uno” - La linea del MoVimento non assolve Marino ma punta al premier: “Il responsabile numero uno del degrado di Roma non è Marino, è Matteo Renzi”. “Marino non è un delinquente, è un inetto”. “La città è stata mal amministrata, parlare dello scontrino è riduttivo. Certo, lo scontrino determina essenzialmente una menzogna; in qualsiasi città del mondo, se tu hai mentito su una fattura ti dovresti vergognare”. Le colpe di Renzi? “L’ha difeso in un determinato momento perché temeva che se si fosse andati al voto, all’indomani della seconda retata di Mafia Capitale, il M5S avrebbe avuto chance e attualmente avremmo un sindaco”.

giovedì 22 ottobre 2015

Sondaggi. Roma: M5S 32% Pd 20%. Napoli: primo M5S, Pd terzo

Sondaggi, grandi città voto. A Roma M5S al 31,8%, Pd staccato al 19,7%. A Napoli M5S primo, Pd nemmeno al ballottaggio


Beppe Grillo e Matteo Renzi - M5S > PD
Mancano otto mesi ai prossimi rinnovi dei consigli comunali di importanti città come Roma e Napoli, sempre che il voto, per esempio a Roma, resti confermato nella finestra elettorale di maggio. I primi sondaggi confermano che la lista del Movimento 5 Stelle è quella che al momento riceve più consensi mentre il Pd resta abbondantemente staccato e, a Napoli, oggi non andrebbe nemmeno al ballottaggio. Roma: M5S al 31,8%, Pd al 19,7%. I sondaggi danno il movimento di Grillo primo nel voto di lista, nettamente in testa con il 31,8% di preferenze. Il Pd risulta staccato al 19,7%. Intorno al 9% Forza Italia e Fratelli d’Italia, stessa percentuale di un’ipotetica lista dell’ex sindaco Ignazio Marino. Napoli: M5S primo, Pd nemmeno al ballottaggio. I sondaggi a 8 mesi dal voto danno il Pd al 16% mentre il M5S si confermerebbe primo partito in città. Luigi Di Maio, il deputato grillino è al momento il candidato da battere. Al ballottaggio andrebbe il candidato del centrodestra Gianni Lettieri. Il sindaco uscente De Magistris e Antonio Bassolino si fermerebbero al 21%. Renzi rimanda il voto? Numeri che fanno pensare e subito preoccupare il presidente del Consiglio e segretario del Pd Renzi. Tanto che, secondo Fabio Martini de La Stampa, starebbe meditando il rinvio a metà giugno delle elezioni. In diverse città grandi e medie il Pd non sa ancora con quali candidati affronterà la battaglia. Uno scenario non compromesso, ma complesso rispetto al quale il presidente del Consiglio sta coltivando una prima suggestione: quella di indire le elezioni amministrative previste nel 2016 nella domenica più avanzata possibile, nella speranza di avere più tempo possibile per riassorbire ferite e traumi e al tempo stesso per poter dispiegare il massimo dell’azione governativa. Ecco perché a Palazzo Chigi coltivano l’idea di fissare il turno delle amministrative previste nel 2016 alle soglie dell’estate, nella seconda domenica di giugno: il 12.

Comunali 2016 Roma, sondaggio elettorale: M5S al 31,8 per cento

Cominciano ad essere pubblicati i primi sondaggi sulle prossime elezioni comunali a Roma. Un dato emerge chiaramente da tutte le rilevazioni: la crescita del Movimento 5 Stelle.


Il Movimento 5 Stelle ad  Imola
Cominciano ad essere pubblicati i primi sondaggi sulle prossime elezioni comunali a Roma. Un dato emerge chiaramente da tutte le rilevazioni: la crescita del Movimento 5 Stelle. Secondo un sondaggio commissionato da La7, il movimento fondato da Beppe Grillo sarebbe al 31,8 per cento. Il centrosinistra, Sel e Pd, un’alleanza che comunque è ancora da confermare, si fermerebbe a poco oltre il 24 per cento con il Partito democratico al 19 per cento. Da sottolineare anche il risultato di Alfio Marchini che si attesterebbe a al 7 per cento e quello del sindaco dimissionario Ignazio Marino: se il chirurgo genovese si dovesse ripresentare alle elezioni con una lista civica prenderebbe, dice il sondaggio, circa il 9 per cento. L’astensione sarebbe circa del 50 per cento. La rilevazione di Emg Acqua per La7 si basa su un campione di 1000 persone a cui si è arrivati dopo oltre 4mila telefonate, con un tasso di rifiuto all’intervista di più dell’80 per cento.
Secondo un interessante sondaggio commissionato qualche giorno fa da IlTempo a DataMedia Ricerche, se si fosse votato ora per il Comune di Roma, il 26 per cento avrebbero votato Giorgia Meloni, il 21 per cento per Alessandro Di Battista del Movimento 5 stelle, il 16 per cento per il sindaco uscente Ignazio Marino, il 10 per cento per Alfio Marchini, quasi il 5 per cento per Roberto Giachetti del Pd, quasi il 4 per il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone. Il 17 per cento ha indicato un altro nome. Anche in questo caso gli astenuti sarebbero circa il 50 per cento dei cittadini romani.

martedì 20 ottobre 2015

Meloni e 5 stelle si giocano Roma

Sondaggio Datamedia per Il Tempo.
La leader di FdI prima nella corsa a sindaco.
M5S la lista preferita ma Marino è terzo 


Mancano sette mesi alle elezioni per scegliere il nuovo inquilino di Palazzo Senatorio dopo le dimissioni di Ignazio Marino da sindaco di Roma. I papabili candidati mantengono un profilo basso, ma le intenzioni di voto degli elettori appaiono già abbastanza chiare. Il sondaggio realizzato da Datamedia Ricerche per Il Tempo fornisce già due indicazioni precise: Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, è la preferita dei romani per indossare la fascia tricolore (26,4%), mentre il Movimento 5 Stelle è la lista politica destinata a far man bassa di consensi (32,4%). Un voto disgiunto che fa capire quanto sia aperta la corsa al Campidoglio.
In questo intricato scenario si inseriscono gli altri attori in campo, uno su tutti l’imprenditore outsider Alfio Marchini, ancora in attesa di capire quali forze politiche saranno disponibili a sostenere la sua candidatura. Ma andiamo a vedere, nel dettaglio, cosa dice il sondaggio. Per quanto riguarda le liste, al primo posto, come detto, c’è il M5S che prenderebbe 20 punti percentuali in più del 2013. Un’occasione d’oro favorita dall’harakiri Marino-Pd. Secondo c’è proprio il Partito democratico, distaccato però di dieci punti (22,2%). La lista FdI-An, con l’8,1%, otterrebbe meno consensi della sua ipotetica candidata sindaco Meloni ma, al tempo stesso, toglierebbe voti importanti a Forza Italia (9,4%, nel 2013 il Pdl prese il 19,2%). La lista Marchini, invece, si attesterebbe a quota 7% (-0,4% rispetto alla scorsa tornata elettorale) anche se in altre rivelazioni la percentuale cresce. Segue la lista Marino col 4,5%. Decisivi saranno, infine, i voti della lista Noi Con Salvini (5,2%) e di Sel (6,7%).
Nelle elezioni comunali, però, fondamentali sono i voti che sono in grado di racimolare i candidati sindaco. Ed è questa la battaglia decisiva. Al secondo posto, dietro la Meloni, c’è il grillino Alessandro Di Battista (21,5%), il quale da mesi ripete di non avere alcuna intenzione di scendere in campo (al suo posto il Movimento potrebbe puntare su Virginia Raggi, avvocato e consigliera capitolina). Sul gradino più basso del podio c’è Ignazio Marino. Già, proprio lui, il sindaco dimissionario che con il 16,7% dei consensi potrebbe giocare un brutto scherzo al Pd, il partito che fino all’altro giorno lo ha sostenuto con malavoglia. Seguono Alfio Marchini (10%), il deputato dem Roberto Giachetti (4,8%) e il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone (3,8%). Questi sono i numeri su cui si confronteranno le forze politiche nelle prossime settimane. Il centrosinistra ha ancora le idee confuse, anche se il premier Renzi ha assicurato che la scelta del candidato passerà dalle primarie. Il prefetto Gabrielli, figura caldeggiata da molti, proprio ieri ha spiegato le sue intenzioni: «Se mi dovessi candidare sputatemi in faccia». Quindi, chi resta? Oltre a Giachetti, i nomi che circolano sono quelli del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il ministro per la Pubblica amministrazione Marianna Madia e l’attuale assessore capitolino alla legalità ed ex magistrato Alfonso Sabella. Anche il centrodestra è lontano dal trovare la quadra. La Meloni - che finora ha sempre frenato sull’ipotesi di una sua candidatura - è spinta da FdI, dal leader de La Destra Francesco Storace e potrebbe ottenere l’appoggio del salviniani. Il problema è che è invisa ad una parte di Forza Italia e, soprattutto, a Ncd. Berlusconi e il partito di Alfano, infatti, starebbero lavorando a portare dalla loro parte Marchini, che non dispiace ad un’ampia fetta del Pd e del mondo cattolico. Proprio lui, l’imprenditore romano che vuole arruolare i «300 romani migliori». Alfio, però, non ha ancora scelto, consapevole del fatto che attorno alla sua figura potrebbero convergere tutti i moderati.

giovedì 15 ottobre 2015

Roma, elezioni rinviate. Decreto quasi pronto. Indiscrezione choc

Evento straordinario e rischi per l'ordine pubblico. Sarebbero queste le due motivazioni alla base del rinvio al 2017 delle elezioni comunali a Roma. Quella che sembrava una boutade dei grillini sta prendendo corpo. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi...


Evento straordinario e rischi per l'ordine pubblico. Sarebbero queste le due motivazioni alla base del rinvio al 2017 delle elezioni comunali a Roma. Quella che sembrava una boutade dei grillini sta prendendo corpo. Dopo le uscite del capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, e del vice-ministro dell'Interno Filippo Bubbico (che ad Affaritaliani.it ha affermato che il rinvio è "tecnicamente possibile") arriva da fonti dem vicine all'esecutivo la conferma: il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, d'accordo con il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, starebbe prendendo in seria considerazione l'ipotesi di un decreto urgente, da varare nei prossimi mesi, per prolungare il commissariamento della Capitale fino alla fine del 2016. La motivazione è la concomitanza con il Giubileo voluto da Papa Francesco. Un evento definito dal governo "straordinario" e che non si concilierebbe con una campagna elettorale presumibilmente accesa e infuocata. La probabile presenza in città di centinaia di migliaia di pellegrini, provenienti da tutto il mondo, potrebbe - secondo Palazzo Chigi e il Viminale - creare non pochi problemi di sicurezza, ordine pubblico e controllo del territorio. Se davvero si arrivasse al rinvio al 2017 del voto, dopo le dimissioni di Ignazio Marino, lo scontro politico assumerebbe toni infuocati. Le opposizioni, dal M5S al Centrodestra, sono pronte a gridare allo scandalo e ad accusare Renzi di non far votare i romani in quanto teme una debacle senza precedenti per il Pd.

mercoledì 14 ottobre 2015

CRISI DI ROMA M5s: “Marino, viaggi da 44.000 euro non 27”

Gdf in Campidoglio



Ignazio Marino
“Avevamo avanzato la nostra richiesta di verifica lo scorso 11 settembre e oggi abbiamo ricevuto risposta dall’Oref, una risposta che conferma i nostri sospetti e che evidenzia evidenti criticità. Ad esempio le spese sostenute da Marino durante il suo mandato. Andiamo per punti: nella sua rendicontazione, apparsa sul sito del Comune di Roma subito dopo il blitz condotto dai consiglieri 5Stelle, Marino dichiarava di aver speso, dal 2013 ad oggi, 27 mila euro per i suoi viaggi. Nel report dell’Oref si elenca invece un totale di 44.074,92 euro”. Lo si legge nel post, pubblicato sul sito web del gruppo M5s Roma. “Nessuna voce nelle dichiarazioni delle spese effettuate da Marino riguarda invece quelle di rappresentanza del sindaco –si legge ancora – vale a dire quelle spese effettuate allo scopo di promuovere l’immagine o l’azione di Roma. Nel 2013, sempre secondo l’Oref, sono ammontate a 91.465,45 euro; nel 2014 a 142.195,41 euro (il 2015 non è contabilizzato). Per un totale, dunque, di 233.660,86 euro”. Ieri la Guardia di finanza era in Campidoglio per acquisire tutti gli scontrini delle cene e delle spese di Marino. Non è escluso poi che sulle firme ci potrà essere una perizia calligrafica.

martedì 13 ottobre 2015

M5s, il caso Di Battista-sindaco e il ‘problema’ della coerenza

Molti elettori 5 Stelle si sono arrabbiati un po’ perché a Otto e mezzo ho detto che la non candidatura di Alessandro Di Battista a sindaco di Roma è “un errore politico clamoroso”. Ribadisco quanto affermato venerdì scorso, e anzi trovo inaudito che ci sia ancora gente che osa addirittura contraddirmi. Incredibile. Non è la prima volta che i talebani ortodossi mi crivellano. Probabilmente sono gli stessi che fino a qualche mese fa non volevano che i 5 Stelle andassero in tivù, e adesso mettono il MySky alle 3 di notte per registrare Vito Crimi che si intervista da solo nelle repliche di Protestantesimo. Scherzi a parte, la vicenda Di Battista-Roma, ma pure quella Di Maio-Napoli, offre molti spunti. E porta a una conclusione: qualsiasi cosa facciano, i Cinque Stelle sbagliano.
C’è una soluzione? No, non c’è. Di Battista sarebbe il candidato più forte a Roma e Di Maio a Napoli. Però non si candidano. Questo, tecnicamente e oggettivamente, è un “errore politico clamoroso” (cit). Comunque la si giri, è un regalo a centrosinistra e centrodestra. Al tempo stesso, e per questo dico che i 5 Stelle sbagliano qualsiasi cosa facciano, Di Battista e Di Maio verrebbero massacrati se si candidassero. Significherebbe non rispettare il regolamento; vorrebbe dire mangiarsi la parola data; equivarrebbe al comportarsi come una Moretti qualsiasi. Se si candidano forse vincono, però sono incoerenti; se non si candidano non vincono di sicuro (a meno che non accada qualcosa che vi racconto a fine pezzo), però restano coerenti. Vicolo cieco.
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Perché un vicolo cieco? Perché la natura stessa del M5S porta spesso a un bivio secondo il quale essere fedeli a se stessi conduce (forse) nel medio-lungo periodo a grandi risultati, ma nel breve periodo equivale sistematicamente al perdere treni della vita. Esempio tra i tanti: alle seconde Quirinarie, mentre Renzi indovinava la mossa della sfinge (Mattarella), i 5 Stelle optavano ilari per il tanto stimabile quanto politicamente irrilevante Imposimato. Che dire? Complimenti. Renzi fu molto fiero di voi.
Sì, ma le regole? I talebani ortodossi, a questo punto, replicano piccati: “Esistono le regole, se fai queste critiche allora non hai capito nulla del Movimento”. Sì ragazzi, buonanotte e attenti agli asini che volano in cielo. Le regole ci sono, ma esiste anche l’elasticità. Quella stessa elasticità che ha portato alla mossa Freccero-Rai. Ci sono dei momenti, nella storia, in cui le regole vanno “forzate” senza con questo diventare “ladri” o “disonesti”. I 5 Stelle lo hanno già fatto e lo faranno sempre più spesso, a meno che l’obiettivo non sia stare all’opposizione in eterno.
Di Battista sarebbe un buon sindaco? E io che ne so. Di sicuro oggi sarebbe il favorito, come pure Di Maio a Napoli. Entrambi non cambieranno mai idea e personalmente li capisco. Vogliono mantenere la parola data, credono nel loro ruolo attuale e il prossimo sindaco di Roma dovrà affrontare uno scenario drammatico. L’impresa sarà quasi disperata. Comprensibile che entrambi, peraltro nel rispetto delle regole, scelgano di restare in Parlamento.
Sì, ma restare in Parlamento quanto? Altro problema, altro vicolo cieco. I 5 Stelle, nella loro idea utopica di politica fatta non da “professionisti” ma da cittadini, impongono il limite dei due mandati. Altrimenti, dal terzo in poi, si diventa come gli altri. Tutto molto bello, almeno sulla carta. Il risultato concreto, però, è che Di Maio (oggi 29enne) potrà fare politica al massimo fino al 2023. Poi basta (a 36 anni). Non è uno spreco? Non significa, ogni volta, buttare via esponenti credibili che nel frattempo sono cresciuti? E’ meraviglioso sapere che presto non vedremo più in Parlamento le Fucksia, i Giarrusso e le Lombardi (di chi era l’idea? Di Orfini?). E’ appena meno condivisibile rinunciare anzitempo a evidenti talenti politici.
E allora cosa fare? Ripeto: io che ne so? Starà al M5S valutare, col tempo, se alcune mannaie regolamentari andranno qua e là modificate. Di sicuro, riguardo a Roma e Milano, l’unica strada – se vogliono vincere – è allargare la rosa dei candidati anche a chi non ha necessariamente una lunga storia grillina alle spalle. Se si sceglie il solito sconosciuto tramite il web, si conquista il Premio Duriepuri 2015 ma non si vince mai (non nelle grandi città, almeno). Capisco che sia cinico e ingiusto, perché “dovrebbe contare il programma e non la persona”, ma viviamo in Italia e non a Utopia. Quindi serve un nome “forte”, vicino al Movimento ma non per forza un militante di lunga data. In Liguria, per un po’, si fece il nome di Freccero. A Milano si è parlato di un appoggio (subito stroncato) a Di Pietro. A Roma leggo nomi fantasiosi, tipo Santoro (ma non lo odiavate fino a ieri?), Imposimato (ancora?) o Di Matteo (persona rara e preziosa). Il nome non sarà facile. Se però sceglieranno il solito bravo ragazzo imberbe, gli unici a festeggiare saranno Marchini, o Meloni, o Renzi. Perdere felici o vincere sporcandosi un po’? Questo, a volte, è il problema.

A gennaio il voto web tra gli iscritti

Basta tv, corsi e tanta paura:“tutor ”per i quattro grillini di Roma


Per dire quanto è grande la paura di vincere, tra i Cinque Stelle circola un racconto quasi mitologico: “A Pomezia, all’inizio, per consultare gli atti andavano negli uffici di notte, con la pila. Non si fidavano dei funzionari...”. Se è andata così in un Comune di provincia, ragionano, figuriamoci che potrebbe accadere se davvero il Movimento entrasse nella stanza dei bottoni della Capitale. Così, quand’era quasi mezzanotte, giovedì i quattro consiglieri grillini in Campidoglio sono usciti dalla Camera con un mandato preciso: “Guai a voler primeggiare, nessuno provi a cavalcare la visibilità di questi giorni: la partita di Roma è roba nazionale”. A Marcello De Vito, Daniele Frongia, Enrico Stefàno e Virginia Raggi (in rigoroso ordine alfabetico, come piace a loro) lo hanno spiegato non solo i parlamentari romani guidati da Roberta Lombardi ma pure Luigi Di Maio, che già aizzò la folla in Campidoglio ai tempi di Mafia Capitale.

Ma l’altolà non è bastato. E i quattro consiglieri si sono ritrovati nel giro di poche ore su tutte le tv nazionali. Dopo l’ospitata di gruppo da Lucia Annunziata, il programma di ieri, per dire, prevedeva: De Vito da Liguori, la Raggi a L’aria che tira, Stefàno su Sky, Frongia - poi annullato - a Quinta Colonna. Troppe uscite. Così ieri, da Milano, è arrivato lo stop. Il rischio sovraesposizione è troppo alto, bisogna andarci piano. A novembre dovrebbe essere pronto il programma, a gennaio si terrà la votazione web tra gli iscritti. Al “98 per cento” il candidato sarà uno dei quattro. In ogni caso, per il prescelto, è già pronto un corso di comunicazione accelerato. Dalla Annunziata ha convinto Virginia Raggi - avvocato, 37 enne, mamma, volontaria nei canili - De Vito resta il favorito, se non altro perché già nel 2013 fu lui a sfidare Marino. Anche lui è avvocato, mentre Frongia - funzionario Istat - viene descritto come il più solido dei quattro, ma la sua non è esattamente una faccia di quelle che bucano lo schermo. Ultimo, Stefàno, 28 anni, informatico, che prima di essere eletto già stava fisso in Campidoglio per riprendere le sedute con la telecamera. Venerdì sera al ristorante Arturo, sull’Aurelia, De Vito esultava: “In 4 contro 44 in due anni abbiamo ribaltato il consiglio comunale”. Intorno, però, non tutti sono convinti che si debba “vincere per forza”. Almeno non in tv.

sabato 10 ottobre 2015

Corsa alla poltrona di Sindaco: sceglierà la rete

Cinque stelle, resta favorito De Vito per candidatura bis


Niente big ma un candidato scelto dagli iscritti, perché le regole vanno preservate. Il M5s si prepara alla corsa per la Capitale accelerando le procedure per il voto: sul web, quasi certamente, oppure tramite assemblee territoriali, schema che sta venendo sperimentato a Milano. La certezza è che il candidato sindaco verrà scelto tra e dagli iscritti, come prevede il regolamento. Nessuna deroga per Alessandro Di Battista, pure invocato da tantissimi attivisti, o per Roberta Lombardi. Pronta a candidarsi, se le norme lo concedessero. Ma dalla casa madre di Milano sono stati chiari: nessuno strappo. E allora, dritti con la selezione: probabilmente sul web, perché il tempo è poco. Il prescelto potrà godere del pieno appoggio in campagna elettorale dei big romani. Di Battista, Lombardi e Paola Taverna saranno sui palchi con il candidato per una campagna elettorale di respiro nazionale. Il favorito rimane Marcello De Vito (in foto), già candidato sindaco nel 2013. L’obiettivo è prendere una percentuale molto alta. Ma conquistare il Campidoglio sarebbe anche un rischio. “Il timore –sussurrava ieri un parlamentare – è che gestire Roma si riveli un macigno, e che questo ci possa penalizzare alle Politiche”.

giovedì 8 ottobre 2015

PALAZZO CHIGI - Il premier vorrebbe le elezioni solo nel 2017 ma Ignazio è appeso a un filo

Renzi non ne può più di lui ma attende la Procura
E ha paura del voto a Roma

Marino? È genovese. E quindi è tirchio: è attaccato ai suoi soldi, per quello ha speso quelli pubblici”. Era questa la battuta che circolava ieri in Campidoglio dopo la giunta e la decisione del sindaco di Roma di restituire tutto il denaro speso con la carta di credito del Comune di Roma. Cercando di evitare così le dimissioni. Marino vuole restare, ad andarsene non ci pensa proprio. Ma al Pd e a Palazzo Chigi basta la restituzione dei soldi per tenerlo in piedi? Evidentemente no, ma in questo momento la exit strategy non è chiara. Nonostante l’insofferenza conclamata da mesi da parte del premier, Matteo Renzi e la progressiva presa di distanza da parte del commissario del partito a Roma, Matteo Orfini. Il rimedio, per i vertici democratici, potrebbe essere peggiore del male. Ma è il deputato Pd Michele Anzaldi, in un’intervista all’Huffington post a rompere gli indugi e sparare a zero: “Roma merita questo stillicidio? E tutto questo quanto danneggia i dem nazionali?”. Due domande che potrebbero farsi in molti e non solo in Campidoglio. A breve dovrebbe arrivare la linea dai vertici nazionali del partito. Intanto le opposizioni vanno all’attacco e invocano le dimissioni. “Marino deve lasciare e Roma deve tornare al voto”, tuona Beppe Grillo. Renzi si sta interrogando in queste ore su come uscire da questa situazione. Perché il suo progetto era lasciarlo alla guida del Campidoglio almeno fino alla fine del Giubileo, possibilmente fino a scavallare la finestra elettorale di primavera e poi farlo cadere dopo. “Il Pd farà un talent per cercare un candidato alternativo”, la battuta che circolava ieri in Parlamento. Perché fino ad ora il primo cittadino è rimasto dov’è per evitare risvolti negativi sul Giubileo con il commissariamento. E poi i Dem non saprebbero con chi sostituirlo e sono convinti che perderebbero le elezioni.
Ma adesso le cose potrebbero cambiare e anche rapidamente: prima di tutto il procuratore Pignatone potrebbe incriminare il sindaco per le spese della carta di credito. A quel punto, lui sarebbe automaticamente fuori. A cercare una soluzione è Orfini, insieme al vice segretario dem, Lorenzo Guerini. Tra le voci che circolano, quella che per mandare via Marino non si parla più di un anno ma di un mese di tempo. A novembre si voterà il bilancio del Comune e, nel caso in cui non dovesse essere approvato, il Campidoglio può essere commissariato per poi tornare al voto nel 2017. Questo sarebbe uno dei possibili scenari, che il Pd sta vagliando. Nel frattempo, Renzi tace. A questo punto, con il sindaco scaricato platealmente pure da Bergoglio, basterebbe anche una sua parola. Ma fino a che Palazzo Chigi non valuta bene mosse e conseguenze ufficialmente non si parla. Il sindaco però sembra più debole di ieri.

Marino, aragoste e bugie “Restituisco i soldi delle cene”

Dichiarazioni inesatte su pranzi e viaggi.
Lui nega: “Ma pagherò 20 mila euro di tasca mia”


L’ultima dichiarazione di Ignazio Marino che non corrisponde al vero è quella firmata il 5 maggio del 2015: “Con riferimento al pagamento di euro 125,00 effettuato in data 4 maggio 2015 in favore del ristorante ‘Tre Galli’ di Torino, con la carta di credito per la carica di sindaco, dichiara sotto la propria responsabilità che detto pagamento è relativo a una cena offerta per motivi istituzionali a don Damiano Modena incontrato ad Alessandria in occasione della presentazione del suo libro. In fede. Prof. Ignazio R. Marino”. Peccato che la cena fosse a Torino e don Damiano Modena, dopo la presentazione, abbia dormito ad Alessandria. Marino, ha raccontato il prelato al Corriere della Sera ieri, andò via prima della fine dell’incontro. Al ristorante di Torino “I tre Galli” raccontano: “Marino quella sera era con 4 persone. Uno di loro prese solo un tè perché non stava bene. Gli altri hanno mangiato con lui”.


Chi ha bevuto il Gattinara Tre vigne da 37 euro? Chi ha mangiato i due piatti di agnolotti e i due sottofiletti di fassona più una selezione di formaggi per un conto di 125 euro? Mistero, buffo certo, ma mistero. Se Ignazio Marino pensava di fermare le polemiche sollevate dal M5S con la pubblicazione on line sul sito del Comune delle sue note spese, ha sbagliato strategia. Marcello De Vito, già candidato sindaco del M5S, con altri tre colleghi ieri ha depositato alla Procura di Roma un esposto di sette pagine nel quale segnala ai pm quattro episodi sospetti: la cena del 26 dicembre 2013 al Girarrosto Toscano con un conto da 260 euro pagata dai contribuenti nonostante Marino (come dichiarato dal ristoratore al Corriere della Sera e poi ritrattato e poi riaffermato al Tg4 davanti a una telecamera nascosta) fosse con la famiglia; la cena del 5 ottobre 2013 presso il Ristorante Archimede di Sant'Eustachio (104 euro) al quale avrebbe dovuto partecipare un esponente dell'ospedale San Filippo Neri e quella del 26 ottobre 2013 al Sapore di mare (150 euro) alla quale avrebbero dovuto partecipare rappresentanti della Comunità di Sant'Egidio che però ai giornali dicono di non saperne nulla. Il M5S invoca un’indagine anche sulla trasferta americana per la quale non è stata fornita ancora la documentazione. Non basta: l’avvocato del M5S, Paolo Morricone, presto tornerà in Procura a integrare l’esposto. Ogni giorno spuntano nuove cene sospette. Oltre ai Tre Galli di Torino c’è da aggiungere la Taverna degli amici, a Roma, il 27 luglio 2013, un mese dopo l’elezione. Per giustificare la spesa di 120 euro Marino dichiara “sotto la propria responsabilità che detto pagamento è relativo a una cena offerta per motivi istituzionali a un rappresentante del Who”, cioè l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Però il ristoratore ‘Maurizio’ avrebbe detto al Corriere che in realtà avrebbe bevuto un Jermann Vintage Tunina da 55 euro con la moglie. Altro che Who.


Quando c’è a tavola la pregiata cantina Jermann Marino perde i freni inibitori: il 10 agosto 2014 al Sapore di Mare ha innaffiato una cena a base di pesce per tre persone con una bottiglia di Capo Martino da 80 euro. Il 16 novembre raddoppia pagando 160 euro due bottiglie di Capo Martino. Il primo novembre del 2014 ordina un Were dreams e il 14 dicembre torna al Vintage Tunina brindando ai miliardi di debito di Roma Capitale con una bottiglia da 80 euro che accompagna 10 spaghetti all’aragosta. Una somma che, per giunta per un vino bianco, è un’enormità. C’è poi una stranezza: Marino il 25 febbraio 2015 cena all’Archimede Sant’Eustachio con quattro persone e paga alle 23 e 42 con la carta del comune ben 304 euro. Sostiene di ospitare “operatori del settore turistico”. E sia. Però non basta. Un minuto dopo striscia ancora la carta per altri 141 euro per altri tre pasti. Per ottenere il rimborso di questa seconda ricevuta sostiene si tratti di “una cena del 11 settembre 2014 offerta per motivi istituzionali a due esperti di bandi e finanziamenti europei”. Marino dichiara che alla cena avrebbe spedito all’ultimo momento l’assessora Alessandra Cattoi perché lui era impegnato. Dall’entourage del sindaco spiegano che probabilmente il conto era rimasto aperto per sette mesi.
La Procura di Roma ha aperto un fascicolo per ora senza ipotesi di reato e contro ignoti. La prima mossa è l’acquisizione del regolamento comunale che disciplina l’uso della carta del sindaco. Poi bisognerà ascoltare i ristoratori che smentiscono le note spese e solo alla fine il sostituto procuratore Roberto Felici dovrebbe sentire la versione di Marino. Intanto il sindaco con un gesto a sorpresa ha annunciato che pagherà di tasca sua tutte le spese sostenute con la carta. “In questi due anni – fa sapere Marino – ho speso con la carta meno di 20 mila euro per rappresentanza e nell’interesse della città. È di questo che mi si accusa? Bene, ho deciso di regalarli tutti di tasca mia a Roma e di non avere più una carta di credito del Comune a mio nome”. Alessandro Di Battista, nella conferenza stampa del M5S non si accontenta: “È una questione morale. Marino si deve dimettere”.

giovedì 24 settembre 2015

Le spese del sindaco L’organismo di revisione dei conti del Comune chiede i documenti alla Ragioneria del Campidoglio

Cene, aerei e caffè Ignazio giramondo e il “suo” bancomat


Lui, strano ma vero, è in volo per gli Stati Uniti. È rimasto agli uffici del Campidoglio il compito di rispondere ai chiarimenti sollevati dal Movimento Cinque Stelle. La risposta, per la verità, è piuttosto netta: fare le pulci alle spese di rappresentanza del sindaco giramondo, annunciano, sarà un buco nell’acqua. Tutto è documentato, dicono dallo staff del sindaco, tutto è già pubblico sul sito di Roma Capitale, i Cinque Stelle che hanno richiesto l’accesso agli atti saranno accontentati e l’istruttoria avviata dall’Organismo di revisione economico finanziaria del Comune di Roma non è che un atto dovuto, normale conseguenza della richiesta di chiarimenti da parte di un gruppo consiliare.
EPPURE , passare una giornata da “bancomat” di Ignazio Marino è un viaggio, nel vero senso della parola. Perché è vero che le spese di rappresentanza annue del sindaco di Roma sono in linea con quelle delle altre grandi città e che a ogni uscita corrisponde una - più o meno discutibile - esigenza istituzionale. Ma è vero pure che non tutti i rimbalzi tra Philadelphia e Vienna, Londra e San Francisco finiscono chiari e tondi nei rendiconti pubblicati sul sito, specie in quelli relativi alle missioni. Per esempio, almeno stando a ll ’allegato 10 accessibile via web, della trasferta americana di settembre 2014 non c’è traccia. Non che fosse un viaggio di piacere: proprio come in questi giorni, Ignazio Marino era “vo - lato in California alla ricerca di mecenati e risorse per rifare il look ai monumenti della Capitale” (e pure per prendere esempi dalla città che ha raggiunto l’ambizioso traguardo dei “rifiuti zero”, beati loro). In quella trasferta, con la carta di credito che il Comune gli mette a disposizione per spese impreviste (che quindi non possono rispettare le lungaggini della burocrazia amministrativa) ha speso circa 700 euro in servizi di catering, altri 1.000 li ha dati a una società di eventi, altrettanti li ha spesi per noleggiare un auto alla Bay Area Limousine (ma, precisiamo, in catalogo ci sono pure berline e minivan). Aggiungi una cena e una notte al Four Season e altri 500 euro se ne sono andati. Tutto documentato, sia chiaro. Ma apparentemente fuori dal radar della trasparenza vantata dall’amministrazione capitolina. Nulla di illecito, lo ribadiamo, al netto delle valutazioni che farà l’organismo del Comune di Roma: semplicemente prendiamo atto che, al di là di quanto si possa conoscere agilmente con un clic, il portafogli del sindaco ha delle uscite meno facilmente intellegibili. Quando non è in giro per il mondo, il posto del cuore di Ignazio Marino è la terrazza di Palazzo Manfredi, favoloso albergo affacciato sul Colosseo. Il sindaco li porta tutti lì: medici trapiantologi, ambasciatori del Kuwait, magnati uzbeki. Obiettivo: convincerli che la Capitale d’Italia è il luogo giusto per fare investimenti. Per carità, la tecnica a volte funziona: Alisher Usmanov, alla fine ha staccato un assegno da 900 mila euro per restaurare una sala dei Musei capitolini e pure una fontana del Quirinale. Per ringraziarlo vuoi non invitare lui e altre 11 persone al Manfredi e spendere 3.540 euro? Sulla serie di cene romane, al momento, non risultano altrettanti successi: comunque al ristorante con vista Colosseo, Marino ci va una volta al mese e quando va male il conto è di 780 euro.
SE NON VENGONO a trovarlo, è lui che si muove. Il sindaco-ambasciatore, per dire, a giugno, appena rientrato dal “solito” viaggio a Philadelphia, si è messo su un aereo, direzione Londra per andare a incontrare l’amministratore delegato di Google Art. “L’idea è quella di arrivare a una digitalizzazione del patrimonio artistico non esposto dei musei comunali e conservato nei sotterranei”. Un drink da Imli street, a Soho, poi cena da 282 euro al tempio del giapponese, Matsuri. Al mattino, un caffè. Tre sterline e sessanta, striscia la carta.

mercoledì 23 settembre 2015

Il M5s vuole l’inchiesta sulle spese di Marino

Il sindaco di Roma con la carta di credito in un hotel ristorante di lusso al Colosseo


La richiesta, per il momento è una delle migliaia che si affollano negli uffici comunali della Capitale d’Italia: accesso agli atti, strumento base per avere notizie e chiarimenti sulla trasparenza della pubblica amministrazione. È solo che stavolta, a finire sotto la lente di ingrandimento, non è un cittadino qualunque. E nemmeno un amministratore qualunque. È il primo cittadino, Ignazio Marino. Su di lui pende la possibilità di una richiesta di istruttoria: il gruppo capitolino del Movimento Cinque Stelle è pronta a depositarla perché vuole sapere tutto delle spese che il sindaco di Roma ha sostenuto utilizzando i fondi del Campidoglio.
La notizia arriva proprio mentre il chirurgo, già provato dai complicati mesi successivi all’inchiesta su Mafia Capitale, è in partenza per Filadelfia, dove il primo cittadino di Roma incontrerà Papa Francesco. Una scelta, quella del sindaco, che ha attirato polemiche e ironie delle opposizioni: il chirurgo è da poco tornato dalle lunghe vacanze proprio negli Stati Uniti, mentre Roma rischiava il commissariamento. Per incontrare il Pontefice, sottolineano i maligni, gli sarebbe bastato attraversare il Tevere nella città che amministra, senza dover andare così lontano.
Il fatto, dicevamo, è che al ritorno a Roma il sindaco rischia di trovare una situazione ancora più pesante, l’ennesimo problema di una legislatura che è diventata peggio di una corsa a ostacoli. Quello che lo attende è una vera e propria radiografia del “suo” deposito in banca, una richiesta di verifica su tutte le movimentazioni che il primo cittadino ha effettuato sul conto corrente intestato al Comune. Quello su cui l’opposizione vuole vedere chiaro è l’uso delle risorse che il sindaco ha a disposizione per lo svolgimento del suo incarico. Il primo cittadino, infatti, ha accesso diretto ad una serie di fondi, di cui può usufruire per tutte quelle spese che non vengono coperte dalla macchina amministrativa. Da una banale cena di lavoro alla necessità di pagare uno spostamento imprevisto, da un taxi fino a un aereo da prendere al volo. Tutto quello che, in sostanza, non si è potuto preventivare sfogliando l’agenda del primo cittadino e che, soprattutto, il cerimoniale del Campidoglio non ha avuto modo di mettere in conto.

In particolare, per fare fronte ad incombenze dell’ultimo minuto, il sindaco ha nel portafogli una carta di credito direttamente collegata alla tesoreria del Campidoglio, seppur con un plafond stabilito. Marino, così come i suoi predecessori, ne ha diretto utilizzo, sia in Italia che all’estero. Nulla di illecito, sia chiaro. Spetta però al sindaco farne buon uso. È proprio su questo che i Cinque Stelle vogliono vedere chiaro, allarmati da indiscrezioni. Una, soprattutto, farebbe riferimento a una lussuosa location nel centro di Roma, un hotel con annesso ristorante con vista Colosseo che tornerebbe di frequente nelle uscite del primo cittadino. E in quell’albergo, sarebbero stati spesi sino a 1500 euro al mese.