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DI BATTISTA - 11.05.2016 OTTOEMEZZO

11.05.2016 - ALFONSO BONAFEDE (M5S) Unioni civili: tutta la verità in faccia al governo

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mercoledì 27 gennaio 2016

Falso in atto pubblico: nuova indagine su De Luca

C’è un grosso pezzo del ‘sistema De Luca’, compreso il Governatore Pd della Campania, sotto inchiesta per il progetto e le varianti di piazza della Libertà, a Salerno. Lui, il capo della segreteria tecnica in Regione Alfonso Buonaiuto, l’ingegnere Domenico Barletta e il dirigente comunale Alberto Di Lorenzo (condannati insieme a De Luca per il termovalorizzatore di Salerno), quattro consiglieri regionali della maggioranza – Ermanno Guerra, Vincenzo Maraio, Francesco Picarone, Aniello Fiore - che venerdì dovrà proteggerlo dalla mozione di sfiducia presentata da Forza Italia, e che all’epoca lo assecondavano in giunta comunale. Piazza della Libertà è il luogo dove dovrebbe sorgere il mastodontico Crescent. La “piazza di mare più grande d’Europa”, perché qui le cose si fanno sempre in grande. Compresi i costi, gonfiati di 8 milioni di euro per una variante che definì “sorpresa geologica” la prevedibilissima presenza di problemi dovuti al torrente Fusandola e alla necessità di deviarlo per mettere in sicurezza le fondamenta dalle infiltrazioni delle falde acquifere. Ieri la Finanza ha notificato 26 avvisi di conclusa indagine firmati dai pm Antonio Cantarella e Guglielmo Valente. De Luca è indagato insieme alla sua vecchia giunta salernitana per falso in atto pubblico: da sindaco nel 2010 e 2011 approvò un paio di delibere che davano per buone le relazioni di ingegneri e tecnici sulla necessità di gonfiare i costi rispetto al progetto originario e al relativo appalto aggiudicato da Esa Costruzioni. Altri indagati rispondono di peculato, frode nelle pubbliche forniture, falso, turbativa d’asta, reati tributari. Lui si dice tranquillo: “Non ci lasciamo distrarre: seguiamo la linea Sarri”. Proprio ieri il suo avvocato ne ha chiesto l’assoluzione al processo d’appello per il project manager del termovalorizzatore. Condanna che è la causa di sospensione per la Legge Severino.

mercoledì 20 gennaio 2016

PER IL CASO IMPRESENTABILI De Luca contro Bindi, Gip archivia la querela del governatore

De Luca contro Bindi, il giudice archivia tutto.
Su richiesta del p, il gip del Tribunale di Roma Giovanni Giorgianni ha archiviato la denuncia-querela presentata dal presidente della Campania Vincenzo De Luca nei confronti della presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi, in relazione alla verifica delle liste elettorali effettuata a maggio dalla commissione, che aveva incluso tra gli “impresentabili” l’attuale governatore della Campania . Nel testo del provvedimento di archiviazione, il giudice scrive: “È evidente come le decisioni furono avallate e largamente condivise dai rappresentanti dei gruppi parlamentari presenti in seno alla Commissione e come, in ogni caso, alla Commissione plenaria fu sottoposto l’esito dei lavori, immediatamente prima della conferenza stampa”. Il gip continua: “Come correttamente rilevato dal Pm non esistevano norme che vietassero l’avvio dell’istruttoria, mentre ne esisteva una, recepita dai due rami del Parlamento, che ciò consentiva, e sulle cui basi interpretative ha deliberato e operato l’Ufficio di Presidenza, sottoponendo poi le risultanze alla Commissione plenaria”.
Il Fatto Quotidiano

venerdì 13 novembre 2015

I 5 Stelle ''cacano 'o cazz'': #CampaniaAlVoto

"A combattere l'arroganza del Pd e di De Luca abbiamo i nostri sette consiglieri regionali campani che per la prima volta in quella Regione stanno facendo OPPOSIZIONE.
Valeria Ciarambino e gli altri 6 eletti del MoVimento Cinque Stelle Campania stanno mettendo in seria difficoltà la Giunta De Luca. In una telefonata i cui contenuti son stati diffusi ieri ascoltiamo il Vice Presidente della Regione che sgrida il suo capogruppo, colpevole di aver assecondato la nostra richiesta di chiarimenti sulle vicende giudiziarie che stanno coinvolgendo il governatore: "Ne Mario - ha detto al presidente dei consiglieri regionali dem - tu nun puo' ffa' na cosa e chesta a Enzo De Luca. Tu si' o capogruppo, ne' Mario...", ha urlato il vice di De Luca al presidente del gruppo regionale Pd, che sembrava incline a una discussione, come chiede la minoranza dem e l'opposizione "Nun ppo ffa' chest, co' e' Cing stelle ca cacano o cazz!"
Traduzione dal dialetto salernitano ad italiano: "Mario, non puoi fare una cosa del genere a Vincenzo De Luca. Tu sei il capogruppo, non puoi fare questo, con il Movimento 5 Stelle che ci sta rompendo le scatole!".

È fantastico: noi ne usciamo sempre alla grande. Sono veramente orgoglioso di appartenere a questa comunità di persone perbene.
La loro arroganza gli sarà letale. La Campania torni subito al voto!"
Luigi Di Maio

giovedì 12 novembre 2015

#De Luca, #Fico (M5S): “Chiederemo la sfiducia del governatore”

Il parlamentare Roberto Fico (M5S) commenta a ‘Omnibus‘ (La7) le dichiarazioni del Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca (Pd), a seguito dell’iscrizione nel registro degli indagati per corruzione e afferma che il Movimento 5 stelle ha intenzione di chiedere la sfiducia del Governatore non solo per quest’ultima vicenda. Afferma che il Pd è “il vero responsabile del caos Campania in quanto non avrebbe dovuto candidare l’ex sindaco di Salerno”

IL PERSONAGGETTO

Prima di domandarsi perché Vincenzo De Luca non si è ancora dimesso da governatore della Campania, bisognerebbe chiedersi come ha potuto diventarlo. Perché le risposte alle due domande sono strettamente collegate: De Luca non può fare il presidente della Regione, ma nemmeno il bidello in una scuola, perché la sua condanna in primo grado per abuso d’ufficio lo rende incompatibile con qualsiasi incarico pubblico. Ciononostante il Pd gli permise di candidarsi alle primarie per correre a una carica che non avrebbe potuto ricoprire, lanciando il devastante messaggio che le leggi non contano e tutto si aggiusta. Sarebbe bastato fermarlo subito, e l’ennesimo scandalo che terremota la politica campana e nazionale non esisterebbe.
Invece, quando De Luca vinse le primarie, Renzi gli permise di rappresentare il partito del governo alle elezioni regionali. De Luca imbarcò di tutto nelle liste fiancheggiatrici, anche gli amici di Cosentino e del clan dei Casalesi, e il Pd zitto.
Quando il Fatto e Roberto Saviano denunciarono in beata solitudine le sue liste alla Gomorra, De Luca insultò il Fatto e Saviano, e il Pd zitto.
E quando Rosy Bindi, com’era suo dovere di presidente della commissione Antimafia, pubblicò l’elenco dei condannati in primo grado o in via definitiva nelle liste del centrodestra e del Pd, Renzi in persona l’attaccò per aver inserito anche De Luca (che ci stava a pieno titolo, essendo stato condannato in primo grado per abuso d’ufficio, oltreché salvato dalla prescrizione da una condanna per smaltimento abusivo di rifiuti e imputato in altri tre processi per gravi reati) e sciolse i suoi dobermann ad azzannarla.
E quando De Luca vinse anche le Regionali, il Pd gli permise di insediarsi su una poltrona dove non avrebbe potuto sedere, perché – disse autorevolmente Renzi, nelle sue vesti di segretario del Pd – si sarebbe trovata “una soluzione”. Infatti, nelle sue vesti di premier, tentò di varare un decreto “interpretativo” per cambiare verso alla legge Severino di per sé chiarissima e non interpretabile. Poi gli spiegarono che avrebbe commesso un abuso d’ufficio e allora, obtorto collo, il 27 giugno firmò il decreto che sospendeva De Luca da governatore per 18 mesi, ma subito avvertì che era possibile un ricorso per sospendere la sospensione da lui stesso decretata. Traduzione: le leggi per i nemici si applicano e per gli amici si interpretano.
Il 22 luglio fu il Tribunale civile di Napoli a trovare “una soluzione”: una sentenza à la carte che prendeva sul serio il ridicolo ricorso del personaggetto, lo lasciava al suo posto e rinviava alla Consulta una legge chiarissima e legittimissima come la Severino (l’ha confermato la stessa Consulta il 21 ottobre, respingendo il ricorso del sindaco di Napoli Luigi De Magistris), peraltro in vigore per gli amministratori locali arrestati o condannati fin dal lontano 1990. Ora si scopre che la “soluzione” l’aveva agevolata De Luca, o chi per lui. Alla maniera classica: promettere o fare favori a Guglielmo Manna, marito della giudice relatrice Anna Scognamiglio, tramite il capo-segreteria del governatore Nello Mastursi, perché la sentenza non fosse secondo giustizia, ma secondo De Luca. Il governatore si difende scajolianamente con l’“a mia insaputa”: se la giudice ha minacciato una sentenza negativa e il suo segretario ha promesso qualcosa al di lei marito, lui non ne sapeva nulla. Se anche le cose stessero così, De Luca se ne dovrebbe andare di corsa, perché il segretario se l’è scelto lui, e se l’è tenuto anche dopo che prese a calci un giornalista molesto in campagna elettorale, e soprattutto Mastursi ha agito nel suo interesse. Si chiama “culpa in eligendo”, e anche “in vigilando”.
Ma c’è di più: lo scandalo che l’ha portato – per l’ennesima volta – sul registro degli indagati per concussione è noto a De Luca dal 29 ottobre, quando il suo braccio destro Mastursi ha subìto una perquisizione della Squadra Mobile per ordine della Procura di Roma e ha ricevuto il relativo decreto in cui c’è scritto che, insieme con lui, sono indagati il governatore, la giudice, il di lei marito e alcuni intermediari. Mastursi lunedì si è dimesso, sostenendo di essere un po’ stanchino. De Luca, dopo aver taciuto l’indagine a proprio carico per dieci giorni, ha coperto per due la maxi-balla del segretario e l’ha rilanciata, spiegando che il suo fedelissimo neoindagato e perquisito se n’era andato “per ragioni personali” e ringraziandolo molto a nome della Regione “per la collaborazione e il lavoro intensissimo di questi mesi”. Nemmeno una parola sull’indagine a carico di Mastursi e di se stesso fino all’altro ieri sera, quando i giornalisti hanno scoperto la notizia, ormai pubblica come il decreto di perquisizione.
Quindi De Luca, nella migliore delle ipotesi, ha mentito agli italiani, e su una questione un po’ più seria degli scontrini dei pranzi, delle cene e dei vini di Ignazio Marino. Eppure il premier e il Pd, così fulminei nel pretendere la testa del presunto bugiardo Marino (non ancora indagato) e le dimissioni davanti al notaio di tutti i suoi consiglieri comunali, sul sicuro bugiardo De Luca (indagato, e per corruzione di un giudice) non dicono e non fanno nulla. Cioè lo lasciano su una poltrona che per legge non potrebbe occupare e che, per giunta, la pur prudentissima Procura di Roma sospetta essere stata comprata con tangenti giudiziarie. Chissà che altro deve succedere perché De Luca se ne vada a casa: forse Renzi aspetta che il personaggetto scivoli sullo scontrino di una sfogliatella o di un babà. Quello sì sarebbe uno scandalo.
di Marco Travaglio