“La stampa non potrà scegliere le notizie di interesse pubblico”
La delega in bianco che la Camera dà al governo in materia
di intercettazioni sembra voler incidere non solo sul diritto all’informazione,
ma anche sulle modalità di utilizzo per le indagini dei pm.
Avvocato Caterina Malavenda, come penalista ed esperta di
diritto dell’informazione, che scenario ipotizza per i magistrati?
Prima mi piacerebbe conoscere chi ha materialmente scritto
la delega, che si avvita in subordinate di scarsa comprensibilità, rendendo
difficile interpretare la reale volontà del legislatore, cioè la cornice entro
cui deve stare il governo. Ciò che dico, pertanto, deve essere preso con
beneficio di inventario, perché potrei aver capito male.
Infatti il governo - si legge - dovrà individuare i criteri
per intervenire sulle modalità di utilizzazione “cautelare” dei risultati delle
intercettazioni. Quindi pare di capire che, nella fase che precede l’emissione
e l’esecuzione di misure cautelari, pm e gip dovranno selezionare quelle da
utilizzare, come già fanno; ma, per garantire la privacy degli intercettati,
dovranno farlo secondo i criteri dettati dal governo, nella legge delegata,
dovendo giustificare, immagino, eventuali scostamenti. Nella delega c’è scritto
che dovrà esserci “una scansione procedimentale per la selezione di materiale
intercettativo nel rispetto del contraddittorio delle parti, e fatte salve le
esigenze di indagine”.
Se, come è ovvio, non si possono avvertire i difensori prima
di un provvedimento restrittivo, che ne sarà delle intercettazioni?
Par di capire che il governo debba riscrivere le modalità di
accesso delle parti alle intercettazioni, disciplinato attualmente dal codice
in modo lineare, nel rispetto del diritto di difesa. Oggi, quando viene emesso
un provvedimento cautelare, il destinatario ha il diritto di accedere a tutto
il “materiale intercettativo”, un’espressione , a mia memoria, ignota ai
manuali di diritto. Potrebbe voler dire che ci sarà una fase, che precede il
contraddittorio, a misura già emessa, in cui neppure gli avvocati potranno
ascoltare le conversazioni o averne copia. Dopo la selezione, in ogni caso,
quale che sia la sede e la forma in cui verrà fatta, il materiale residuo sarà
sottratto alla disponibilità di chiunque, stando all’ultima parte della delega.
Ma così non viene compresso, magari del tutto, il diritto di
cronaca?
Se lo scopo della delega è tutelare meglio la riservatezza
delle persone “occasionalmente coinvolte nel procedimento” - altra espressione
infelice, che sembra far riferimento agli intercettati non indagati - e quella
degli indagati - avuto riguardo anche alle loro conversazioni, se penalmente
irrilevanti - lo spazio per l’informazione risulta notevolmente ridotto. Ciò
anche nel caso in cui si tratti di colloqui di obiettivo interesse pubblico,
fra terzi o anche dell’indagato, se privi di rilievo penale.
Secondo lei non dovrebbero essere i giornalisti a stabilire
quali intercettazioni, fra quelle depositate, possano essere pubblicate?
Ora lo possono fare, grazie alla legge sulla privacy, che
lascia al giornalista la facoltà di decidere, sulla base di un codice
deontologico, quali dati e quindi quali conversazioni intercettate possano
essere diffuse. La legge infatti non punisce chi divulga - senza consenso degli
interessati - quelle essenziali per l’informazione, ma sanziona penalmente ogni
colpevole errore di valutazione. Un chiaro indizio dell’inutilità della nuova
legge.
Per le registrazioni “fai da te” e di nascosto, si prevedono
fino a 4 anni di carcere se vengono usate per danneggiare la reputazione di
qualcuno; ma nessuna condanna “quando sono utilizzate nell’ambito di un
procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di
difesa o del diritto di cronaca”. Che ne pensa?
Mi
sembra che la norma non modifichi l’esistente, se non per l’inasprimento della
pena; e risulti, perciò, sostanzialmente inutile. È già sanzionata, infatti, ma
con pena più bassa, come trattamento illecito di dati personali, la diffusione
di conversazioni fra presenti, effettuata per lucro o per arrecare un danno. Ed
è la Costituzione a tutelare il diritto di cronaca e quello di difesa: sicché i
reati commessi esercitando tali diritti non sono punibili, anche senza che ce
lo dica il governo.
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